Attualità
LIBIA: UN GIOCO DI POTERE CON L’ISIS ALLE PORTE. SIAMO PRONTI AL CONFRONTO ?
La situazione libica sta rapidamente evolvendosi in una direzione pericolosa e potenzialmente molto dannosa per i nostri interessi e per la nostra sicurezza.
Già da mesi ormai si parla di uno sviluppo delle posizioni dell’ISIS in Libia , attorno alla città di Sirte. La posizione non è casuale in quanto quella località era una roccaforte dei gheddafiani e l’ISIS sta cercando di ripetere quando successo in Iraq, dove si è espanso nelle zone in cui si combinava la possibilità di sfruttare ingenti risorse locali, leggasi petrolio, ed una situazione di profondo scontento per i precedenti sconvolgimenti politici.
Da quella roccaforte gli estremisti si stanno allargando sia verso est , via verso ovest, come chiaramente si può vedere in questo grafico.
Il cerchietto rosso indica la posizione di Sirte, quello blu il grande termina petrolifero di Marsa el Brega, obiettivo importante per i jihaidisti, in rosso le località degli ultimi attacchi ed attentati, ad ovest contro una caserma della polizia libica, ad est contro depositi petroliferi. Si tratta di un’area molto estesa: fra le due estremità vi sono oltre 500 km, quindi un terreno da controllare ampio e non favorevole. I numeri forniti da osservatori internazionali parlano di circa 6000 combattenti islamici, fra locali, provenienti dalla Siria, foreign fighters e dell’Africa Sub Sahariana (Boko Haram ed assimilati).
La situazione politica in Libia è favorevole ad uno sviluppo del loro potere: dopo la caduta di Gheddafi il potere è diviso fra il governo di Tripoli, in mano al “Nuovo governo Nazionale” supportato da Sudan, Turchia e Qatar, e quello di Tobruk, in mano al governo internazionalmente riconosciuto e che ha Saif al Islam , figlio di Gheddafi, come prigioniero. L’Italia ha cercato di portare ad un governo di unità nazionale che si dovrebbe essere formato sotto la spinta del ministro degli esteri Gentiloni, ma per ora la collaborazione è ancora tutta da venire.
Questo marasma è pericolosissimo per noi perchè:
a) ci troviamo una forze terroristica ed estremistica alle porte di casa, letteralmente;
b) in Libia abbiamo interessi economici fortissimi (gas , petrolio) e necessari per il nostro sistema economico;
c) con la Libia abbiamo relazioni storiche molto forti ed eravamo riusciti a raggiungere un buon “Modus Vivendi” con le autorità locali.
Notizie dei diversa stampa britannica danno per ormai scontato un prossimo intervento europeo – americano in Libia, con tanto di almeno 1000 soldati dei corpi speciali inglesi già sul terreno e la partecipazione di circa 6000 soldati a guida italiana.
Il problema però si fa serio: può l’Italia sorreggere uno sforzo militare simile in tutta sicurezza ?
La difesa italiana degli ultimi 20 anni si è basata sul principio di cooperazione e “Sudditanza” con gli USA e la NATO: si partiva praticamente dal presupposto che saremmo intervenuti in conflitti locali appoggiandoci per la logistica direttamente alla NATO ed, essenzialmente, agli USA. Praticamente tutto è stato organizzato per interventi come quelli in Afghanistan, Iraq, Somalia etc: gli USA avrebbero fornito comando ed infrastrutture logistiche e noi avremmo mandato dei nuclei operativi preparati , ma di limitate dimensioni ed anche specializzati in specifiche funzioni.
Questo ha fatto si che, con il tempo, si sia salvaguardata una buona Marina ed una discreta Aeronautica, mentre molte delle funzioni dell’Esercito sono state sottovalutate. Ad esempio in teoria abbiamo ancora in servizio circa 320 MBT (Main Battle Tank), ma di questi 120 sono obsoleti Leopard 1, da utilizzarsi come supporto ed addestramento, e 200 carri Ariete, che dovrebbero calare a circa 150 ed essere aggiornati…..
