Attualità
L’EUROPA E’ UNA BECERA DITTATURA E L’EURO LA SUA ARMA LETALE. (di A.M. Rinaldi)
Se le c.d. Istituzioni europee fossero concepite diversamente, ovvero perseguissero diversi obiettivi dagli attuali e se non ci fosse l’euro, la situazione in Europa sarebbe uguale, peggiore o addirittura migliore dell’attuale?
Cioè è stato un affare o meno per il nostro Paese, e anche per molti altri, aver partecipato a queste condizioni all’aggregazione monetaria e seguire passivamente tutte le regole provenienti da Bruxelles e Francoforte e sempre più gradite a Berlino?
Ho utilizzato il termine “passivamente” perché la conduzione europea si avvale di un sistema che di fatto ha estraniato completamente i governi e i parlamenti nazionali da qualsiasi potere autonomo decisionale, sostituendosi in toto ad essi in totale sfregio agli elementari principi sanciti dalla democrazia. I cittadini sono diventati semplicemente dei sudditi agli ordini e voleri di un sovrano dematerializzato che stabilisce ogni tipo di regola senza passare dal giudizio e dalla certificazione del consenso elettorale. Inoltre c’è da considerare che in passato il sovrano-despota poteva anche correre il rischio di lasciarci la testa, mentre questa “dematerializzazione” della figura stessa di chi detiene i poteri in ambito UE, li mette anche al riparo da questa liberatoria eventualità!
In tutto questo scenario l’euro assume il ruolo di ricatto e mezzo coercitivo per costringere i vari paesi membri a seguire fedelmente tutte le richieste necessarie affinché il sistema si autoregga e sopravviva. Tutti i meccanismi tecnici adottati sono stati finalizzati per blindare la moneta unica e costringere i vari governi nazionali, ovvero ciò che ne rimane, a rispettare le regole senza possibilità di cambiarle e qualsiasi tentativo in tal senso viene immediatamente sanzionato o con le buone o con le cattive.
Inutile ricordare che la classe politica dirigente italiana, nel lungo processo di aggregazione che ha portato alla moneta condivisa, non ha fatto realmente gli interessi del paese. Troppo distratti nel dimostrare ai partners e ai propri cittadini che l’Italia era perfettamente in grado di rispettare le regole imposte per il nuovo ordine monetario che si stava creando nel Vecchio continente invece di verificare preventivamente e puntualmente cosa sarebbe successo nel tessuto industriale e sociale italiano se si fosse perseguito un modello così diverso e distante da quello fino ad ora adottato che in ogni caso, nel bene e nel male, aveva fatto raggiungere al nostro Paese i vertici della classifica fra le nazioni più industrializzate del mondo. Questo sarebbe stato il compito di una classe politica cosciente e consapevole nel fare veramente gli interessi del Paese per potergli garantire un futuro dignitoso.
La scarsezza dello spessore politico di questi personaggi ha fatto sì che cercassero nell’Europa e nelle Istituzioni europee quella certificazione a governare che non avevano in casa. Era più facile seguire le regole preconfezionate e già belle pronte scritte fuori dalle logiche ed esigenze nazionali, che produrne delle proprie tarate e concepite per le caratteristiche strutturali interne. Come era più semplice, per fini prettamente elettorali, scaricare le responsabilità delle scelte in nome del “lo vuole l’Europa” che per autonome programmazioni e pianificazioni di politica economica interna a supporto e beneficio delle proprie aziende e per i propri cittadini.
I parlamenti nazionali pertanto sono diventati sempre più dei semplici certificatori di leggi scritte ad uso e consumo non del proprio paese, ma imposte da poteri esterni ad esclusivo appannaggio di interessi e logiche sempre più distanti dalle reali necessità di cui invece si sarebbero dovuti occupare.
Più dell’80% dell’attività legislativa dei parlamenti è rivolta infatti al recepimento di direttive europee, anche in palese contrasto con precedenti leggi nazionali e soprattutto rispetto ai dettami Costituzionali.
