Energia
La svolta clamorosa: trasformare le scorie nucleari in carburante per la fusione, il “Sacro Graal” dell’Energia
Un tesoro da 33 milioni di dollari al chilo nascosto nei rifiuti più pericolosi del pianeta: la clamorosa scoperta che trasforma le scorie nucleari in oro energetico.

Un gruppo di scienziati negli Stati Uniti sta sviluppando un metodo rivoluzionario che potrebbe risolvere due dei più grandi problemi energetici del nostro tempo: lo smaltimento delle scorie nucleari e la produzione di combustibile per la fusione nucleare. L’idea è quella di riciclare i rifiuti radioattivi per creare trizio, un ingrediente rarissimo e fondamentale per alimentare le future centrali a fusione, la stessa fonte di energia che alimenta le stelle.
La fusione nucleare è il processo che unisce due atomi per sprigionare un’enorme quantità di calore, in grado di azionare generatori e produrre grandi quantità di elettricità quasi a emissioni zero. In teoria, è considerata una delle forme di energia più pulite e potenti a disposizione dell’umanità.
Attualmente, le centrali nucleari si basano sulla fissione, un processo che divide gli atomi per generare energia ma che produce anche una grande quantità di scorie radioattive, pericolose per migliaia di anni. La fusione, al contrario, produrrebbe una quantità minima di rifiuti radioattivi a vita breve, rappresentando una soluzione molto più sostenibile.
Il problema? Per avviare la fusione è necessaria la combinazione di due isotopi dell’idrogeno: il deuterio e il trizio. Mentre il deuterio è abbondante e facile da reperire, il trizio è estremamente scarso e costoso.
“Al momento, il valore commerciale del trizio è di circa $33 milioni al chilogrammo, e gli Stati Uniti non hanno alcuna capacità interna per produrlo”, spiega Terence Tarnowsky, fisico del Los Alamos National Laboratory (LANL).
Produrre trizio dalle scorie: una soluzione inattesa
Il trizio si trova in natura solo in tracce nell’alta atmosfera, e i principali produttori commerciali sono i reattori tipo CANDU. Secondo Tarnowsky, l’inventario totale di trizio sul pianeta è di soli 25 chilogrammi (con un margine di errore di 14 kg). Una quantità che, per quanto piccola, sarebbe sufficiente ad alimentare più di 500.000 abitazioni per sei mesi.
Nel frattempo, gli Stati Uniti (e il mondo intero) accumulano migliaia di tonnellate di scorie nucleari, il cui stoccaggio sicuro è complesso e molto costoso. Da qui l’intuizione degli scienziati: perché non usare questi materiali ancora radioattivi per generare il preziosissimo trizio?
Come funzionerebbe il processo?
Tarnowsky ha condotto una serie di simulazioni al computer per valutare la fattibilità del progetto. Il sistema ipotizzato utilizza un acceleratore di particelle per innescare reazioni di scissione atomica all’interno delle scorie nucleari.
Quando gli atomi nelle scorie si dividono, rilasciano neutroni. Questi neutroni, attraverso una serie di transizioni nucleari successive, portano alla produzione di trizio. Un vantaggio cruciale di questo metodo è la sicurezza: a differenza delle reazioni a catena di una centrale a fissione tradizionale, il processo guidato dall’acceleratore può essere acceso e spento a piacimento, offrendo un controllo totale.
Secondo le stime, un sistema teorico di questo tipo, operante con 1 GW di energia, potrebbe produrre circa 2 chilogrammi di trizio all’anno. Questo rendimento sarebbe oltre 10 volte superiore a quello di un reattore a fusione della stessa potenza termica.
Il prossimo passo sarà calcolare il costo esatto di produzione e affinare ulteriormente le simulazioni per garantire l’efficienza e la sicurezza del progetto.
“Le transizioni energetiche sono un’impresa costosa, e ogni volta che possiamo renderle più semplici, dovremmo provarci”, afferma Tarnowsky.
Mentre numerose aziende in tutto il mondo sono impegnate nella corsa per costruire la prima centrale a fusione commerciale, questa ricerca, se dovesse concretizzarsi, potrebbe fornire il carburante necessario per alimentare il futuro dell’energia pulita, trasformando un problema costoso e pericoloso in una risorsa strategica.
La ricerca, finanziata dal Los Alamos National Laboratory e dalla National Nuclear Security Administration, sarà presentata ufficialmente al meeting autunnale dell’American Chemical Society (ACS).
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