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Energia

Le Alpi nascondono un Tesoro di Idrogeno Bianco?

Le Alpi e i Pirenei contengono un grande tesoro energetico, sotto forma di idrogeno. Forse si, ma ci sono delle sfide e dei problemi. La “Serpentinizzazione” analizzata in uno studio scientifico

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La ricerca di fonti energetiche pulite è una delle sfide più grandi del nostro tempo. Mentre pensiamo al sole, al vento e all’acqua, una nuova, sorprendente possibilità sta emergendo dalle profondità della Terra: l’idrogeno naturale, noto anche come “idrogeno bianco“. E indovina un po’? Le nostre montagne, in particolare catene come le Alpi e i Pirenei, potrebbero essere luoghi privilegiati per la sua formazione. Qual è il processo di generazione? Quanta ricchezza si nasconde sotto le montagne? Si tratta di una risorsa effettivamente sfruttabile?

Una ricerca pubblicata su Science.org e condotto da un gruppo di scienziati dell’università di Strasburgo cerca di valutare questa grande ricchezza.

Le regioni alpine, che potrebbero contenere il grande tesoro d’idrogeno

Cos’è l’Idrogeno Bianco e Come si Forma?

A differenza dell’idrogeno “grigio” (prodotto da combustibili fossili) o “verde” (prodotto con energie rinnovabili), l’idrogeno bianco si forma naturalmente nel sottosuolo. Uno dei processi principali è chiamato serpentinizzazione: un processo che parte dalle rocce del mantello terrestre, solitamente molto profonde, ricche di minerali specifici (chiamati olivina e pirosseni).

Quando queste rocce vengono spinte verso l’alto ed entrano in contatto con l’acqua in determinate condizioni di temperatura e pressione, avviene una reazione chimica. Questa reazione trasforma i minerali originali in altri (chiamati serpentini, da cui il nome) e, come “effetto collaterale”, libera idrogeno gassoso (H₂).

Il processo di serpentinizzazione che libera H2

La temperatura ideale per una produzione efficiente di idrogeno tramite serpentinizzazione è compresa all’incirca tra i 200°C e i 350°C. Troppo freddo e la reazione è lenta; troppo caldo e le condizioni cambiano.

Perché Proprio Sotto le Montagne? La Storia delle “Rift-Inversion Orogens”

Le Alpi, i Pirenei e altre catene montuose simili non sono sempre state lì. Molte di esse si sono formate in un processo a due tempi:

  1. Rifting (Frattura): Milioni di anni fa, la crosta terrestre in queste aree si è stirata e assottigliata, creando profonde valli o addirittura piccoli bacini oceanici (come una sorta di “ferita” nella crosta). Questo processo può portare le rocce del mantello più vicine alla superficie.
  2. Inversione e Orogenesi (Formazione delle Montagne): Successivamente, le forze tettoniche hanno invertito la direzione, iniziando a comprimere queste aree. La vecchia “ferita” si è richiusa, la crosta si è accartocciata e sollevata, formando le catene montuose che vediamo oggi. Questo è ciò che gli scienziati chiamano “orogenesi da inversione di rift”.

    Il processo di Riftin e inversione che pemetta la serpientinizzazione e la produzione di idrogeno

Questo processo di “inversione” è cruciale per l’idrogeno:

  • Rocce Giuste al Posto Giusto: Le rocce del mantello, portate più in superficie durante il rifting, vengono coinvolte nella formazione della montagna.
  • Temperatura Ideale: Durante la formazione delle montagne (orogenesi), queste rocce del mantello si trovano spesso proprio nella “finestra di temperatura” ideale (200-350°C) per la serpentinizzazione. Le montagne sono ambienti geologicamente “più freddi” rispetto alle zone di rifting attivo o ai fondali oceanici, il che significa che questa finestra di temperatura ideale è più ampia e si trova a profondità più accessibili.
  • Acqua Sotterranea: La compressione crea enormi faglie (fratture nelle rocce) che possono agire come condotti, permettendo all’acqua (piovana che si infiltra in profondità o acqua rilasciata da processi geologici) di raggiungere le rocce del mantello e innescare la reazione.
  • Produzione Potenziata: Secondo modelli computerizzati, la quantità di idrogeno che potrebbe essere generata durante la fase di formazione della montagna (inversione) potrebbe essere fino a 20 volte superiore rispetto a quella generata durante la fase iniziale di rifting!

