Euro crisis
NOKIALAND: l’attivista M5S e gli approfondimenti sulla legge di Okun
“Non mi permetto, di entrare nel discorso politico, se ne potrebbero dire tante,e il loro contrario,senza sbagliare. Voglio che la gente s’informi, e sappia che c’è una legge empirica, chiamata “legge di Okun” che stabilisce che circa il 2,25% di pil, garantisce la stabilità degli occupati,sopra gli occupati crescono, sotto, calano. E noi siamo a -2,4, direi un’ecatombe, non credete ai bei discorsi, solo i numeri non sparano cazzate, non sono politici.”
(Carlo Iotti – dal Blog di Beppe Grillo)
Con questo pezzo odierno, ci prepariamo ad un futuro articolo in cui tratteremo la disumanità delle politiche disinflazionistiche in atto da molto tempo in tutta europa. Un documento ufficiale di Bankitalia cita accordi relativi al 1986 per l’avvio di tali politiche in Italia per mezzo di distruzione di base monetaria (e conseguente rivalutazione della moneta). Per arrivare a tale pezzo è necessario oggi introdurre dei concetti:
– legge di Okun (la curva di Phillips è oramai nota anche alle mattonelle del bagno di casa mia);
– sacrifice ratio (una scopertella che sono sicuro vi piacerà).
In economia, la Legge di Okun (da Arthur Melvin Okun) è una legge empirica che associa ad ogni punto aggiuntivo di disoccupazione effettiva (rispetto alla disoccupazione naturale), alcuni punti percentuali di output gap (o viceversa dato che parliamo in termini matematici).
L’output gap, differenza tra il Pil Effettivo e il Pil Potenziale della nazione, può assumere una duplice natura, inflationary gap, la crescita della domanda aggregata supera la crescita dell’offerta aggregata portando a’inflazione; recessionary gap se la capacità produttiva supera la domanda aggregata e sopraggiunge la deflazione
Esso si calcola così: (Y – Y*) / Y*
In cui:
Y = Pil effettivo;
Y* = Pil Potenziale.
Il grafico per la Finlandia, solo per vostra memoria, era il seguente:
La legge di Okun consente di valutare cosa accade al tasso di disoccupazione in funzione degli scostamenti del PIL effettivo dal suo Pil potenziale:
u-u* = α ( Y – Y*)/Y*
La miglior definizione che ho trovato è la seguente:
“Relazione tra la variazione della disoccupazione e la deviazione del tasso di crescita della produzione dal suo tasso naturale”
Diverse analisi hanno cercato di testare la rilevanza empirica della relazione, inizialmente previsto da Okun, per i diversi paesi e periodi storici. Noi, la settimana scorsa, abbiamo avuto la fortuna di vedere l’analisi (primordiale e alquanto rozza) fatta dagli economisti dell’International Monetary Fund per la Finlandia:
y = -0,3139 x – 0,4433
R2 = 0,394
E avete anche avuto modo di vedere che avevo pesantemente contestato questa equazione in quanto il livello di correlazione era troppo basso.
Ora, dopo numerosi esperimenti, ho avuto modo di vedere che la miglior correlazione possibile con una polinomiale era la seguente (asse x = output gap; asse y = disoccupazione):
Un’equazione di quinto grado! E ancora siamo ben lontani dal risultato ottimale (90%)!
Una cosa interessante che possiamo notare è che per un output gap (inflationary gap) oltre il 3% il valore della disoccupazione anziché ridursi sale!
anno o.g. disoccu. inflazione
2006 1,24 7,717 1,57
2007 3,88 6,867 2,51
2008 1,79 6,367 4,07
L’unica spiegazione che mi sono dato è che le pressioni inflazionistiche abbiano spinto le aziende ad effettuare cospicui investimenti fissi lordi per adeguare gli impianti alla nuova esigenza del mercato e stabilizzare l’occupazione. Ed infatti:
Normalmente Le imprese aggiustano l’occupazione in misura meno che proporzionale in seguito a variazioni nel livello di produzione, in quell’anno, incrementarono gli investimenti fissi lordi e anche l’occupazione.
Ma torniamo al nostro attivista 5 stelle, Carlo Iotti, cosa scrive questi sul sito di Beppe Grillo?
“noi siamo a -2,4, direi un’ecatombe, non credete ai bei discorsi, solo i numeri, non sparano cazzate, non sono politici”
In pratica, dice, il tasso di crescita del PIL è negativo, un’ecatombe, meno 2.4%, e dato che la stabilità dell’occupazione si ha con la crescita del Pil al 2.5%, siamo evidentemente in una situazione in cui si crea disoccupazione.
Perché si accetta la disoccupazione? Perché si ricerca la disinflazione!
La disinflazione può essere ottenuta solo al costo di una disoccupazione più elevata.
π2014 < π2013 se e solo se u2014 > u2013
da qui nasce il concetto di:
punti annuali di eccesso di disoccupazione (volutamente ricercati)
sacrifice ratio = ——————————————————————————————————–
punti di riduzione dell’inflazione ricercata
è dato dal numero di punti annuali di eccesso di disoccupazione che decido volutamente di sopportare in quanto necessari a ottenere una riduzione dell’1% dell’inflazione:
– Per ridurre dell’1% il tasso di inflazione, l’eccesso di disoccupazione accettata sarà x%
Se invece incrociassimo disoccupazione (asse x) e inflazione (asse y) allora avremmo la Curva di Phillips (CP).
Qui vi propongo le due versioni, lineare (accademica per dare un’immediata idea visiva) e polinomiale (più accurata):
Come si nota, Rquadro ha due valori assolutamente incomparabili!
Ed ora, per vostra conoscenza, grazie al Prof. E. Saltari della Sapienza di Roma eccovi i grafici di Italia e Usa calcolati con data fino al 2007:
Fonte: E.Saltari (La Sapienza)
Fonte: E.Saltari (La Sapienza)
Fonte: E.Saltari (La Sapienza)
Fonte: E.Saltari (La Sapienza)
Ora, introdotti i concetti di cui sopra, siamo pronti per un articolo sulla disumanità (per dirla con le parole che userebbe il Santo Padre ) delle politiche di rientro dall’inflazione.
Per oggi lasciamoci con questa frase simbolica.
“solo i numeri non sparano cazzate, non sono politici”.
(Carlo Iotti, mitico e infaticabile attivista M5S)
Maurizio Gustinicchi
Economia 5 Stelle
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