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L’ostinazione del petrolio russo: Le sanzioni USA? Un ‘Baffo’ a Putin
Il petrolio russo non si ferma: le esportazioni toccano il massimo da mesi, un duro colpo per le sanzioni USA. Ecco perché India e altri Paesi non obbediscono a Washington.

La pressione esercitata dall’amministrazione statunitense sugli acquirenti rimanenti di greggio russo non sta producendo i risultati desiderati dal presidente Donald Trump: infatti, nelle quattro settimane fino al 28 settembre, le esportazioni di petrolio greggio russo via mare hanno raggiunto il livello più alto dal maggio 2024, secondo i dati sul monitoraggio delle petroliere raccolti da Bloomberg e pubblicati martedì.
Secondo i dati riportati da Julian Lee di Bloomberg, nelle quattro settimane fino al 28 settembre la Russia ha esportato in media 3,62 milioni di barili al giorno (bpd), segno che né l’India né altri importanti acquirenti hanno finora ridotto gli acquisti.
Il “Muro di Gomma” Indiano e l’Asse dell’Est
Nonostante le minacce di dazi maggiorati e le continue sollecitazioni, l’India, secondo importatore di petrolio russo dopo la Cina, continua a fare orecchie da mercante. Funzionari di alto livello di Nuova Delhi hanno fatto trapelare, con una certa eleganza diplomatica, che non cederanno. Anzi, hanno rilanciato, suggerendo che una drastica riduzione degli acquisti da Mosca potrebbe magicamente verificarsi solo se Washington aprisse i rubinetti del petrolio iraniano e venezuelano.
In sostanza, la richiesta indiana suona più o meno così: “Volete che rinunciamo a una fonte energetica conveniente? Bene, allora forniteci delle alternative altrettanto vantaggiose”. Secondo fonti vicine ai colloqui, i rappresentanti indiani hanno candidamente spiegato agli omologhi statunitensi che chiudere contemporaneamente le forniture da Russia, Iran e Venezuela avrebbe un unico, sgradevole effetto: far schizzare alle stelle i prezzi internazionali del greggio. Una prospettiva che, si suppone, non entusiasmi nessuno.
Anche altri Paesi hanno mostrato una certa “freddezza” di fronte alle richieste americane:
- Ungheria: Ha dichiarato senza mezzi termini di non avere alcuna intenzione di interrompere le importazioni, definendole essenziali per la sicurezza energetica nazionale. “Non possiamo garantire l’approvvigionamento sicuro per il nostro Paese senza le fonti di petrolio o gas russe”, ha sentenziato il Ministro degli Esteri Peter Szijjarto.
- Slovacchia e Turchia: Proseguono sulla stessa linea, dimostrando che gli interessi nazionali, al momento, pesano più delle alleanze strategiche.
Entrate in calo, ma il flusso non si ferma
Se da un lato il volume delle esportazioni brinda, le casse del Cremlino non fanno altrettanto. A settembre, si stima che le entrate russe dal settore oil & gas subiranno un calo del 23% su base annua.
Questo paradosso, tuttavia, non deve ingannare. Sebbene i profitti siano inferiori rispetto all’anno precedente, il flusso costante e crescente di petrolio garantisce a Mosca una liquidità fondamentale per sostenere la propria economia.
La strategia occidentale delle sanzioni, almeno su questo fronte, sembra mostrare più di una crepa, scontrandosi con la dura realtà della domanda energetica globale e con la pragmatica difesa degli interessi nazionali da parte di Paesi che non possono o non vogliono permettersi di seguire pedissequamente la linea di Washington.
Domande e Risposte
1. Perché le sanzioni americane sul petrolio russo non stanno funzionando come previsto?
Le sanzioni non stanno ottenendo l’effetto desiderato principalmente perché grandi economie emergenti, come l’India e la Cina, continuano ad acquistare greggio russo, spesso a prezzi scontati. Questi Paesi privilegiano la propria sicurezza energetica e la convenienza economica rispetto alle pressioni geopolitiche di Washington. Inoltre, la minaccia di un’impennata dei prezzi globali del petrolio, qualora l’offerta russa venisse completamente a mancare, agisce da deterrente, spingendo anche altri Paesi come Ungheria e Turchia a mantenere attivi i canali di approvvigionamento con Mosca.
2. In che modo l’India sta sfidando apertamente gli Stati Uniti?
L’India sta adottando una posizione di “autonomia strategica”. Invece di cedere passivamente alle richieste statunitensi, ha risposto in modo proattivo, quasi provocatorio. Ha legato una possibile riduzione delle importazioni dalla Russia alla concessione, da parte degli USA, di poter acquistare petrolio da Iran e Venezuela, altri due Paesi sanzionati. Questa mossa mette in luce le contraddizioni della politica estera americana e sottolinea come l’interruzione simultanea di più fonti di approvvigionamento creerebbe un caos sul mercato energetico globale, danneggiando tutti, inclusi gli alleati dell’America.
3. Se la Russia esporta più petrolio, perché le sue entrate sono in calo?
Il calo delle entrate russe, nonostante l’aumento dei volumi esportati, è dovuto a due fattori principali. Primo, il prezzo internazionale del petrolio a settembre è stato inferiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, riducendo il guadagno per ogni barile venduto. Secondo, il rafforzamento del rublo rispetto al dollaro (la valuta in cui si commercia il petrolio) significa che, una volta convertiti, i ricavi in valuta estera valgono meno in termini di moneta locale. Pertanto, anche se il flusso di greggio è robusto, il profitto finale per il bilancio russo è diminuito.apertur

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