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No alla norma “Grande Fratello”: il Garante stoppa il Governo sui controlli a distanza del lavoratore

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GrandeFratello

Era stato chiamato in causa dai sindacati ed il Garante della Privacy ha risposto con un secco altolà.

Mentre si attende ancora la pubblicazione degli ultimi decreti attuativi del Jobs Act, il Presidente dell’autorità Garante della protezione dei dati personali, Antonello Soro, ha ammonito il governo a non oltrepassare la linea che difende la privacy del lavoratore. e lo ha invitato a “ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea”.

La norma è quella già trattata in un mio precedente articolo qui su Scenari che permetterebbe al datore di lavoro, senza accordi sindacali in tal senso, ma a semplice comunicazione al dipendente, di utilizzare gli strumenti informatici dati in dotazione per svolgere l’attività lavorativa, anche per monitorare l’attività stessa “esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale” come recita il primo comma della norma. In definitiva il decreto apporterebbe una modifica all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori il quale così recita:

E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.”.

Il decreto attuativo consentirebbe invece l’uso degli strumenti informatici in dotazione al lavoratore senza previo accordo.

Il rischio, secondo il Garante, è che con tali mezzi, anche senza che venga effettuato un controllo a distanza dell’esatto adempimento dell’attività lavorativa, sempre vietato, il datore di lavoro possa però creare un “profilo” del dipendente, con tutte le sue abitudini, movimenti, interessi e gusti, ed in questo modo uno “schedario” dei propri collaboratori, invadendo la loro sfera privata, una specie di “effetto Facebook”, come lo ha definito l’Autorità, del tutto inammissibile considerando già il fatto che “nei rapporti di lavoro il crescente ricorso alle tecnologie nell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa”.

Vedremo adesso se di questo monito del Garante ne terranno conto le Commissioni parlamentari che lo stanno esaminando. Certo è che con il Jobs Act è in atto una fortissima spinta a comprimere quei diritti del lavoratore, che sono diretta espressione della tutela costituzionale, per i quali negli anni ’60 si sono effettuate anche dure lotte sindacali e che sono alla base dello Statuto dei Lavoratori. Uno Statuto che il Governo ha detto di voler “aggiornare” per renderlo più al passo con i tempi e con le nuove tecnologie di lavoro, come si vuole “modernizzare” la stessa Costituzione, per adeguarla alla nuova realtà economica.

Peccato che ciò quasi sempre significhi togliere protezione ai cittadini e porre i conti pubblici sopra ogni diritto sociale: benvenuti nel futuro…


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