Attualità
Le esportazioni di petrolio dall’Iran sono sempre notevoli e alimentano la sua flotta – ombra
L’Iran esporta quasi senza problemi di sanzioni il petrolio a prezzi contenuti verso la Cina, sempre affemata di oro nero. Neanche gli USA hanno molto desiderio di applicare seriamente le sanzioni
L’Iran è uno dei Paesi più sanzionati al mondo. Ma le restrizioni imposte dagli Stati Uniti non sono riuscite a frenare le esportazioni di petrolio dell’Iran, la spina dorsale della sua economia in crisi.
Le sanzioni statunitensi hanno tagliato fuori l’Iran dalla maggior parte dei suoi clienti tradizionali, costringendo Teheran a trovare nuovi acquirenti e a vendere il suo petrolio a prezzi scontati.
Ma la disponibilità della Cina ad acquistare quantità record di petrolio iraniano, la maestria di Teheran nell’eludere le tattiche delle sanzioni e la riluttanza di Washington ad applicare rigorosamente le sanzioni hanno reso inefficaci le misure statunitensi contro le esportazioni energetiche dell’Iran, dicono gli analisti.
La flotta ombra iraniana
La revoca delle sanzioni statunitensi come parte dell’accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali ha permesso all’Iran di vendere il suo petrolio a clienti in Europa e in Asia orientale. Le esportazioni di petrolio hanno raggiunto un picco nel 2018.
Ma le esportazioni sono crollate dopo che l’allora Presidente Donald Trump ha rinnegato l’accordo nucleare nel corso dello stesso anno.
Negli ultimi anni, l’Iran ha incrementato le sue vendite aggirando le sanzioni, tra cui l’utilizzo della sua “flotta ombra” di petroliere per trasportare illegalmente le spedizioni di petrolio in Cina.
La tattica prevede operazioni da nave a nave per scaricare il petrolio, intermediari, trasferimenti di denaro nascosti e il rebranding del petrolio per mascherare la sua origine iraniana e farlo sembrare proveniente da un Paese terzo.
“L’Iran sta continuamente sviluppando ed espandendo non solo la rete di intermediari e società commerciali coinvolte nella vendita del suo petrolio, ma anche la propria flotta di navi cisterna che utilizza prevalentemente per spostare il suo greggio”, ha dichiarato Nader Itayim, redattore per il Medio Oriente presso Argus Media, con sede nel Regno Unito.
Appetito cinese
La crescente domanda di petrolio iraniano in Cina è stata la chiave dell’aumento delle vendite di petrolio iraniano.
I dati di tracciamento delle navi raccolti da Argus mostrano che le esportazioni di petrolio iraniano si aggirano attualmente intorno a 1,5 milioni di barili al giorno, di cui circa l’85-90% è destinato alla Cina.
Teheran concede alla Cina un forte sconto per l’acquisto del suo petrolio vietato, togliendo fino al 15% del prezzo di ogni barile per far sì che Pechino si assuma la responsabilità di aggirare le sanzioni.
Gli sconti hanno sollevato dubbi sulla redditività a lungo termine degli affari dell’Iran con la Cina. Ma gli esperti hanno detto che Teheran ha ancora da guadagnare.
“Anche con forti sconti, la vendita di petrolio iraniano è estremamente redditizia e sostenibile”, ha dichiarato Steve Hanke, professore di economia applicata presso la Johns Hopkins University. “Questo perché il costo marginale di produzione in Iran è di circa 15 dollari o meno al barile”. Questo per il basso costo di estrazione del petrolio iraniano.
Gregory Brew, analista per l’Iran e l’energia presso l’Eurasia Group, con sede negli Stati Uniti, afferma che un tempo le sanzioni statunitensi erano efficaci per bloccare le esportazioni di petrolio verso la Cina, ma ora non è più così.
“La crescente statura della Cina come nuova potenza globale le conferisce una maggiore libertà di sfidare le sanzioni statunitensi”, ha affermato Brew. Un discorso che potremmo oggi allargare anche alla Russia.
Riluttanza ad applicare le sanzioni
Alcuni analisti hanno detto che Washington sia stata riluttante ad applicare rigorosamente le sanzioni, mentre altri sostengono che le sanzioni in generale hanno fallito.
Sono necessarie risorse per applicare le restrizioni, mentre nuovi settori dovrebbero essere sanzionati per mantenere la pressione, secondo Itayim di Argus Media.
“Altrimenti, l’obiettivo trova il modo di eludere le sanzioni, mentre allo stesso tempo l’acquirente diventa più compiacente quando vede l’applicazione delle sanzioni diminuire. Nel caso dell’Iran e della Cina, credo che abbiamo visto un po’ di entrambe le cose”, ha detto Itayim.
Gli analisti sostengono anche che Washington sia riluttante ad applicare rigorosamente le sanzioni a causa dei rischi associati alla forzatura del petrolio iraniano dal mercato mondiale.
Il governo americano teme un’applicazione stretta delle sanzioni a Iran, Russia e Venezuela, per il rischio di portare a impatti sul mercato del petrolio internazionale e ad aumento dei prezzi.
Il mese scorso il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un pacchetto di sicurezza che includeva l’Iran-China Energy Sanctions Act, dando al governo l’autorità di limitare ulteriormente le esportazioni di petrolio dell’Iran.
Ma gli esperti non sono convinti che ulteriori sanzioni avranno un impatto. In realtà vale sempre il discoro “Fatta la legge, trovato l’inganno”, per cui c’è sempre un modo per aggirarle.
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