E’ quanto mai opportuno ricordare a gran voce che l’ordinamento comunitario rimane sempre ed in ogni caso in subordino a quello nazionale e pertanto non si comprende come alcuni paesi, ad iniziare proprio dall’Italia, siano sempre proni e ligi al recepimento di qualsiasi richiesta proveniente dall’Europa, anche quando sussistevano palesi ed evidenti elementi di contrasto di non convenienza.
Infatti tutta la rete sapientemente tesa dalle istituzioni europee, ma sarebbe più corretto chiamarla direttamente con il nome Troika, è orientata a supportare il modello macroeconomico adottato sin dall’inizio della convergenza monetaria. Questo modello prevede essenzialmente la stabilità dei prezzi, cioè il contenimento massimo dell’inflazione, e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio come unico presupposto per la crescita, tanto da pretendere per quest’ultimo l’inserimento nelle rispettive Costituzioni. Modello tanto caro all’ortodossia tedesca, ma che nella pratica ha gettato nella deflazione la maggioranza dei paesi eurodotati senza permettere loro correzioni autonome di politica economica in quanto lo strumento principe deputato a tale scopo, la moneta, non è più governato dai singoli paesi ma bensì da organismi sovranazionali.
Ad esempio basta ricordare che la nostra Costituzione, che ingloba magnificamente al suo interno una Costituzione economica, ovvero un preciso modello economico da seguire, mette al primo posto la piena occupazione e non già l’inflazione o il pareggio di bilancio. Ma sappiamo perfettamente che le forze che governano l’Europa preferiscono di gran lunga la tutela dei mercati finanziari e delle multinazionali che sono in contrasto con il perseguimento della piena occupazione in quanto non permette il contenimento dei livelli salariali.
Il Fiscal Compact è il coronamento massimo di questa visione che potrebbe funzionare al limite solo per la Germania e i suoi satelliti se fosse dotata anch’essa di moneta autonoma e sovrana, ma non certo per gli altri sistemi economici ben diversi da questa impostazione e bisognosi di politiche economiche più flessibili e disponibili a continui aggiustamenti.
Insomma il modello di conduzione europea e il governo della sua moneta hanno bisogno, per la propria sostenibilità e sopravvivenza, di sospendere sempre più le garanzie democratiche ad appannaggio dei cittadini al punto di poter affermare che attualmente in Europa siamo in presenza della più subdola e becera fra le dittature: quella economica!
Non scordiamo però che la più grande conquista dell’uomo moderno è quella di aver attribuito la Sovranità al popolo e non a delle oligarchie autoreferenziali non elette che stanno facendo tornare indietro l’orologio della Storia di secoli e secoli.
La conduzione economica dell’Europa ha spostato il baricentro che determinava l’equilibrio fra i tre pilastri della società moderna: democrazia, Stato e mercato, virando verso troppo verso regole e tutele di quest’ultimo e generando pertanto continue crisi e instabilità che hanno permesso che aree divenissero sempre più ricche e altre sempre più povere con conseguenti disastrosi cortocircuiti. Gli Stati nazionali devono essere in grado di controllare e non di subire passivamente questi processi.
In ultimo una considerazione sulla BCE: non è corretto demandare ad una pseudo Banca Centrale, in quanto la BCE non è una Banca Centrale a tutti gli effetti ad iniziare dal fatto che non esiste un sottostante Stato, l’onere di correggere le palesi distorsioni della costruzione monetaria europea. La prova di ciò è che tutte le iniziative e stimoli monetari posti in essere fino ad ora non hanno prodotto minimamente gli effetti sperati. La non possibilità di intervenire direttamente sul mercato primario dei titoli pubblici al fine di finanziare i deficit degli Stati è la conseguenza del contrasto che si produrrebbe con il modello economico stesso di riferimento su cui si fonda l’euro, cioè il pareggio di bilancio.
Tuttavia l’unica forza a nostra disposizione non è nello scendere nelle piazze, ma fare una rivoluzione culturale utilizzando l’arma fondamentale ed invincibile dello studio e della conoscenza: solo riattribuendo i giusti equilibri fra democrazia, Stato e mercato si riuscirà a dare vita ad una giustizia sociale vera e sostenibile altrimenti saremo destinati nel rimanere sudditi di un sempre più temibile sovrano-despota dematerializzato!
Antonio M. Rinaldi
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