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L’India punta al petrolio siriano, ma Mosca e Teheran sono arrivate prima

Petrolio siriano: l’India pronta a tornare, ma deve ‘fare i conti’ con Russia, Iran e sanzioni USA.

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Secondo quanto riportato dal quotidiano indiano The National, la società statale indiana Oil and Natural Gas Corporation (ONGC) ha dichiarato di essere pronta a riprendere le operazioni upstream (cioè d’estrazione) in Siria una volta che la situazione sarà tornata alla “normalità”. I dirigenti di ONGC Videsh Ltd, la divisione estera della società, hanno confermato che stanno monitorando attentamente gli sviluppi e che torneranno a operare in Siria se la stabilità politica e le condizioni di sicurezza lo consentiranno.

La notizia rappresenta il primo segnale pubblico in oltre un decennio che l’ONGC potrebbe riprendere le attività in Siria, dove in precedenza deteneva partecipazioni nella Al-Furat Petroleum Company prima che le operazioni fossero sospese nel 2012 a causa della guerra civile nel Paese e delle successive sanzioni internazionali.

L’ONGC Videsh ha mantenuto la proprietà legale dei progetti, ma ha interrotto la produzione e il personale dopo l’entrata in vigore delle restrizioni statunitensi e dell’UE sulle esportazioni di petrolio siriano.

L’annuncio segue la più ampia spinta dell’India a ricostruire partnership energetiche in Medio Oriente ed Eurasia, mentre la società espande il proprio commercio internazionale e la propria presenza a monte.

Ad agosto, ONGC ha dichiarato che avrebbe lanciato un’unità globale di commercio di greggio e prodotti raffinati attraverso la sua filiale di Singapore, mantenendo però le sue attività siriane soggette a sanzioni “in sospeso in attesa di sviluppi diplomatici”, secondo quanto riportato da The New Indian Express.

Qualsiasi ritorno alla produzione siriana richiederebbe l’approvazione di Nuova Delhi e un cambiamento nell’attuale quadro sanzionatorio degli Stati Uniti e dell’UE. Gli analisti osservano che la posizione cauta dell’India rispecchia quella di diversi produttori statali asiatici che hanno espresso un interesse condizionato alla ricostruzione post-conflitto, ma rimangono diffidenti nei confronti del rischio di sanzioni secondarie.

Mappa delle riosrse petrolifere e gasiere della Siria

La rinnovata attenzione al settore petrolifero siriano arriva in un momento di riorganizzazione del controllo tra gli operatori sostenuti da Mosca e Teheran, che hanno consolidato la maggior parte dei terreni produttivi attraverso contratti di servizio e protezione a lungo termine con Damasco.

Aziende russe come Stroytransgaz e Mercury LLC attualmente supervisionano i principali blocchi onshore e le infrastrutture di esportazione nell’ambito di accordi intergovernativi, mentre entità iraniane gestiscono progetti di riabilitazione più piccoli nei giacimenti centrali e meridionali. Qualsiasi rientro di aziende statali asiatiche come ONGC dipenderebbe probabilmente dal coordinamento con questi attori e dal graduale allentamento delle restrizioni occidentali che dal 2012 hanno tenuto fuori il capitale straniero.

Domande e risposte

Perché l’India non torna subito in Siria se possiede ancora legalmente i progetti? Il blocco principale sono le sanzioni internazionali (USA/UE) imposte dal 2012. Sebbene ONGC Videsh mantenga la proprietà legale, riavviare la produzione violerebbe queste restrizioni. Ciò esporrebbe la società statale indiana (e potenzialmente l’India) a sanzioni secondarie, un rischio finanziario e diplomatico che Nuova Delhi, pur cercando autonomia energetica, è stata finora cauta nell’affrontare.

Chi controlla attualmente i giacimenti petroliferi siriani? Il controllo effettivo dei terreni produttivi è stato consolidato da attori sostenuti da Mosca e Teheran. Aziende russe (come Stroytransgaz) gestiscono i principali blocchi e le infrastrutture di esportazione tramite contratti a lungo termine con Damasco. L’Iran gestisce progetti di riabilitazione più piccoli. Qualsiasi rientro indiano richiederebbe quindi un coordinamento, o un accordo, con questi attori.

Perché l’India è interessata a tornare proprio ora? Questa mossa rientra nella più ampia strategia indiana di espansione della propria presenza energetica e commerciale in Medio Oriente ed Eurasia. L’India sta cercando di diversificare le sue fonti e di rafforzare le partnership strategiche. Il potenziale rientro in Siria è un segnale di questo attivismo, anche se condizionato dalla complessa situazione geopolitica e dal regime sanzionatorio.

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