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Analisi e studi

Le norme europee per la riduzione del debito raggiungeranno lo scopo o solo deprimeranno ulteriormente l’economia?

Un paper scientifico sulla nuova governance della UE e sui vincoli che questa viene a imporre ai paesi indebitati mette in dubbio le premesse delle politiche comunitarie con osservazioni oggettive e puntuali. Però la politica austera batte anche la scienza economica

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Le normative austere volute da Germania e Commissione Europea come riforma dei vincoli di bilancio della UE  avranno effetto nella riduzione del debito?

Secondo alcuni economisti indipendenti probabilmente no, anzi queste norme avranno un effetto negativo per i paesi europei, aumentando il cosiddetto “Output gap”, termine tecnico che viene a ingentilire il più brutale termine “Disoccupazione-Sottoccupazione”, e quindi peggiorerà le condizioni non solo dei paesi che dovranno ridurre il debito, ma questo effetto colpirà anche i paesi, come la Germania, che si ritengono “Virtuosi”, semplicemente perché non hanno investito né in infrastrutture né in servizi sociali.

Ricordiamo che la cosiddetta “Riforma della Governance economica della UE” non ha fatto altro che confermare, anche se con alcuni lievi addolcimenti, quello che era previsto precedentemente dalle normative europee: i paesi con rapporto debito/PIl superiore al 60% dovranno presentare un  cammino di rientro, ovviamente possibile solo a suon di taglio delle spese e di aumento delle  entrate per aumentare l’avanzo primario di bilancio. Il tutto quindi aggravando il peso dello stato sull’economia, impoverendo i cittadini e reprimendo la crescita economica, in un’Europa che ha già enormi problemi in proprio legati a una demografia da estinzione.

Gli autori del paper, intitolato “ Analisi della sostenibilità del debito nella riforma delle regole fiscali dell’UE: L’effetto del consolidamento fiscale sulla crescita e sui rapporti di debito pubblico” e scritto da Philipp Heimberger, Lennard Welslau, Bernhard Schütz, Sebastian Gechert, Dario Guarascio e  Francesco Zezza mettono in dubbio l’efficacia e la correttezza delle previsioni della Commissione in materia.

Partiamo dalla premessa che nelle sue valutazioni, la Commissione utilizza un moltiplicatore fiscale basso, pari a 0,75. Per dare una definizione rapida, il moltiplicatore fiscale è l’effetto che ha la spesa pubblica sul PIL e sull’economia. Un valore 1 indica che 100 di spesa pubblica vengono a causare 100 di crescita del PIL. Un effetto inferiore a 1 invece viene a indicare un effetto inferiore, mentre un valore superiore a 1 un effetto maggiore.

Un valore 0,75 è un valore estremamente basso, che sottovaluta l’effetto della spesa pubblica sull’economia, soprattutto nel medio periodo: se spendo 100 per costruire un ponte, la sua utilità proseguirà nel tempo, per cui calcolare l’effetto solo su un anno, o su pochi anni, può  portare alla sottovalutazione dell’effetto espansivo. Per fare il discorso alla tedesca, risparmiare 100 per non fare il ponte avrà un effetto di ridurre subito il debito , ma priverà l’economia di un utile per un lungo periodo, e l’utilità che verrà cancellata potrebbe essere ben superiore alla spesa.

Secondo i ricercatori la riduzione del rapporto debito/PIL secondo il percorso desiderato dalla Commissione con queste norme rischia di essere una chimera: infatti i tagli delle spese o l’aumento delle tasse può avere un effetto molto superiore rispetto a quello basato sulle ipotesi della Commissione. Qui, come esempio, vengono visti i cammini di rientro dal debito per quattro grandi stati UE, Germania, Francia Italia e Spagna, secondo le ipotesi della Commissione e secondo ipotesi alternative, più realistiche:

 

C’è il rischio reale che i rapporti debito/PIL rimangano comunque al di sopra dei numeri fissati dalla Commissione, e questo politicamente potrebbe portare a maggiori pressioni per la riduzione del debito, causando ulteriori danni all’economia.

Anche i paesi “Astuti ed austeri”; che, avendo un rapporto debito/PIL basso, pensano di avvantaggiarsi dalle sfortune e dai tagli altrui, magari attraendo le aziende di altri paesi, ne verrebbero colpiti: infatti la riduzione dei consumi nei paesi indebitati porterebbe a un effetto tracimazione nei paesi austeri, comprimendo la crescita anche dei paesi austeri.

Personalmente penso che queste politiche austere imposte con metodi degni dei piani quinquennali sovietici, siano una dei principali motivi di decadenza dell’Europa da quando è stata fondata: l’economia non è qualcosa che puoi governare con quattro algoritmi, con piani decennali, soprattutto quando parti da preconcetti sbagliati. Eppure nessun paese europeo ha avuto il coraggio di contestare questi calcoli, soprattutto perché appoggiati dalla Germania. Lo stesso paese che ora si dibatte in una crisi profonda e non sa come uscirne. 

 


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