Europa
La lezione dell’UE tedesca nel caso ROSCO (Grecia): prima li affami e poi li compri, un monito per l’Italia [reload]
Penso che mai come oggi sia necessario fare chiarezza su cosa sta accadendo – ed accadrà – in Grecia. Ripropongo dunque questo intervento pubblicato circa un anno e mezzo fa il quale secondo me spiega bene perchè la prima misura di Tsipras sia stata il blocco delle privatizzazioni [di PPC, l’equivalente greco di ENEL, azienda che – non a caso – la troika aveva imposto di privatizzare], dopo un solo giorno a capo del Governo.*
* https://scenarieconomici.it/la-lezione-dellue-tedesca-nel-caso-rosco-grecia-prima-li-affami-e-poi-li-compri-un-monito-per-litalia/
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Il caso ROSCO, azienda greca dei servizi ferroviari, è assolutamente da stigmatizzare al fine di porla all’attenzione del pubblico, cosa che per altro i media tradizionali non hanno fatto, tranne rarissime eccezionii. ROSCO è un’azienda detenuta al 100% dallo Stato greco che, nell’ambito dell’applicazione della legislazione europea per la liberalizzazione dei servizi ferroviari, dovrà provvedere a fornire i servizi di manutenzione per il materiale rotabile in Grecia, diciamo che visti i pochi confini condivisi con l’Europa questo rischia di essere un servizio in ambito quasi monopolistico. Sostanzialmente, facendola breve, il governo greco sotto tutela non ha più il controllo delle spese, essendo di fatto decise dalla troika. Dunque, parallelamente – e non alternativamente – a misure lacrime e sangue il governo greco è stato di fatto costretto a privatizzare la ROSCO per fare cassa, ossia per pagare il debito in mano al’UE.
Ora, indovinate un po’ chi ha fatto un’offerta per rilevare Rosco? Siemens (tedesca) e Alstom (francese), in compagnia dell’immancabile “partner” (in altri tempi si sarebbe probabilmente chiamato collaborazionista) greco. E questo con lo scopo di raccimolare i soldi necessari per pagare gli interessi delle obbligazioni greche in mano agli stessi paesi che ospitano le sedi delle multinazionali acquirenti (un capolavoro, lato euro tedesco!). D’altronde, vista la situazione dell’economia ellenica, difficilmente si sarebbe potuto ipotizzare l’acquisto da parte di un soggetto greco, ad oggi non sarebbe nemmeno possibile allocare in qualche modo i risparmi privati greci in quanto dopo 5 anni di lacrime e sangue semplicemente non ci sono più (come parallelismo con l’Italia, chi scrive ritiene che nel 2014 l’obiettivo delle politiche di austerity europee saranno i risparmi privati del Belpaese: una volta messi sotto tutela si aprirebbero le porte per l’acquisizione del considerevole patrimonio industriale italiano, secondo in Europa solo alla Germania, vedasi oltre – vi prego, segnatevi questa profezia –).
Questo è solo un esempio. Si potrebbero anche citare altri esempi. Ad esempio, Siemens che corrompe ministri greci per accaparrarsi forniture industrial-militari o EADS ed ThyssenKrupp che fanno la stessa cosa nei propri settori di competenza, vedasi i documenti citati in calcei. Ancora una volta compare la doppia morale eurotedesca: da una parte si stigmatizza e si punisce l’eccesso di debito e deficit dei paesi periferici, dall’altra le aziende nord europee – in questo caso francesi e tedesche – ne approfittano addirittura in modo potenzialmente illegale (da verificare se si sia arrivati all’ultimo grado di giudizio), oggi il più odioso dei crimini per una nazione che fa fatica a sfamarsi.
Sinceramente è da un po’ di tempo che ho il forte e supportato dubbio che per la Germania questa Europa dell’euro austero sia solo un pollo da spennare, lo stesso pollo che non fu possibile spolpare 70 anni or sono. Detto questo, che è solo un brutto retro-pensiero – mi scuso con i benpensanti per cotanta malizia -, restando ai fatti, sarebbe per me e per i lettori importante sapere quali siano state le esemplari punizioni che sono state comminate alle aziende tedesche che con il loro comportamento sono state concausa di una nazione letteralmente alla fame (si ricordi sempre che per concretizzare la corruzione ci vuole un corrotto ma anche un corruttore)!
