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La trappola di Trump per le banche europee: come Basilea III diventa un’arma competitiva
Gli USA vogliono cambiare le regole di Basilea per colpire le grandi banche europee. Un aumento miliardario dei requisiti di capitale che avvantaggerebbe Wall Street a scapito di istituti come BNP, Unicredit e Santander.

Una mossa che sa di protezionismo, un colpo mirato al cuore del sistema bancario europeo. L’amministrazione americana di Donald Trump sembra intenzionata a sferrare un attacco normativo che potrebbe costare miliardi ai maggiori istituti di credito del Vecchio Continente. Come? Semplicemente chiedendo la modifica di una regola, apparentemente tecnica, degli accordi di Basilea, trasformandola in una vera e propria arma di concorrenza sleale.
Dal 2022, per il calcolo dei requisiti patrimoniali, l’Unione Europea viene considerata un’area unica, un singolo “Paese”. Questo principio è fondamentale per le grandi banche paneuropee, poiché consente loro di limitare il calcolo delle attività ponderate per il rischio (RWA) e, di conseguenza, di mantenere più bassi i buffer di capitale obbligatori.
Gli Stati Uniti, però, ora vogliono rompere questo “incantesimo”. L’iniziativa, già in discussione presso il Comitato di Basilea, si basa su un’idea semplice: l’UE non è un mercato unico e omogeneo, ma un insieme di Paesi diversi. Pertanto, le attività di una banca francese in Italia o in Germania dovrebbero essere considerate “transfrontaliere”, quindi intrinsecamente più rischiose.
L’Impatto in cifre: una stangata annunciata
Se la Fed dovesse considerare l’Europa nuovamente frammentata, l’aumento dei requisiti patrimoniali per diverse banche europee sarebbe automatico e pesante. Un esempio su tutti è quello di BNP Paribas, la più esposta per via della sua capillare presenza nel continente.
Secondo le stime di Bloomberg, la banca francese vedrebbe il suo requisito patrimoniale aggiuntivo aumentare di 50 punti base. Tradotto in soldoni, si tratta di circa 3,2 miliardi di euro di capitale in più che le filiali di BNP dovrebbero accantonare solo per poter continuare a operare negli Stati Uniti.
Ma la lista delle vittime non si ferma qui. Anche altri colossi europei sarebbero colpiti duramente. Ecco una stima dell’impatto potenziale:
- Santander: +3,1 miliardi di euro
- Deutsche Bank: +1,8 miliardi di euro
- ING: +1,7 miliardi di euro
- Intesa Sanpaolo: +1,5 miliardi di euro
Anche Unicredit e Société Générale finirebbero nel mirino, subendo un chiaro svantaggio competitivo.
Il doppio gioco americano: regole dure per gli altri, flessibili per sé
La mossa americana appare ancora più strategica se si considera il contesto interno. Mentre si progetta di imbrigliare i concorrenti europei, l’amministrazione Trump sta lavorando attivamente per allentare i requisiti patrimoniali per le proprie banche. L’obiettivo, esplicitato dalla vicepresidente per la supervisione della Fed, Michelle Bowman, è quello di ridurre il rapporto patrimoniale dall’attuale 5% a una forchetta tra il 3,5% e il 4,5%.
Il motivo è squisitamenteespansivo, anche se applicato in modo unilaterale: con requisiti più bassi, le banche americane hanno più capitale libero da impiegare per erogare credito a imprese e famiglie, stimolando così l’economia interna. Secondo l’Economic Policy Innovation Center, la sola non implementazione delle nuove normative di Basilea potrebbe far crescere il PIL statunitense dell’1,8%. Un vantaggio enorme, ottenuto a scapito della stabilità altrui.
Il dilemma di Francoforte
Questa strategia mette la Banca Centrale Europea in una posizione a dir poco scomoda. L’Europa si trova di fronte a un “dilemma del prigioniero”, come lo ha definito Commerzbank:
- Mantenere le regole attuali: Accettando così che le proprie banche subiscano un grave handicap competitivo rispetto a quelle americane. Questo aprirebbe le porte all’entrata delle banche americane, in modo espansivo ed invadente, sui mercati europei. Ricordiamo che a settembre è giunta la notizia dell’entrata JP Morgan Chase sul mercato bancario retail tedesco.
- Seguire gli USA: Avviare una “corsa al ribasso” nella regolamentazione, allentando i buffer di capitale anche in Europa per non perdere terreno. Una scelta che, come avverte l’esperto Felipe Sánchez Coll, potrebbe rivelarsi molto pericolosa in caso di una nuova crisi finanziaria, quasi dimenticando la lezione del 2008.
In definitiva, non siamo di fronte a una semplice discussione tecnica tra regolatori. Siamo di fronte a una mossa di politica economica aggressiva, che usa le norme di Basilea come un grimaldello per scardinare la competitività del sistema bancario europeo e favorire Wall Street. Un gioco pericoloso che l’Europa non può permettersi di subire passivamente.
Domande e Risposte per i Lettori
1. Perché gli Stati Uniti vogliono cambiare proprio questa regola di Basilea?
La mossa è primariamente strategica e competitiva. Considerando ogni Paese UE come un’entità separata, le operazioni delle grandi banche europee (come BNP Paribas o Santander) diventano “transfrontaliere” e quindi più rischiose sulla carta. Questo obbliga le banche europee ad accantonare più capitale, riducendo la loro capacità di prestito e di competere con le banche americane. Allo stesso tempo, l’amministrazione Trump sta allentando le stesse regole per le banche USA, creando un doppio vantaggio per Wall Street: indebolisce i rivali e rafforza i propri campioni nazionali.
2. Quali sono i rischi se anche l’Europa decidesse di allentare le regole per le sue banche?
Se la BCE rispondesse allentando a sua volta i requisiti di capitale, si innescherebbe una “corsa al ribasso” normativa. Questo significa che le banche, sia europee che americane, opererebbero con meno “cuscinetti” di sicurezza. Sebbene nel breve termine ciò possa stimolare l’economia aumentando il credito, nel lungo periodo renderebbe l’intero sistema finanziario globale più fragile e vulnerabile a shock improvvisi. In pratica, si tornerebbe a creare le condizioni di rischio che portarono alla grande crisi finanziaria del 2008.
3. Che cos’è in parole semplici l’accordo di Basilea III?
Basilea III è un insieme di regole bancarie internazionali nate dopo la crisi finanziaria del 2008. Il suo scopo principale è rafforzare il settore bancario per evitare futuri crolli. Lo fa imponendo alle banche di avere più capitale proprio (di qualità migliore) e maggiori riserve di liquidità. In questo modo, in caso di perdite inattese o di una crisi, le banche possono assorbire meglio lo shock senza fallire e senza dover ricorrere a salvataggi con denaro pubblico. È, in sostanza, una “polizza assicurativa” per la stabilità finanziaria globale.

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