Attualità
L’euro è disastroso anche per i paesi “virtuosi”.
Un articolo di Matt O’Brien apparso oggi sul Washington Post permette di fare piazza pulita del cavallo di battaglia dei sostenitori della moneta unica: i paesi del Sud Europa vanno male perché non fanno le riforme e la colpa non è dell’euro.
La constatazione dell’autore –vel caeco appareat – è che anche i paesi dell’euro-zona che “fanno le cose per bene” come Olanda e Finlandia vanno peggio non soltanto dei paesi che non hanno l’euro, ma perfino di paesi andati in bancarotta nel 2008.
Chi segue SE lo sa bene e gli articoli di GPG Imperatrice, Maurizio Gustinicchi, Antonio Rinaldi etc. l’hanno dimostrato da tempo. Ora pero’ assistiamo a una colossale presa di coscienza dell’establishment dell’informazione mondiale. L’euro è una costruzione dannosa per le economie dei paesi che la adottano, con la – parziale – eccezione della Germania. Non esiste più nessun economista in nessun paese che sostenga oggi che i benefici dell’euro superano i danni. Nessuno (la sfida è aperta).
Matt O’Brien si appoggia da bravo anglosassone a un esempio concreto e semplice: l’andamento del PIL di Irlanda, Olanda e Finlandia (allievi modello dell’ordoliberismo tedesco i secondi, tigre celtica la prima) a confronto con quello dell’Islanda, paese andato in default sul debito estero nel 2008 e rimasto ufficialmente in crisi fino al 31 agosto 2011 (fine del programma FMI).
Ecco il risultato:
Fatto zero il PIL 2007, Irlanda, Finlandia e Olanda sono cresciute complessivamente meno della fallita Islanda.
O’Brien usa come paese di riferimento l’Islanda per un semplice motivo, in Europa è difficile trovare un disastro peggiore. Nel 2007-08 questi erano i parametri critici islandesi (in rosso gli equivalenti greci del periodo)
- Pesante indebitamento delle famiglie islandesi a causa della bolla immobiliare e del credito facile: 249% del PIL (89% in Grecia)
- Astronomico debito estero 2008 di €50 miliardi, 720% del PIL (120% in Grecia)
Come conseguenza della crisi del 2008, nel 2009 l’Islanda affrontò questa via crucis:
- Nazionalizzazione delle tre banche maggiori
- Fallimento e haircut dell’85-90% sul debito estero
- Corona islandese svalutata del 60%
- Capitalizzazione della borsa scesa del 90%
- Recessione, con calo del PIL del 5.5% nel 2009
- Stretto controllo dei capitali, ancora parzialmente in vigore
- Congelamento degli asset esteri delle tre banche nazionalizzate
- Pesanti restrizioni su tutte le importazioni tranne cibo, medicinali e petrolio
- Inflazione salita a un picco del 18% nell’anno seguente la svalutazione del 60%
- Austerità severa, con aumento di tasse e taglio spese
- Processi e condanne per i responsabili della finanza allegra
Eppure, nonostante il disastro qui sopra di fronte al quale perfino la situazione greca pre-crisi impallidisce, l’economia dell’Islanda ha fatto meglio dei due paesi ‘virtuosi’. Qual è la differenza, la sola differenza tra Islanda e Finlandia/Olanda? Risponde Matt O’Brien: la sovranità monetaria. La possibilità per il governo di usare tutti gli strumenti di politica economica, inclusa la politica dei cambi. Nelle parole dell’autore: “L’islanda non ha l’euro. Ha la sua moneta, la corona. E per quanto possa danneggiare il popolo islandese la perdita del 60% del potere d’acquisto dei prodotti importati (…), la svalutazione ha aiutato l’economia islandese rendendo i suoi prodotti più competitivi all’estero. Questo è bastato a evitare che una brutta recessione diventasse una depressione”.
Vediamo cosa è successo invece in Finlandia:
La Finlandia aveva due industrie leader mondiali: la carta e Nokia. Come ha detto il suo primo ministro la prima è stata uccisa dall’iPad, la seconda dall’iPhone. Per il primo ministro la colpa è di di Apple. In realtà secondo O’Brien se la Finlandia avesse avuto ancora la corona si sarebbe comportata come nella crisi precedente: svalutazione della propria moneta per migliorare la competitività estera dei propri prodotti. Non potendo svalutare ha dovuto invece seguire la classica soluzione dell’austerità ‘espansiva’: tagliare i salari. Col piccolo problema che devi licenziare per convincere i lavoratori ad accettare paghe inferiori. In parallelo, per obbedire ai trattati europei, la Finlandia ha tagliato spesa pubblica. E’ la ricetta pro-ciclica degli ordoliberisti autoritari alla Monti.
Risultato: crollo della domanda interna e la crisi più lunga e profonda della storia finlandese. Grazie euro.
La conclusione di Matt O’Brien è lapidaria:
“L’euro ha un effetto opposto (a quello della corona islandese, ndr). I paesi che vanno nei guai non possono svalutare le loro monete o tagliare i tassi d’interesse e nemmeno spendere di più, e pertanto restano nei guai. Tutto quello che possono fare è tagliare i salari, tagliare la spesa, e dopo tagliare un altro po’ i salari come penitenza per una qualunque trasgressione economica che abbiano o non abbiano commesso. La camicia di forza dell’euro, in altre parole, trasforma problemi ordinari in straordinari (Finlandia) e problemi straordinari in problemi storici (Grecia). E questo succede che seguiate o no le regole.”
Esattamente quello che noi di SE ripetiamo da tempo.
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