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Economia

Le bufale economiche sugli anni 80

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La narrazione mainstream ci rifila gli anni 80 come l’epoca in cui gli italiani hanno “vissuto al di sopra delle loro possibilità” a causa – dicono – di spese pazze, ruberie e sprechi.

In questo articolo smonteremo queste chiacchere da bar, tramite un rapida analisi con dati alla mano, provenienti da fonti autorevoli e verificabili.

LE SPESE PAZZE DEI PRIVATI

“Stiamo pagando i debiti della Milano da bere” tuonano gli imbecilli. Il modo in cui staremmo pagano gli aperitivi di 30-40 fa è un mistero.

Se vuoi fare l’aperitivo ai navigli, al duomo (o dove ti pare) te lo paghi da solo, difficilmente il bar aspetterà che il conto lo paghino i tuoi nipoti.

Battute a parte, negli anni 80 gli italiani spendevano semplicemente perché potevano permetterlo. E dopo aver speso tutto quello che dovevano spendere, risparmiavano mediamente il 20% del loro reddito.

Questa tabella, presa dal rapporto annuale Banca d’Italia 2018, mostra nel rettangolo evidenziato l’andamento del risparmio delle famiglie, partendo proprio dagli anni 80.

Negli anni dal 1981 al 1990 il risparmio delle famiglie era il 20% del reddito

Nel periodo fra il 1991 al 2000 la percentuale di risparmio era del 14%; dal 2001 al 2010 le famiglie hanno risparmiato l’8% del reddito; nel 2018 è stato appena del 5,2%

Chiusa parentesi torniamo agli anni 80.

IL RISPARMIO FRA I PAESI DEL G7

L’OCSE nei suoi Economic Outlook mette a disposizione delle tabelle di comparazione fra i paesi membri. Prendiamo l’edizione numero 52 del 1992, a pagina 212 c’è la tabella del risparmio netto delle famiglie

Italia e Giappone i paesi più virtuosi, Regno Unito e USA i meno risparmiosi.

Segue grafico dei paesi del G7, con i dati di prima.

Ecco ora si dovrebbe capire meglio.

Alla fine della fiera chi accusa l’Italia anni 80 di essere stata “spendacciona” o è ignorante o è in malafede.

Andiamo avanti

INFLAZIONE E POTERE D’ACQUISTO

Come è noto il 1980 fu l’anno record dell’inflazione, il 21,2% all’indomani del secondo shock petrolifero.

Ma i salari degli italiani come erano messi? L’inflazione del 1980 è uno delle classiche argomentazioni contro chi vuole l’uscita dall’euro.

Ma queste persone tralasciano totalmente qual era la dinamica salariale, oltre al fatto che si trattò di uno shock esterno.

Dalle pubblicazioni messe a disposizione dalla Banca d’Italia, prendiamo il bollettino “Indagine sui bilanci delle famiglie italiane” inerente al 1980, a pagina 6 leggiamo:

« Il reddito annuo familiare medio è risultato pari a 12.856.000 lire, con un incremento del 28,8 per cento in termini monetari e del 7,2 per cento in termini reali, rispetto al 1979 »

Anche negli anni dell’inflazione in doppia cifra, il potere d’acquisto reale degli italiani cresceva. Ed era un trend che andava avanti da molti anni. Ma sapete a quale categoria di lavoratori il reddito cresceva di più? Continuiamo a leggere, a pag 11, dalla stessa pubblicazione:

« Nell’ultimo quinquennio il più elevato incremento medio annuo di reddito è stato goduto dalle famiglie con capofamiglia lavoratore autonomo (22 per cento), seguono quelle con capofamiglia in condizione non professionale (18 per cento) ed infine le famiglie dei lavoratori dipendenti (17 per cento). »

Sembra un film di fantascienza, ma questo è un paese realmente esistito!

PENSIONI E PENSIONATI BABY

Quante volte vediamo in televisione servizi sui baby pensionati, o comunque servizi nel tentativo di mettere vecchi contro giovani per alimentare una guerra fra poveri?

Un altro luogo comune vuole che abbiamo speso “troppi soldi” per via del fenomeno dei prepensionamenti (o baby pensionati) e che questo avrebbe dissestato le finanze pubbliche.

In questo grafico mostriamo il bilancio degli enti di previdenza dal 1980 al 1999.

I dati degli anni 80 (1980-1989) sono stati presi dall’appendice del rapporto annuale 1989 della Banca d’Italia, a pagina 134 (tavola aC14)

NB: la Banca d’Italia considerava come positivo l’indebitamento e negativo l’avanzo. Controintuitivo? Solo per chi non conosce come funzionano i bilanci pubblici.

Riporto nella prossima tabella riporto entrate e uscite degli anni 1980-89 (dati in miliardi di lire)

Per evitare confusione rifacciamo i conti dei saldi. Per saldo si intende la differenza fra entrate e uscite

Metà degli anni in attivo, l’altra metà in passivo. Ma complessivamente il saldo che otteniamo, sommando i 10 valori annui, è un attivo di oltre 6.000 miliardi di lire. Ovvero entrate maggiori delle uscite.