Per l’Italia questo deve essere un monito: potrebbe arrivare un giorno nel 2014 in cui il debito non possa essere più pagato con nuove tasse. A quel punto scatterebbero le privatizzazioni imposte dall’UE – stanno già iniziando, Finmeccanica già oggi ci sta “insegnando” la strada da percorrere con Ansaldo Energia, Avio, STS, Breda… – e in quel caso scatterebbero privatizzazioni di aziende sane e che fanno utili, oltre ad impiegare e a pagare le tasse in Italia. Penso a ENEL, un gioiello…. Penso a Nuovo Pignone, un regalo di venti anni or sono fatto a chi ha comprato e non a chi ha venduto, un vero gioiello che non andava privatizzato in quanto estremamente redditizio e potenzialmente la base per costruire un’industria mondiale del settore. E penso al primo ministro italiano attuale che, come svariati primi ministri greci del recente passato e dell’immancabile Mario Monti, sono o sono stati colleghi nei vari clubs dei poteri forti europei e mondiali (Trilateral, Bilderberg etc.: ma mi domando, sarà poi così difficile fare affari senza affamare la gente? Mah…).
Ed ora un piccolo escursus su cosa vuol dire praticamente avere aziende sistemiche nazionali (multinazionali), cercando un parallelismo con quanto succederà con la Rosco in Grecia. Avere un’azienda nazionale strategica significa che gli utili vengono fatti fluire nel paese che coordina e, perchè no, comanda. Vuol dire avere una holding nel paese dove sta la sede, ossia managers, occupazione di alto livello. Vuol dire utilizzare anche e soprattutto banche nazionali per servizi finanziari. Vuol dire assicurare i propri asset soprattutto con aziende sistemiche italiane, prendere soprattutto voli Alitalia quando è possibile, magari fin anche auto italiane, acciaio locale, generatori di energia di Ansaldo, fare lavorare hotel e ristoranti locali quando vengono ospiti…. Avere aziende sistemiche significa tutto questo, ossia significa costruire un castello di servizi, flussi finanziari e finalmente impiego che stanno nel paese dove sta l’azienda strategica. E assieme a questo ricevere tasse, tante tasse viste le aliquote italiane. Estremizzando, solo per fare capire ai lettori l’importanza di quanto si sta cercando di spiegare, è come se in un’isola che vive solo di turismo tutti gli hotel fossero posseduti da catene internazionali, inclusi la maggior parte dei ristoranti e dei bar: in tale caso la manovalanza, i camerieri, gli inservienti, forse il cuoco che lavorano nelle varie attività sarebbero locali, notando però che i posti di lavoro a paga relativamente elevata sarebbero pochi (il gerente dell’hotel, il direttore finanziario etc.) ma con molta probabilità sarebbero posti di lavoro imposti dalla controllante. E gli utili fatti nell’isola fluirebbero verso le varie holding che gestiscono le attività. Questo esempio può essere definito come “la sindrome dell’isola” e, in forme diverse – quello indicato è un parossismo -, è proprio quanto rischia l’Italia alienando le proprie aziende sistemiche, ossia quelle che generano utili, occupazione e tasse locali non solo direttamente ma anche indirettamente, via stipendi di qualità e consumi locali oltre che attraverso la creazione di un substrato di servizi a supporto.
