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MES e Patto di Stabilità: la coerenza mancata della governance economica (di Antonio Maria Rinaldi)

MES e Patto di Stabilità: i due regolamenti usano parametri opposti. Ecco perché la mancata ratifica dell’Italia è l’unica scelta logica in un’Europa confusa.

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La revisione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) avanzano su percorsi paralleli ma non coordinati.
La mancanza di un allineamento tra i due strumenti rischia di produrre un sistema di regole economiche incoerenti e l’Italia ha fatto bene a non ratificare.

La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e la revisione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) avanzano su percorsi paralleli ma non coordinati. La mancanza di un allineamento tra i due strumenti rischia di produrre un sistema di regole economiche europee incoerente, con implicazioni istituzionali e operative di rilievo.

Con la recente visita a Firenze della Lagarde è ritornato di attualità il MES, istituito originariamente nel 2012 come trattato intergovernativo esterno al diritto dell’Unione e rivisto nel 2021. La riforma, non ancora ratificata dall’Italia che ne impedisce l’entrata in vigore, rafforza il ruolo del MES come “paracadute” per le crisi bancarie prevedendo criteri più stringenti per l’accesso alle linee di credito. Tra questi, la valutazione del saldo strutturale di bilancio, indicatore del disavanzo corretto per il ciclo economico e le misure temporanee, che riflette la solidità della posizione fiscale di uno Stato.

Parallelamente, la Commissione europea e il Consiglio hanno ridefinito il Patto di Stabilità e Crescita, approvando nel 2024 un nuovo quadro di sorveglianza economica. L’obiettivo è modernizzare le regole fiscali, rendendole più semplici, trasparenti e orientate alla sostenibilità del debito nel medio termine. Il nuovo sistema sostituisce la rigidità dei vecchi vincoli numerici con piani di aggiustamento pluriennali personalizzati e, soprattutto, ridimensiona l’uso del saldo strutturale, considerato un parametro tecnico poco affidabile e di difficile misurazione. In questa prospettiva, il nuovo Patto si basa su indicatori di spesa netta e su valutazioni qualitative della sostenibilità fiscale.

Ne deriva un rischio evidente di disallineamento normativo. Se il MES continuerà a utilizzare il saldo strutturale come criterio di ammissibilità ai propri strumenti, mentre il PSC ne abbandona progressivamente l’uso, l’Unione si troverà con due quadri di riferimento differenti per giudicare la stessa materia: la disciplina di bilancio degli Stati membri. Un Paese potrebbe risultare conforme alle regole del nuovo Patto ma, al tempo stesso, non soddisfare i requisiti di accesso al MES. Ciò comporterebbe un problema di coerenza interna della governance economica europea.

La difficoltà di coordinamento è accentuata dalla diversa natura giuridica dei due strumenti. Il MES è un trattato intergovernativo, negoziato e gestito dai governi nazionali dell’eurozona al di fuori del diritto comunitario. Il Patto di Stabilità, invece, pur fondandosi sugli articoli 121 e 126 del TFUE, non è mai stato formalmente integrato nei Trattati. È stato attuato attraverso regolamenti del Consiglio e del Parlamento europeo (1466/97 e 1467/97), successivamente modificati, ma resta un insieme di norme derivate, non un elemento costitutivo del diritto primario dell’Unione.

La mancata integrazione del PSC nei Trattati, nonostante i ripetuti richiami — incluso l’articolo 16 del Fiscal Compact del 2012, che prevedeva l’inserimento del Patto nel diritto dell’UE entro cinque anni — ha generato un’architettura istituzionale frammentata. Oggi coesistono norme europee (il PSC), trattati intergovernativi come il MES e decisioni politiche del Consiglio Ecofin, spesso non perfettamente allineate.

Questa stratificazione normativa produce una governance economica complessa, in cui le competenze della Commissione, del Consiglio e degli Stati membri si sovrappongono. Sul piano tecnico, ciò può generare divergenze nell’interpretazione dei parametri di bilancio; sul piano istituzionale, rende più difficile un’applicazione coerente delle regole fiscali in tutta l’Unione.

La questione del coordinamento tra MES e Patto di Stabilità non è dunque soltanto procedurale. Riguarda la necessità di un linguaggio comune nella definizione della sostenibilità fiscale e nella gestione delle crisi economiche. La riforma del MES e quella del Patto dovrebbero essere lette come parti di un’unica revisione della governance economica europea, in grado di coniugare responsabilità di bilancio e strumenti di solidarietà finanziaria.

Senza un adeguato allineamento dei parametri e delle basi giuridiche, l’Europa rischia di mantenere una governance asimmetrica, in cui regole di natura diversa continuano a convivere senza integrarsi. L’esito sarebbe un sistema meno prevedibile, più complesso da applicare e potenzialmente incoerente nella gestione delle future crisi. Infine è più che lecito porsi a questo punto la seguente domanda: gli Stati membri che hanno in precedenza firmato la riforma del MES, oggi alla luce dei diversi parametri macroeconomici adottati dal rinnovato Patto di stabilità e crescita sarebbero egualmente disponibili nel sottoscriverlo? In tale contesto, la posizione dell’Italia appare coerente: in assenza di un’integrazione del MES nel nuovo quadro del Patto, la mancata ratifica risponde a una logica di coerenza normativa e istituzionale.

ex membro della Commissione ECON del Parlamento europeo

Domande e risposte

Perché il “saldo strutturale” è considerato un problema? Il saldo strutturale è una grandezza non osservabile direttamente, ma stimata. Si basa sulla differenza tra il PIL effettivo e il PIL potenziale (quanto un’economia potrebbe produrre al massimo delle sue capacità senza generare inflazione). Il calcolo del PIL potenziale è estremamente incerto e soggetto a revisioni continue. Basare regole rigide su un numero così volatile significa spesso imporre austerità non necessaria durante le recessioni, o concedere troppa libertà durante le espansioni, rendendo la politica fiscale prociclica e dannosa.

Che differenza c’è tra Trattato Intergovernativo e Diritto UE? Il Diritto dell’Unione Europea (come i Regolamenti del Patto di Stabilità) è vincolante e soggetto al controllo della Corte di Giustizia e del Parlamento Europeo, garantendo un certo grado di democraticità e uniformità. I Trattati intergovernativi come il MES, invece, sono accordi stipulati tra i governi al di fuori della cornice legale dell’UE. Questo crea un “doppio binario” dove il Parlamento Europeo ha scarso potere di controllo e dove le decisioni sono spesso prese nelle stanze chiuse dei vertici governativi, riducendo la trasparenza.

Cosa rischia l’Italia ratificando il MES ora? Ratificando la riforma ora, l’Italia accetterebbe un trattato che contiene criteri di accesso (come il saldo strutturale) che il nuovo Patto di Stabilità sta abbandonando. In caso di futura crisi bancaria o sovrana, l’Italia potrebbe trovarsi nell’assurda situazione di rispettare i vincoli di bilancio europei ordinari, ma di vedersi negato l’accesso al sostegno del MES o di dover sottostare a condizionalità draconiane basate su parametri ormai obsoleti, creando una vulnerabilità finanziaria senza reali garanzie di protezione.

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