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L’Occidente dei “Valori europei” ha accettato la cancellazione di uno stato democratico e di una etnia

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L’invasione finale è avvenuta rapidamente e con centinaia di cristiani ortodossi uccisi dagli aggressori. L’Armenia, guidata da un ex avvocato per i diritti umani, non aveva altra alternativa se non quella di salvare migliaia di suoi cittadini dalla morte consegnando la loro enclave nel Nagorno-Karabakh alle forze brutali di Ilham Aliyev, ’leader dell Azerbaigian, come riporta, ad esempio, il Telegraph. Abbiamo il caso, forse unico, di cessazione di uno stato democratico, e sarà il primo gennaio 2024.

La difesa del Nagorno-Karabakh era stata affidata alla Russia dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU: perché un paese combattuto dall’Occidente in modo strenuo e sanguinoso avrebbe dovuto prenderne le veci difendendo una minoranza, che, fra l’altro, fa riferimento a uno stato che ha condannato l’invasione dell’Ucraina? Alla prima occasione utile il contingente russo si è ritirato, tra l’altro, comunque, rimettendoci il comandante.

Adesso 120.000 cittadini sono ora alla merché di uno stato che ancestralmente, considerano loro nemico e che, storicamente, li ha massacrati. La risposta è stata ovviamente un esodo: 60 mila armeni hanno già lasciato il Nagorno Karabakh e probabilmente gli altri li seguiranno quanto prima. Una cultura antica, millenaria,  è stata cancellata, il tutto sotto gli occhi dell’Occidente.

Il Nagorno-Karabakh è un piccolo paese montuoso tra le nuvole, abitato dagli armeni da molti secoli. Fu il primo nel 301 d.C. ad adottare il cristianesimo. Centinaia di chiese ortodosse e le loro antiche e misteriose lapidi (molte ora deturpate o demolite dagli aggressori), attirano visitatori da Yerevan, la capitale dell’Armenia, che intraprendono il viaggio di 6 ore attraverso il Monte Ararat fino a Stepanakert, centro della democrazia del Karabakh che era questo settimana spenta. Il viaggio è a soli 20 minuti di aereo da un moderno aeroporto. Ma gli aerei non volano da anni perché il governo azero minaccia di abbatterli.

Il paese cadde in mano alla Russia all’inizio del XIX secolo, e le prove demografiche del primo censimento di quel tempo dimostrano che era tutto armeno e che l’area avrebbe dovuto essere assegnata a questo stato quando Stalin divise il territorio nel 1920. Invece, egli lo diede all’Azerbaigian e l’errore non fu corretto fino allo scoppio della guerra civile dopo il crollo dell’URSS.

Gli armeni del Nagorno-Karabakh – che rappresentano ancora la grande maggioranza della popolazione – hanno votato prima per unirsi all’Armenia, la soluzione più saggia, ma poi hanno optato per l’indipendenza. La guerra era iniziata con i pogrom degli azeri a Sumgait e Baku. Ma col tempo una forza di difesa locale del Karabakh ha preso il sopravvento. Il combattimento è stato brutale. Con odio etnico da entrambe le parti. L’assedio di Stepanakert è stato brutale, le persone sono sopravvissute solo grazie ai rifornimenti portati lungo una strada stretta – un corridoio umanitario – dall’Armenia, che l’Azerbaigian ha chiuso all’inizio di quest’anno.

Il Nagorno-Karabakh vinse la guerra nel 1994 e dichiarò, come il Kosovo, il proprio diritto all’autodeterminazione. Per il successivo quarto di secolo si governò da sola con l’aiuto dell’Armenia. Lo ha fatto, abbastanza ragionevolmente, con elezioni giuste e istituzioni democratiche come un sistema giudiziario indipendente – come ho scoperto indagando sulla situazione nel paese per un caso giudiziario nel 2014. Non era, come hanno affermato molti giornalisti la settimana scorsa, un paese di “Separatisti armeni” ma di un popolo armeno i cui antenati vivevano su questi altopiani da secoli e che aveva combattuto e conquistato, per un quarto di secolo, il diritto di resistere a un brutale dittatore. Ma ci sono state molte provocazioni azere al confine – la “linea di controllo”.

Il Consiglio di Sicurezza, in modo del tutto assurdo, ha affidato la sicurezza dell’enclave alla Russia che non ha preso sul serio i propri compiti e nel 2020 è scoppiata nuovamente la guerra. L’Armenia ha votato alle Nazioni Unite per condannare la Russia per aver attaccato l’Ucraina e di conseguenza Putin ha deciso di porre fine a ogni sostegno e di vendicarsi. L’ultima goccia è arrivata questo mese, quando l’Armenia si è unita alla Corte penale internazionale (CPI) che sta perseguendo Putin per il rapimento di bambini ucraini. La settimana scorsa il Cremlino ha messo sotto silenzio l’ambasciatore armeno e ha lanciato quella che ha descritto come una “dura protesta”: ha minacciato di ritirare il mandato di sicurezza per la protezione del Nagorno-Karabakh, e questo è stato il via libera per l’invasione azera.

La UE si vanta dei “Valori europei” citati quasi ogni giorno in vuoti proclami. Poi, di fronte alla cancellazione di uno stato etnicamente e storicamente ben identificato, in Europa, con uno sposatamento di centinaia di migliaia di innocenti, si gira dall’altra parte e fa finta di nulla. I rapporti con la Turchia, alleata degli azeri, sono troppo importanti. Lo stesso Azerbaigian si avvia ad essere uno dei fornitori principali dell’Unione di gas naturale. Alla fine che cosa volte che siano  cento o duecento mila cristiani armeni cacciati dalle loro case?

Ora ogni volta che sentirere le parole “Valori europei” siete autorizzati a mettervi a ridere, per non piangere. Gli unici valori rilevanti per i paesi europei sono quelli bancari dei vari funzionari della Commissione. Dopo aver assistito all’azzeramento di uno stato democratico senza proferir parola, mentre allegramente si alimenta la guerra in Ucraina, la parola “Valore” ha senso solo in economia.

 

 


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