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Energia

L’ascesa del Medio Oriente nel mercato globale della raffinazione cambia i prezzi dei carburanti. In quale modo?

Da semplici esportatori di greggio a protagonisti globali: i Paesi del Golfo rivoluzionano il mercato con nuove strategie di raffinazione e pricing, sfidando i benchmark storici.

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A partire dagli anni ’50, il Medio Oriente si è affermato come la regione più prolifica al mondo nella produzione di petrolio, rappresentando in genere un terzo della produzione globale. Le crisi petrolifere del 1973-74 e 1978-80 hanno stimolato la crescita della produzione petrolifera mediorientale e avviato il passaggio del controllo del mercato dalle multinazionali alle compagnie petrolifere nazionali all’interno dei Paesi dell’OPEC. Tuttavia, all’epoca la regione esportava la maggior parte del suo petrolio in forma grezza e aveva una capacità di raffinazione limitata.

Negli ultimi anni, però, questo scenario è cambiato: la regione del Golfo ha aumentato la sua capacità di raffinazione di un terzo dal 2017, raggiungendo 10,5 milioni di barili al giorno, poiché i Paesi del CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo) mirano a ottenere un maggiore valore dalle loro risorse di combustibili fossili. Ciò ha consentito alla regione di aumentare significativamente la produzione di benzina, passando da 1,7 milioni a quasi 2,4 milioni di barili al giorno, e di raddoppiare le sue esportazioni di benzina a 654.000 barili al giorno.

Il forte aumento della capacità di raffinazione ha però creato un dilemma sui prezzi, in quanto i prodotti petroliferi mediorientali raggiungono ora un mercato molto più ampio. Storicamente, la regione del Golfo utilizzava i valori del mercato di Singapore per prezzare la propria benzina, aggiustati per i costi di trasporto. Questo aveva senso quando Singapore era il principale acquirente di benzina dal basso Medio Oriente. Oggi, tuttavia, Singapore acquista solo il 7% delle esportazioni di benzina della regione, con Pakistan, Stati Uniti, Australia, Mar Rosso e la costa orientale dell’Africa che sono diventati i principali acquirenti dei prodotti petroliferi del Golfo.

Questa situazione ha costretto gli stati del Golfo ad adottare un nuovo meccanismo di prezzo, denominato “MEBOB”, progettato per catturare le dinamiche del mercato locale. Il nuovo meccanismo si allinea con l‘EBOB europeo e l’RBOB degli Stati Uniti. L’EBOB si riferisce al benchmark di Argus Eurobob per i prezzi della benzina, una valutazione chiave nel mercato della benzina del Nord-Ovest europeo, utilizzata nei contratti di fornitura, nei prodotti finanziari e nei contratti futures. Funge da punto di riferimento per l’economia della produzione di benzina dal petrolio greggio, nota come “EBOB crack”.

Il prezzo è pubblicato da Argus Media ed è utilizzato da raffinerie, trader, fornitori di logistica, analisti e governi. L’RBOB si riferisce invece al Reformulated Blendstock for Oxygenate Blending, una miscela di benzina scambiata come contratto futures sul NYMEX (New York Mercantile Exchange) del CME Group. È l’ingrediente principale per produrre benzina riformulata (RFG) quando miscelato con etanolo ed è un benchmark chiave per gli investitori che speculano sui mercati dell’energia e sul prezzo dei prodotti raffinati.

Raffineria negli emirati

Nel frattempo, i singoli Paesi del CCG stanno trovando modi innovativi per monetizzare le loro risorse di idrocarburi. Quattro anni fa, gli Emirati Arabi Uniti hanno aperto il commercio del loro greggio Murban per competere con i greggi Brent e WTI. Abu Dhabi ha lanciato il contratto futures sul greggio Murban, un benchmark rivale per il trading di greggio mediorientale. Il contratto è scambiato sulla nuova borsa petrolifera ICE Futures Abu Dhabi (IFAD). I partner di IFAD includono BP Plc, PetroChina, Total, la giapponese Eneos Holdings, Vitol, Inpex, la thailandese PTT Plc e la sudcoreana GS Caltex. Murban è un greggio leggero e dolce con un contenuto di zolfo dello 0,78% e una gravità API di 39,9 gradi.

Il greggio Murban viene inviato a Fujairah tramite un oleodotto, in particolare quello della ADNOC (Abu Dhabi National Oil Company), che trasporta il greggio dai giacimenti petroliferi di Habshan e dal deposito di Jebel Dhanna a Fujairah, fornendo una rotta di esportazione al di fuori dello Stretto di Hormuz. Questo oleodotto, noto anche come Abu Dhabi Crude Oil Pipeline (ADCOP), consente la consegna fisica del greggio Murban per l’esportazione.

ADNOC sta anche costruendo a Fujairah un enorme deposito di stoccaggio sotterraneo di petrolio, definito il più grande del suo genere, con una capacità di 42 milioni di barili distribuiti su tre caverne. Il progetto da 1,2 miliardi di dollari è stato affidato alla sudcoreana SK Engineering and Construction e la sua entrata in funzione era prevista per il 2023, ma la pandemia ha ritardato i tempi.

Il trading dei futures Murban ha avuto un’impennata nel 2024, battendo record trimestre dopo trimestre. Solo nel secondo trimestre, i volumi hanno raggiunto 1,5 miliardi di barili, più del doppio del ritmo registrato all’inizio dell’anno. Giugno ha stabilito nuovi massimi, con una media di 31 milioni di barili scambiati al giorno e un picco in una singola giornata di 57.300 contratti, ovvero 57,3 milioni di barili. L’impennata dimostra che Murban non è più un greggio di nicchia del Golfo, ma sta diventando un benchmark di riferimento con una reale rilevanza globale.

Il greggio Murban è stato scambiato a un premio rispetto al Brent, con il prezzo attuale di 70,72 dollari al barile contro i 67,75 dollari al barile per il Brent. Solo tre qualità OPEC scambiano a un prezzo superiore, tra cui l’Arab Light dell’Arabia Saudita (72,33 dollari al barile), il Bonny Light della Nigeria (78,62 dollari/barile) e il Girassol dell’Angola (79,56 dollari/barile). Un ottimo risultato per il petrolio mediorientale.

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