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Nano-OLED: la rivoluzione svizzera che rende i pixel invisibili e apre all’ottica del futuro

Ricercatori dell’ETH superano i limiti fisici attuali: schermi a 100.000 ppi, olografia e integrazione nei chip standard. Ecco perché è una rivoluzione industriale.

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Dimenticate la Legge di Moore applicata ai processori: la vera corsa alla miniaturizzazione si è spostata sulla luce.

Un gruppo di ricercatori dell’ETH di Zurigo ha appena riscritto le regole del gioco per quanto riguarda i diodi organici a emissione di luce, meglio noti come OLED. Non stiamo parlando di un semplice miglioramento incrementale per il prossimo smartphone di fascia alta, ma di un salto quantico nella fabbricazione: hanno creato nano-OLED organici 100 volte più piccoli di una cellula umana.

La tecnologia, guidata dal professor Chih-Jen Shih e dal suo team, promette non solo schermi dalla definizione “impossibile”, ma apre la strada a microscopi di nuova generazione e, soprattutto, all’ottica phased-array, quella tecnologia che permette di “guidare” la luce senza parti mobili. Il tutto con un processo produttivo che strizza l’occhio all’industria dei chip esistente. Il risultato di questa ricerca è stato pubblicato su Nature.

Il problema della “maschera” e la soluzione svizzera

Fino a ieri, produrre OLED microscopici era un incubo tecnico. La produzione standard richiede “maschere” metalliche per depositare le molecole organiche; queste maschere sono spesse e limitano la precisione. Risultato? Pixel grandi e limiti fisici invalicabili.

Il team svizzero ha aggirato l’ostacolo cambiando materiale. Invece del metallo, hanno utilizzato membrane in nitruro di silicio.

Ecco la differenza sostanziale:

  • Queste membrane sono 3.000 volte più sottili delle maschere tradizionali.

  • Permettono di creare template per pixel nell’ordine dei 100 nanometri.

  • Il processo è “resist-free” e si integra con la litografia standard usata per i chip dei computer.

Per i non addetti ai lavori: significa che questa tecnologia è scalabile. Non è solo un esperimento da laboratorio, ma qualcosa che può entrare nelle linee di produzione attuali perché può essere riprodotta in grande serie.

a, Schema trasversale di un nanostencil a stretto contatto con il substrato. La membrana SiNx indipendente è rivolta verso il substrato, separata da uno spazio d’aria di 0,5-1 µm. b, Illustrazione del processo di fabbricazione dei nano-OLED. Dopo aver rivestito con rotazione l’HIL e lo strato isolante, un nanostencil viene allineato e fissato al substrato, fungendo da maschera per l’incisione e l’evaporazione termica dei nanopixel organici, costituiti dall’HTL e dall’EML, con conseguente isolamento autoallineato dei pixel. Gli strati successivi, ETL e catodo, vengono depositati come film continui. c, Immagini SEM dei nanopixel in diverse fasi del processo di fabbricazione. Il nanostencil presenta una matrice quadrata di nanoaperture circolari con un diametro di 100 nm e una periodicità di 300 nm. d, Fotografia di un dispositivo nano-OLED funzionante a 5,0 V (a sinistra) e micrografia ottica (al centro) di una matrice di nanopixel che visualizza il logo “ETH Zürich” a 50.000 ppi. Ciascun logo è composto da circa 2.800 nanopixel e l’immagine SEM (a destra) mostra una parte della matrice di nanopixel. I pixel OLED nanodisc hanno un diametro di 200 nm e una periodicità di 500 nm. Da Nature

I numeri della rivoluzione

Per capire la portata dell’innovazione, mettiamo a confronto la tecnologia attuale con quanto ottenuto dall’ETH in questa tabella riassuntiva:

CaratteristicaTecnologia OLED StandardNuovi Nano-OLED (ETH)
Dimensione PixelMicrometri (un millesimo di mm)~100 Nanometri (un decimillesimo di mm )
Densità PixelCentinaia di ppiFino a 100.000 ppi
Metodo ProduttivoMaschere metalliche spesseNanostencil in nitruro di silicio
RisoluzioneAlta definizioneSuper-risoluzione (oltre il limite di diffrazione)

Per dimostrare la loro tesi, i ricercatori hanno ricreato il logo dell’università usando 2.800 diodi. L’intero logo è alto appena 20 micrometri, praticamente la dimensione di una singola cellula.

