Energia
Nucleare: dietro le belle parole, un declino annunciato? I governi non mettono soldi
Nucleare, la festa sta per finire? Dopo un anno record, gli esperti avvertono: senza nuovi fondi e con centrali vecchie, il futuro è un lento declino. Le promesse dei governi non bastano a fermare la concorrenza delle rinnovabili.

Il 2024 si avvia a chiudere come un anno da record per la generazione di energia nucleare a livello globale. Un trionfo, si potrebbe pensare. Eppure, proprio mentre i calici si alzano, un nuovo e autorevole rapporto getta un’ombra lunga sul futuro dell’atomo: dopo questo picco, la strada sembra essere in discesa.
Il cuore della notizia, proveniente dal World Nuclear Industry Status Report (WNISR), è tanto semplice quanto brutale: la produzione globale di energia nucleare è destinata a diminuire. La causa non è un’improvvisa avversione ideologica, ma una banale, e per questo ancor più severa, realtà economica.
La Fredda Lingua dei Numeri
Secondo il rapporto, ripreso da Reuters, per mantenere lo slancio del 2024 nei prossimi cinque anni, sarebbe necessario costruire ben 44 nuove centrali nucleari. Un’impresa che, allo stato attuale, appare più un auspicio che un piano realistico. I motivi di questo pessimismo sono concreti e misurabili:
- Investimenti Insufficienti: Semplicemente, non vengono stanziati abbastanza capitali né per la manutenzione e l’ammodernamento degli impianti esistenti (molti dei quali stanno invecchiando) né per la costruzione di nuovi reattori.
- Costi Fuori Controllo: I progetti nucleari sono notoriamente soggetti a sforamenti dei costi e a tempi di realizzazione biblici, un fattore che scoraggia gli investitori privati in cerca di ritorni più rapidi e certi. I progetti nucleari nel Regno Unito e in Francia, ad esempio, sono noti per essere andati totalmente fuori controllo.
- Concorrenza Agguerrita: Le tecnologie rinnovabili come eolico, solare e i sistemi di accumulo a batteria stanno diventando sempre più competitive. Il WNISR è esplicito: “queste nuove tecnologie stanno surclassando i tradizionali sistemi centralizzati fossili e nucleari”, anche se allo stato attuale sono ancora fortemente sovvenzionati e altamente instabili.
Per dare un’idea della sproporzione, nel 2024 gli investimenti in eolico, solare e batterie sono stati 21 volte superiori a quelli destinati al nuovo nucleare. In termini di capacità installata, il divario è ancora più schiacciante: le nuove aggiunte rinnovabili sono state 100 volte superiori alle aggiunte nette del nucleare. A parole si punta anche sulla rinascita del nucleare, poi son solo parole, perché i soldi pubblici vanno altrove.
Il grande paradosso: la politica annuncia, il mercato ignora
E qui emerge la nota ironica, quasi farsesca, della situazione attuale. Non passa giorno senza che un governo occidentale, dall’Europa agli Stati Uniti, annunci con toni entusiastici un “rinascimento nucleare”. Si parla di indipendenza energetica, di decarbonizzazione, di tecnologia strategica. Bellissime parole, che però si scontrano con la cruda realtà dei flussi di capitale.
Mentre la politica tesse le lodi dell’atomo, gli investitori, che con i loro soldi ci devono campare, guardano altrove. Certo, si può obiettare che il nucleare offre un vantaggio non da poco: è un’energia dispacciabile, capace di produrre elettricità 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a differenza delle fonti rinnovabili intermittenti. Tuttavia, il rapporto sottolinea come anche i costi del nucleare stesso stiano diventando sempre più onerosi, rendendo la sua affidabilità un lusso sempre più caro.
L’unica vera eccezione a questo quadro è la Cina, che continua a investire e a costruire a un ritmo sostenuto. Ma per il resto del mondo, il rischio è che la quota di energia nucleare sul mix energetico globale, oggi al 9%, continui a erodersi.
Il “rinascimento” nucleare, tanto sbandierato, rischia di rimanere un annuncio sulla carta, una dichiarazione d’intenti superata dalla pragmatica realtà dei flussi di investimento.
Domande e Risposte per i Lettori
1) Se il nucleare è così importante per la decarbonizzazione, perché gli investimenti sono così bassi?
La ragione principale è economica e temporale. La costruzione di una centrale nucleare è un’impresa estremamente costosa, con costi iniziali altissimi e tempi di realizzazione che possono superare il decennio. Questo espone gli investitori a rischi finanziari e normativi enormi. Al contrario, un impianto solare o eolico può essere costruito in molto meno tempo e con un investimento iniziale inferiore, garantendo un ritorno economico più rapido. Sebbene il nucleare sia fondamentale per una base energetica stabile e a zero emissioni, la sua scarsa competitività economica attuale scoraggia i capitali privati, che preferiscono opzioni più agili e redditizie nel breve-medio termine.
2) Le energie rinnovabili possono davvero sostituire il nucleare, data la loro intermittenza?
Sostituire completamente il nucleare (e le fonti fossili) con le sole rinnovabili intermittenti è una sfida tecnologica enorme. Il problema non è la quantità di energia prodotta, ma la sua costanza. La soluzione sta nell’integrazione di tre elementi: una massiccia installazione di impianti eolici e solari, lo sviluppo su larga scala di sistemi di accumulo (come le batterie) per immagazzinare l’energia quando c’è il sole o il vento e rilasciarla quando non ci sono, e la creazione di reti elettriche intelligenti (smart grid) per gestire i flussi in modo flessibile. Sebbene la tecnologia stia avanzando, siamo ancora lontani da un sistema maturo e pienamente affidabile.
3) Qual è il ruolo della Cina in questo scenario globale?
La Cina rappresenta l’eccezione che conferma la regola. Mentre in Occidente si discute e si investe col contagocce, Pechino sta portando avanti il più grande programma di costruzione di centrali nucleari al mondo. Questo è possibile grazie a una pianificazione statale centralizzata, a un forte sostegno finanziario pubblico e a una filiera industriale nazionale in grado di costruire reattori in tempi e costi più contenuti rispetto all’Occidente. La Cina vede nel nucleare uno strumento strategico per garantire la propria sicurezza energetica, ridurre l’inquinamento da carbone e affermare la propria leadership tecnologica globale nel settore.

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