Lac Gentau sui Pirenei francesi, un’altra catena montuosa che, come le Alpi, potrrebbe contenere un tesoro di idrogeno bianco

Un “Sistema Idrogeno” nelle Montagne

Perché l’idrogeno sia sfruttabile, non basta che si formi. Deve accumularsi, un po’ come il petrolio o il gas naturale, altrimenti questo gas leggerissimo viene a disperdersi nell’atmosfera.. Serve un “sistema”:

  1. La Cucina (Source Rock): Le rocce del mantello nella giusta finestra di temperatura che subiscono serpentinizzazione.
  2. Le Vie di Fuga (Migration Pathways): Le faglie che permettono all’idrogeno, che è leggerissimo, di risalire.
  3. Il Serbatoio (Reservoir): Rocce porose (come arenarie o ghiaie) dove l’idrogeno può accumularsi. Queste rocce si formano spesso nei bacini sedimentari intrappolati durante la formazione delle montagne.
  4. Il Tappo (Seal): Strati di roccia impermeabile (come argille o evaporiti, tipo il sale) che impediscono all’idrogeno di disperdersi. Anche questi strati sono comuni nelle sequenze rocciose coinvolte nelle montagne.

Le montagne formatesi per inversione sembrano offrire tutte queste condizioni: la generazione di idrogeno avviene proprio quando e dove rocce serbatoio e rocce sigillo vengono a trovarsi nella posizione giusta per intrappolarlo.

L’unico pozzo attivo d’estrazione dell’idrogene, nel Mali

È Sfruttabile? Potenzialità e Problemi

Le potenzialità sono enormi. Lo studio cita l’esempio del Bacino di Mauléon nei Pirenei occidentali, dove si stima che la quantità di idrogeno generata ogni anno potrebbe, in teoria, coprire il fabbisogno energetico di una città come Tolosa. Ci sono già indizi di generazione di idrogeno in corso nei Pirenei e nei Balcani, e prove “fossili” (segni di antiche reazioni) nelle Alpi.

Tuttavia, ci sono diverse problemi da risolvere prima di sfruttare questo idrogeno:

  1. Accesso all’Acqua: La serpentinizzazione richiede un flusso costante d’acqua. Se le faglie si sigillano o il flusso d’acqua si interrompe, la produzione di idrogeno si ferma. Questa valutazione non è semplice.
  2. Intrappolamento Efficace: Trovare la combinazione perfetta di serbatoio e sigillo non è scontato. In passato l’idrogeno può essersi formato, ma disperso.
  3. Preservazione: L’idrogeno è molto reattivo. Può essere consumato da microbi presenti nel sottosuolo (soprattutto a temperature inferiori ai 120°C circa) o reagire chimicamente con altre sostanze, trasformandosi ad esempio in metano, reagendo con il carbonio. Idealmente, i giacimenti dovrebbero trovarsi a profondità dove la temperatura è superiore a questa “soglia biotica”, cioè dove i batteri non siano potuti intervenire.
  4. Esplorazione: Siamo agli inizi. Come per il petrolio 150 anni fa, dobbiamo sviluppare tecniche specifiche per individuare e valutare i giacimenti di idrogeno naturale. Non sappiamo ancora esattamente dove cercare e come estrarlo al meglio. Un’opzione potrebbe essere perforare direttamente nella “cucina” di idrogeno e stimolare la roccia per aumentare la produzione.
  5. Complessità Geologica: Ogni catena montuosa ha una storia unica e complessa. I modelli generali sono utili, ma l’esplorazione richiederà studi dettagliati caso per caso.

Ptenzialità, ma tutte da esplorare e comprendere

L’idea che sotto le nostre montagne possano nascondersi vaste riserve di idrogeno naturale è affascinante e promettente. Sebbene le sfide siano reali e la ricerca sia ancora in una fase iniziale, lo studio scientifico conferma che le condizioni geologiche presenti in catene montuose come le Alpi e i Pirenei sono particolarmente favorevoli.

C’è però tutto un processo d’apprendimento da compiere. Sappiamo ancora troppo poco della condizioni che permettono il suo accumulo. Volendo vare un’allegoria, abbiamo la mappa del tesoro, ma per ora non una X che indichi dove scavare.


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