Oltre lo schermo: quando la luce diventa materia manipolabile

L’aspetto più affascinante per chi segue l’evoluzione tecnologica non è tanto avere un visore VR più nitido (anche se accadrà), ma le nuove proprietà fisiche che emergono a queste dimensioni.

Quando i pixel sono così piccoli (sotto la lunghezza d’onda della luce visibile), smettono di comportarsi come semplici lampadine e iniziano a interagire tra loro. Tommaso Marcato, uno dei ricercatori, spiega il fenomeno con l’analogia dei sassi lanciati in un lago: le onde si scontrano, si rinforzano o si annullano.

Questa interferenza costruttiva e distruttiva permette di:

  • Orientare la luce: Non serve più una lente fisica per focalizzare un raggio; lo si può fare elettronicamente (ottica phased-array).

  • Creare mini-laser: Fasci di luce coerente emessi direttamente dal chip.

  • Olografia: La possibilità reale, non fantascientifica, di creare immagini 3D nello spazio attorno all’osservatore.

Un futuro luminoso (e miniaturizzato)

Siamo di fronte a una tecnologia che combina l’efficienza economica della litografia standard con le proprietà esotiche della fisica quantistica applicata ai materiali organici. Se l’industria recepirà questo metodo, potremmo vedere presto sensori biomedici capaci di “illuminare” singoli neuroni o sistemi di trasmissione dati su chip basati sulla luce anziché sugli elettroni, con un aumento spaventoso della velocità di calcolo.

Come sempre, dal laboratorio alla fabbrica il passo non è breve, ma la strada tracciata dagli svizzeri sembra, per una volta, dritta e ben asfaltata.

Domande e risposte

Perché è così importante scendere sotto i 100 nanometri per un pixel?

Scendere sotto questa soglia non serve solo ad aumentare la risoluzione visiva, che per l’occhio umano è già ottimale sugli schermi attuali. La vera rivoluzione è fisica: quando i pixel sono più piccoli della lunghezza d’onda della luce che emettono, è possibile manipolare la luce stessa tramite interferenza. Questo trasforma lo schermo da semplice visualizzatore a strumento ottico attivo, capace di focalizzare raggi, creare ologrammi o funzionare come un sensore ad altissima precisione.

Questa tecnologia è compatibile con le attuali fabbriche di chip?

Sì, ed è questo il punto di forza “industriale” della scoperta. A differenza di altri metodi sperimentali che richiedono macchinari esotici o processi lenti e costosi, l’uso di membrane in nitruro di silicio e la tecnica di nanostencil lithography possono essere integrati nei processi di litografia standard già utilizzati per produrre i microchip dei computer. Questo riduce drasticamente le barriere all’ingresso per la produzione di massa, rendendo l’innovazione economicamente sostenibile.

Cosa si intende per “immagini 3D realizzate intorno agli spettatori”?

Si riferisce alla capacità dei meta-pixel di controllare direzione e fase della luce. Attualmente, per vedere in 3D servono occhiali o schermi che ingannano l’occhio con la stereoscopia. Con i nano-OLED, si potrebbero creare veri e propri campi luminosi olografici. I ricercatori ipotizzano che gruppi di OLED possano essere coordinati per proiettare la luce in punti specifici dello spazio tridimensionale, permettendo la creazione di immagini che sembrano fluttuare nell’aria senza bisogno di visori, realizzando il vecchio sogno delle proiezioni olografiche.

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