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Nigeria: rubati 3,5 miliardi in petrolio solo nel 2021. Gli investitori scappano

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Il 2021 si è concluso con un dato allarmante per la Nigeria: nei primi 11 mesi dell’anno sarebbero spariti 200 milioni di barili di petrolio, principalmente a causa di furti. Una cifra eccezionale, ma che non è una novità per il Paese dell’Africa Occidentale.

Il furto di petrolio in Nigeria è facilitato da diversi fattori: le infrastrutture sono obsolete, soprattutto gli oleodotti, rendondo più facile per i ladri accedere al greggio. Inoltre, il generale sottoinvestimento in tutto il settore e la scarsa sicurezza dei corsi d’acqua del paese significano che si sta facendo poco per contrastare la criminalità. Alcune agenzie di sicurezza sono persino complici della malavita e la corruzione è dilagante.

Mentre la Nigeria spera di raggiungere la sua quota OPEC di 1,68 milioni di barili al giorno di greggio per gennaio 2022, questi tipi di crimini stanno rendendo le cose sempre più complicate. Negli ultimi mesi, la Nigeria ha prodotto circa 1,25 milioni di barili al giorno, una cifra molto lontana dagli obiettivi prefissati. Nel frattempo i furti stanno allontanando i grandi investitori internazionali. Le major petrolifere stanno portando i loro soldi su mercati più affidabili con migliori pratiche di monitoraggio e sorveglianza. Shell, ExxonMobil, Chevron e Total hanno già trasferito le loro attività in altre regioni, nonostante la Nigeria sia il principale produttore africano di oro nero.

Questi furti equivalgono a 3,5 miliardi di dollari di entrate perse nel solo 2021 o a circa il 10% delle riserve estere del paese. Si pensa che la Nigeria abbia perso 42,25 milioni di barili nel 2019 e 53,28 milioni di barili l’anno precedente, a causa del furto di petrolio. Quindi, sembra chiaro che la situazione stia peggiorando, forse in parte a causa delle difficoltà economiche affrontate durante la pandemia, nonché della facilità di accesso ai gasdotti obsoleti e della prevalenza della corruzione.

Nel settembre dello scorso anno, il governo nigeriano ha istituito un comitato per il recupero del petrolio greggio e dei prodotti petroliferi raffinati illegalmente. Il gruppo comprendeva il Dipartimento delle risorse petrolifere, la Nigeria National Petroleum Corporation, la National Oil Spill Detection and Response Agency, l’esercito e la marina nigeriani e il Corpo di sicurezza e protezione civile della Nigeria, tutto questo non ha fermato i furti.

I cartelli criminali nella regione del delta del Niger generalmente rubano il greggio mediante “hot tapping” – collegando un oleodotto secondario a una linea principale, o “cold tapping” – facendo esplodere un oleodotto e prelevando il petrolio. Quindi esportano illegalmente questo petrolio in paesi come il Ghana, il Camerun, la Costa d’Avorio e il Sud Africa. Alcuni raggiungono anche il mercato internazionale. La corruzione entra in gioco facilmente poiché le petroliere sono spesso troppo piene, con gli esportatori che corrompono i funzionari che controllano il trasporto del prodotto per chiudere un occhio.

La Nigeria non è l’unico paese ad affrontare il problema del furto di petrolio, con casi simili in  Ghana, Marocco, Uganda, Mozambico, Messico, Thailandia, Azerbaigian e Turchia, solo per citarne alcuni. Il problema è che lo stato dell’Africa occidentale non  investe in nessuna tecnologia che potenzialmente sarebbe in grado di fermare questo flagello. Scarsità di risorse e corruzione, collegate direttamente l’una con l’altra, rendono il problema apparentemente irrisolvibile, nonostante la Nigeria sia il paese africano con maggiori risorse petrolifere.

 

 

 


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