MBT Ariete
Ora 150 MBT non son neppure pochi: l’Australia ne ha 100 per un territorio enormemente più grande del nostro. Il problema sorge, non a caso, a partire dal governo Monti e dalla lesina voluta dal governo “Che doveva fare presto”…. I programmi di manutenzione ed addestramento sono stati fortemente ritardati. L’aggiornamento del carro Ariete è stato rimandato e verrà attuato con tempi estremamente lunghi, trentennali. per cui attualmente ci troviamo con un 60-90 MBT in grado di essere effettivamente utilizzati.
Questo non è solo un problema di “Mostrare i muscoli”, ma è un problema effettivo di sicurezza è di efficacia di un eventuale intervento militare. In Libia si interviene in un ambiente desertico e per garantire la sicurezza dei soldati, l’efficacia dell’operazione e di poter svolgere il compito con le minori perdite possibili. Se volete avere un’idea di cosa significhi intervenire senza una componente corazzata pesante di copertura vi consiglio di guardarvi il film “Black Hawk Down”. Insieme ai carri armati altre componenti essenziali di una forza armata completa hanno visto i propri aggiornamenti rinviati e le manutenzioni diminuite: ad esempio gli elicotteri da combattimento A 129 Mangusta, oppure l’addestramento dei piloti dei cacciabombardieri Tornado ed AMX (per fortuna l’addestramento dei piloti dell’Eurofighter è legato al contratto di acquisto degli stessi). Molte spese sono state fatte o in modo casuale oppure sempre rimanendo nella certezza di poter agire al traino degli USA: ad esempio abbiamo una rete di satelliti spia, ma pare non abbiamo il software proprietario per identificare i mezzi dell’Isis, abbiamo una notevole forza di droni, ma non rinnoviamo le cannoniere volanti necessarie per il controllo del territorio ed i mezzi del San Marco hanno 30 anni di vita alle spalle. Del resto non si possono fare grossi investimenti quando il 65% degli stanziamenti militari va nel pagamento degli stipendi, quando si deve utilizzare “Mare Nostrum” per finanziare le manutenzioni delle navi o “Strade Sicure” per tirare fuori qualche soldo extra per le manutenzioni.
Cacciabombardiere AMX
Insomma quando si tratterà di scendere in campo e di essere la forza trainante di un eventuale intervento militare in Libia le nostre forze armate mostreranno i propri limiti. Abbiamo 5 brigate che potrebbero essere usate : paracadutisti della Folgore, alpini della Taurinense, bersaglieri della Garibaldi, fanti della Sassari e cavalleria dell’aria del Friuli. A questo dovremmo aggiungere una componente pesante (MBT ed artiglieria), ma dovremmo alleggerire i nostri altri interventi all’estero per poter intervenire in modo efficace.
Paracadutisti Folgore
Inoltre un nostro intervento avrebbe un aspetto psicologico sinora non affrontato: gli estremisti dell’ISIS bramano il combattimento diretto, sul terreno, con una forza militare occidentale. La loro retorica è piena del desiderio di martirio combattendo contro gli USA, contro il nemico americano, ma , in assenza di Washington, i “Crociati di Roma” andrebbero altrettanto bene. Sarebbe più che possibile che l’intervento sul campo europeo possa catalizzare tutti gli estremismi attualmente latenti.
Data la scarsità delle nostre forze e la possibilità di dover intervenire con un’occupazione di medio-lungo periodo ci obbligherebbe a trovare degli alleati, ma siamo realmente pronti ad allearci con milizie locali dai trascorsi non chiari ? Oppure con l’Egitto di Al Sisi, che però è malvisto da una gran parte della popolazione ? Forse una soluzione potrebbe essere anche quella di riprendere contatti con i gheddafiani rimasti cosa che ci permetterebbe anche di togliere potenti alleati agli estremisti del Daesh.
Insomma l’intervento in Libia, per quanto possa essere necessario, si può rivelare pieno di insidie e di dubbi, e minato nelle sue basi dai recenti tagli “Voluti dall’Europa”. La stessa Europa che , con Sarkozy, ha creato il pastrocchio libico ed ha cercato di cancellarci da questo scacchiere.
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