Perderle significherebbe a termine spostare impiego e decisioni strategiche all’estero: ossia a termine significherebbe avere nel paese dove risiede o risiedeva l’azienda acquisita solo la manovalanza, trasferendo il lavoro che conta e le decisioni nel paese dell’acquirente. Per non parlare dei transfer prices, che fanno in modo di spostare utile nel paese che “manda”… Troverò, ne sono certo, qualche scienziato che mi dirà “…si, ma le aziende italiane potrebbero fare di più con uno straniero, con uno straniero si ruba meno…” o qualcosa del genere. Prima di fare affermazioni simili, oltre a ricordare gli esempi sopra citati che dimostrano come anche gli stranieri non siano esenti da “vizietti”, è bene che si sappia che il sottoscritto ritiene che il bene assoluto non esista, se un’azienda batte i peers come benchmark finanziari non mi tange il fatto che qualcuno pensi che si possa essere addirittura più competitivi (effettivamente se ci fosse corruzione la magistratura sarebbe già intervenuta, per definizione): mi piacerebbe comunque che si comprendesse che anche le inefficienze pagano stipendi, l’importante per quanto riguarda questo articolo è che continuino ad essere pagate in Italia e non a Parigi o Berlino. ENEL è un gioello che quando dovesse essere venduto, beh, sarebbe andato per sempre!
Io spero che qualcuno a Roma capisca il messaggio che sto mandando: ho il timore, anzi direi la certezza, che i nostri governanti non facciano l’interesse del Paese, anzi temo seriamente che stiano cercando di barattare quello che rimane dell’apparato industriale italiano per qualche poltrona o per posti di potere in Europa, Letta se non ci se batti un colpo per favore…
Stando ad analisi di stampa ENEL è effettivamente a rischio: Angela Merkel sembra avere l’impegno di risolvere nella prossima legislatura il problema delle utilities tedesche i cui profitti prospettici sono stati sinistrati dalla decisione di fermare il nucleare tedescoiv, pur anche dopo precisi impegni del governo teutonico ad andare in direzione opposta. Dunque, il gioiello ENEL potrebbe esser la soluzione, una bella acquisizione che con le sue enormi ramificazioni nei paesi emergenti sarebbe complementare proprio con quelle aziende tedesche che devono essere per definizione preservate, con i loro centinaia di migliaia di dipendenti di cui la maggior parte – di quelli che contano – in Germania, dove sta la sede…. Senza dimenticare il molto malcelato tentativo del governo dell’esimio e stimatissimo Professor Monti che all’inizio del 2013, seppur già decaduto, cercò di far passare un decreto attuativo in Consiglio dei Ministri sulla golden share – legge da lui stesso emanata – che di fatto avrebbe tenuta “scoperta” proprio – e solo – ENEL dal mantello di protezione del provvedimento! (vedasi nota v)
Quando si dice fare gli interessi del proprio Paese….
Mitt Dolcino
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Referenze e Note:
i Siemens shows interest in buying Greece’s ROSCO – Reuters, 30.09.2013
ii Germania, l’asse Berlino-Atene delle tangenti: due inchieste per corruzione – Secondo quanto riportato dalla “Süddeutsche Zeitung” due aziende avrebbero corrotto funzionari greci per la fornitura di attrezzature per sottomarini, oltre che evadere il fisco. Sulla base dei primi riscontri, sarebbero state versate a politici ellenici tangenti per circa nove milioni di euro – di Francesco De Palo, Il Fatto Quotidiano, 25 agosto 2013
iii Tsunami in Grecia, 32 politici sotto accusa per tangenti e fondi neri – Venti tra ex ministri ed ex deputati, nove attualmente in parlamento, oltre al presidente e al vicepresidente della Camera dei deputati spiccano nella lista degli indagati accanto a beni liquidi per svariati milioni di euro, registri immobiliari per ville e proprietà su tutto il territorio nazionale – di Francesco De Palo, Il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2012
Notasi anche che le tangenti di Siemens in Grecia datano addirittura dal 2004 e forse anche da ben prima, ed in modo sistematico, come ben illustrato dall’articolo “Siemens, quella ragnatela di tangenti” di M. Margiocco del 27.04.2007 su Il Sole 24 Ore : dunque, in questo contesto, sembra possibile affermare che il malcostume corruttivo greco ed il disastro attuale dello stato greco siano in qualche modo correlati a commerci con aziende tedesche di primissimo piano.
iv Germania al voto, tre bombe a orologeria sull’economia tedesca, , Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore, 19 settembre 2013
v https://scenarieconomici.it/la-pazza-idea-di-saccomanni-sulle-nuove-privatizzazioni-dautunno-ed-i-poteri-forti-quelli-veri/
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