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MATTARELLA SCIOLGA LE CAMERE E GENTILONI SI DIMETTA di Francesca Romana Fantetti

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella non può mantenere in carica il governo Gentiloni dopo avere indetto le elezioni fissate al 4 marzo 2018 e dopo avere sciolto le Camere, perché ciò non rientra tra i suoi poteri né è previsto dalla Costituzione italiana. Non è cioè né legittimo né regolare che, sciolte le Camere ed indette le elezioni, si predisponga la passerella di passaggio al fine di fare rimanere il governo Paolo Gentiloni, che è il quarto governo peraltro non scelto dagli italiani dopo Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi (e Parlamento dichiarato incostituzionale con sentenza per tre quarti).

Ciò anche in considerazione dell’utilizzo irregolare che viene fatto tuttora dalle istituzioni politiche in carica. Si guardi infatti a Piero Grasso che abusa del Senato confondendo istituzioni e politica, campagna elettorale per se stesso inserendo, sul sito della presidenza del Senato, in veste di seconda carica dello Stato, e da presidente del Senato di parte, il simbolo del proprio partito politico comunista, schieramento da lui stesso fondato e di cui Piero Grasso è a capo.

Una pratica già peraltro manifestatasi con Renzi che, anch’esso, in un pandemonio confusionario tra istituzioni e partito di sinistra, ha affossato e screditato, mandato a ramengo ogni fiducia e credibilità democratica e rappresentativa del Paese. Mattarella ha solo ripreso tali illeciti. Ma non è affatto vero che si tratti di errori, e se anche lo siano, sono errori che devono comportare la rimozione immediata dalla presidenza del Senato, e dal ruolo politico con sanzione e corposo pubblico risarcimento. Non è sufficiente cioè il solo inutile e superficiale rimbrotto da parte del capo dello Stato. Serve gravità e responsabilità. Fatte valere effettivamente. A tal fine è necessaria l’identificazione e l’inserimento, nei nostri codici, della nuova categoria della “responsabilità politica”, che non deve risolversi in ciò che è oggi, cioè nel niente, non sortendo alcun effetto nè sanzioni, ma è necessario si configuri quale responsabilità grave ed “altra” rispetto a quella giudiziale.

La responsabilità politica deve cioè prevedere sanzioni personali ed economiche, tali da disegnare e racchiudere, definire compiutamente l’esercizio delle funzioni e dei ruoli pubblici (stipendiati da noi tutti) politici in Italia, dei politici così come dei partiti e delle istituzioni ed entità politiche. Il capo dello Stato scioglierà dunque le Camere entro la fine del 2017, precisamente il 27 dicembre, per indire le elezioni il 4 marzo 2018.

L’Italia ristagna, ma non per questo può permettersi di stracciare e fare man bassa delle regole democratiche che vigono e che ci siamo dati. Di stravolgimento e violazioni antidemocratiche, così come di forzatura in forzatura infatti si fa la fine che ci è stata fatta fare, imposta dal precedente capo dello Stato Giorgio Napolitano, con il golpe istituzionale ed il disastro conseguente, economico ancor prima che politico e sociale, sotto i nostri occhi.

Dunque ci si guardi bene dall’intendere traghettare Paolo Gentiloni ed il suo governo, che non può restare in carica, perché ciò significa stravolgere e violare quanto previsto nel nostro sistema ordinamentale. E’ illegittimo e irregolare infatti fare proseguire il governo Gentiloni in quanto “pronto” per rimanere a Palazzo Chigi nel caso in cui, dopo le urne, risulti non facile la formazione del nuovo governo. Il nostro dettato costituzionale non prevede cuscinetti graditi al capo dello Stato di turno, né alle forze politiche per il dopo elezioni, quando cioè si sarà manifestata la volontà del popolo italiano.

A tale proposito è opportuno che ogni seggio elettorale sia ben controllato di modo da non consentire si verifichino contraffazioni del voto e della reale, effettiva volontà di ciascuno di noi. E’ noto infatti che i voti nei seggi sono letteralmente “sorvegliati” da scrutatori sinistri che, con punta della matita sotto l’unghia, “votano” ed annullano a seconda del proprio orientamento, in barba a ogni principio di correttezza, imparzialità e trasparenza.

Ciò che si ipotizza, oggi, di voler fare domani con il governo Gentiloni è una forzatura e lo stravolgimento delle regole della democrazia italiana.
Dopo il varo definitivo della legge di bilancio il capo dello Stato Sergio Mattarella può cioè sciogliere anticipatamente il Parlamento – il secondo via libera della manovra del Senato è atteso entro il 23 dicembre prossimo – ma la vita del governo Gentiloni deve cessare per il futuro.

Effettuate le elezioni politiche, non si può avere alcun regime di prorogatio di Gentiloni, anche nel caso vi siano eventuali casualità nella formazione del nuovo esecutivo. Gentiloni deve dimettersi, essere dimesso. Attenzione dunque a non confondere la ordinarietà del disbrigo degli affari correnti con le dimissioni dovute.

Ogni eventuale formalità o tecnicalità al di fuori di quanto dettato in Costituzione sostanzia una pericolosa creazione istituzionale che si pone al di fuori della legge costituzionale italiana. No dunque a dimissioni “formali” dinnanzi alle nuove Camere. Le dimissioni del governo Gentiloni saranno, così come devono essere effettive.

Non si sciolgono le Camere sub condicione né a metà, o formalmente, o tecnicamente o per finta. Se mai ci sarà una transizione e un “vuoto”, si ricordi che in Belgio, in Spagna ed anche in Olanda si è stati senza un governo se non per “gli affari correnti” e tutti e tre i Paesi hanno iniziato a correre economicamente. Anche per l’Italia, è concretamente meglio restare senza esecutivo. In Belgio sono stati 541 giorni senza esecutivo ed il pil è schizzato, c’è stata crescita record anche in Spagna ed in Olanda, privi di governi. Li hanno chiamati i “giorni della felicità”.


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