Seguici su

Attualità

La resa alla corruzione si consuma con il verbo del “meno stato”

Pubblicato

il

images567

Secondo i luoghi comuni del campanaccio mediatico l’unica via per combattere la corruzione è quella di arrendersi ad essa. Ovviamente non ce la raccontano proprio così, ma i fatti sono esattamente questi. Lo posso argomentare con estrema facilità.

I continui scandali che provano la costante commistione tra politica ed interessi privati nel settore pubblico fanno dire a gran voce che l’unica soluzione per eliminarla alla radice è ridurre la macchina statale privatizzando ogni settore economico. Ovvero l’idea di fondo è questa: “se lo stato sparisce con esso sparirà anche la corruzione ed allora cresceremo”.

Fermo restando che una simile idea è completamente contraria alle più elementari logiche di contabilità pubblica (ridurre la spesa pubblica, anche quella brutta e cattiva, ci impoverisce sic et simpliciter – su questo ho già detto e vi rinvio ad appostato link – clicca qui) è semplice rilevare che tale operazione non può essere la soluzione del problema.

Che cos’è la corruzione? Che piaccia o no va chiamata con il suo nome. È semplicemente un contratto (illecito) tra un amministratore pubblico (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) ed un privato. Banalizzando il privato, per ottenere un vantaggio di qualsiasi genere, offre all’amministratore denaro o altre utilità. Tecnicamente se è il pubblico amministratore a forzare lo scambio si parlerà di concussione. Quando invece lo scambio è proposto dal privato si dovrà parlare propriamente di corruzione ed il privato stesso ne risponderà con il pubblico ufficiale.

Ebbene secondo voi il malaffare si smantella dando definitivamente ai privati la gestione di tutte le fattispecie economiche di pubblico interesse? Questa non è una battaglia al malaffare ma una resa incondizionata ad esso!

Il privato, infatti, una volta che controlla settori pubblici essenziali. potrebbe fare tutto ciò che ritiene nel nome del profitto e del suo interesse personale. Se un privato da, ad esempio, in sub-appalto beni o servizi in cambio di un lauto regalo da parte di una società da esso avvantaggiata non si è in presenza di una condotta costituente reato. Se fattureranno il pagamento neppure ci saranno problemi fiscali. Questo non lo sapevate vero? Ora lo sapete. Se lo facesse un dipendente di un’azienda privata, al massimo, se l’azienda lo volesse, potrebbe licenziarlo. Tuttavia perché mai dovrebbe farlo se, con il suo rapporto speciale con un terzo, il dirigente ha portato un vantaggio patrimoniale alla società?

Ribadiamolo: corruzione e concussione sono punibili unicamente se una delle parti che fa parte dell’illecito accordo è un pubblico ufficiale. In caso contrario i privati sono liberi di fare ciò che ritengono e la promessa di vantaggi per una preferenza di qualsiasi tipo non è reato. Tra privati non è reato ad esempio assumere una dipendente perché disposta ad accontentare determinati appetiti. Se la scelta è volontaria e non c’è costrizione non si è di fronte ad alcuna fattispecie penalmente sanzionabile. Vi potrei raccontare persino di casi simili trattati sotto il profilo professionale. Rientrare, in questi situazioni, nell’ambito del tentativo di violenza sessuale è assai arduo. Anche non arrivando a tali amorali fattispecie posso farvi esempi più “accettabili”. Se ho bisogno di una segretaria per lo studio niente mi vieta di assumere un’amica di famiglia disoccupata a scapito di altre persone magari più qualificate. Il privato ha un insindacabile arbitrio. Ecco perché il privato non può gestire per definizione interessi pubblici.

In sostanza una volta che i privati avranno il monopolio dei settori pubblici essenziali del paese la corruzione avrà definitivamente vinto, saranno i loro capricci (magari anche i loro appetiti sessuali) a determinare il successivo sviluppo economico. I singoli faranno unicamente i propri interessi a scapito della collettività.

Che si deve dire ancora per farvi comprendere la verità? Puniamo severamente i corrotti ma non smantelliamo il pubblico interesse nel nome di teoremi culturali palesemente sconclusionati. Cancellare lo stato per combattere la corruzione è come combattere la criminalità nelle strade introducendo il coprifuoco per i cittadini onesti anziché arrestando i delinquenti… Semplicemente folle.

Vi allego infine le norme del codice penale in oggetto che inequivocabilmente vi ricordano che la corruzione tra privati non è sanzionata:

Art. 318 c.p. (Corruzione per un atto d’ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.

Art. 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.
La pena è aumentata (art. 319-bis c.p.) se il fatto di cui all’art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.

Art. 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari) Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 c.p. sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

Art. 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) Le disposizioni dell’art. 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all’art. 318 c.p. si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.

Art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’art. 319, nell’art. 319-bis, nell’articolo 319-ter e nell’art. 320 c.p. in relazione alle suddette ipotesi degli artt. 318 e 319 c.p., si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità.

Ovviamente lo stesso dicasi per la concussione:

Art. 317 c.p. Il pubblico ufficiale, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Siete ancora convinti che l’interesse pubblico si persegue con meno stato?

 

www.studiolegalemarcomori.it


Telegram
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

⇒ Iscrivetevi subito