Chi glielo spiega questo a quelli che danno la colpa ai “vecchi demmerda”? Anche qui la realtà è l’esatto opposto dei luoghi comuni. Infatti quando l’ho scoperto non ci credevo nemmeno io.

E anche nel decennio successivo (1990-99) il bilancio si è chiuso con un largo attivo di 16.162 miliardi di lire.

La tabella degli anni 90 è questa qui, a pag 131 dell’appendice sul rapporto 1999 BdI.

La dimostrazione è lasciata al lettore (sono cattivo lo so)

Andiamo avanti

DEBITO PUBBLICO

« Il debito pubblico ha assunto dimensioni catastrofiche: 900 mila miliardi di lire. E ora è pressocchè uguale al prodotto nazionale lordo, cioè alla ricchezza prodotta in un anno dall’Italia. Entro 21 anni questo rapporto si raddoppierà ed entro 32 si triplicherà. Ma è possibile che lo Stato possa indebitarsi senza limite? »

Questo articolo di Repubblica “rapporto sull’emergenza debito” è datato 11 settembre 1988, ma siamo ancora vivi e vegeti. A distanza di 32 anni i mantra sono sempre gli stessi.

C’è chi dice che la colpa è delle ruberie di Craxi o della spesa clientelare della Democrazia Cristiana, ma chi conosce la macroeconomia sa bene che le attività illecite e/o immorali non tolgono nulla alle tasche dei cittadini.

I motivi che abbiamo visto prima sono tutti falsi, dati alla mano. Mentre il reale motivo dell’aumento del debito pubblico fu la crescita esagerata della spesa per interessi sul debito pubblico, segue un grafico interessantissimo (fonte rapporto BdI sul 1996, pag 151)

Soprattutto dopo il divorzio tra Banca d’Italia e ministero del Tesoro (1981), si è avuto un grande aumento della spesa per interessi.

Adesso vediamo anche qualche dato più preciso.

Segue tabella dal rapporto BdI sul 92 (pag 131)

Nel 1983 la spesa complessiva valeva il 50,5% del PIL, di cui il 7,6% di interessi. Nel 1992 la spesa complessiva era il 55,9% del PIL, di cui l’11% di interessi. Vediamo l’andamento della spesa primaria, cioè al netto degli interessi, nello stesso arco temporale

Dal 1983 al 1989 rimane bene o male stabile al 43%, a crescere come vedete è stata la spesa per interessi, soldi dati in pasto al mondo della finanza speculativa.

Concludo l’argomento con il rapporto debito/PIL. L’articolo di repubblica da cui siamo partiti, commentava questo dossier del Ministero del Tesoro intitolato “il debito pubblico in Italia 1861-1987“.

Al capitolo 4.2 – pagina 99 – leggiamo:

« Non é possibile stabilire “a priori” un valore critico del rapporto Debito/PIL oltre il quale l’accumularsi del Debito Pubblico non è più sostenibile »

E pochi anni dopo arrivò il trattato di Maastricht col “dogmatico” parametro del 60%…

LO SPREAD ANNI 80

“Campioni del mondo di spread”, così titola un articolo del sole 24 ore, pubblicato il 18 giugno 2018 che afferma:

« In quell’incredibile 1982 l’Italia però conquistò un altro primato, assai meno magico, passato mestamente sotto silenzio: quello dello spread. Quell’anno la forbice tra i rendimenti dei nostri BTp decennali e i Bund federali tedeschi osò innalzarsi su altitudini stratosferiche: 1175 punti base. »

Verifichiamo quanti BTP decennali emettevamo nel 1982, attraverso l’archivio del dipartimento del Tesoro

Nella riga evidenziata l’anno 1982: gli unici BTP emessi erano i biennali. Mentre la colonna dei BTP decennali risulta vuota per tutti gli anni ’80.

Corretto invece il dato sul 1992, in quanto i BTP decennali esistevano, per un valore di 31.500 miliardi di lire; il motivo dell’elevato rendimento era per la difesa della lira nello SME, ma questa è un’altra storia.

CONSIDERAZIONI SULLA DISINFORMAZIONE IN ECONOMIA

Complimenti a chi ha riempito di scemenze la testa degli italiani, a cui bastava una veloce verifica per smentirle.

Mi rendo anche conto che in pochi controllano i rapporti dell’OCSE o della Banca d’Italia, nonostante siano tutti pubblicamente a disposizione.

Un’ultima considerazione: l’ascesa del neoliberismo comincia proprio negli anni 80, che ha trovato terreno tertile nell’ignoranza macroeconomica delle persone.

Ignoranti semplicemente perché questi temi non vengono spiegati sui grandi media, ma che invece ripetono a reti unificate i dogmi della “religione” neoliberista.

Abbiamo ancora un lungo lavoro di informazione da fare, visto che si tratta di un processo iniziato almeno 40 anni fa. L’emergenza coronavirus sembra averci semplificato molto il lavoro.

FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/le-bufale-economiche-sugli-anni-80


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