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La povertà in Germania: Il fallimento dello Stato sociale (di Viola Ferrante)

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Ieri (2.aprile 2019) la Fondazione Bertelsmann, uno dei più influenti think tank neoliberali del paese, ha reso noto il suo studio sulla povertà in Germania, la nazione più ricca dell’UE. I suoi risultati sono stati rilanciati e commentati dai media più importanti del paese per la rilevanza delle sue conclusioni che sembra aver colto alla sprovvista lo story telling delle riforme e delle politiche efficaci che il governo ha attuato e continua ad attuare (come sono previste anche nella proposta del nuovo DEF 2019) nel promuovere i successi economici e politici interni ed esteri del colosso tedesco.

Ne esce un quadro allarmante. La povertà è un fenomeno che riguarda soprattutto i grandi centri urbani. Mentre in Germania il 10% delle persone riceve sussidi sociali, nelle grandi città riguarda il 14%. Tra le città in cui la povertà è aumentata in modo particolarmente forte, lo studio elenca tutte e 13 le principali città della Ruhr, una regione che per 150 anni ha vissuto di estrazione di carbone, industria mineraria e siderurgica. La regione è entrata in crisi con i mutamenti industriali ed economici strutturali a cui la politica ha tentato di dare le risposte concentrando le sue scelte verso i servizi, la formazione e la cultura. Secondo lo studio Bertelsmann qui non si è ancora completato il necessario cambiamento strutturale come invece è avvenuto nella città dei nuovi Länder dell’est tedesco, in cui le condizioni di vita si sarebbero allineate al livello occidentale. Grazie alla “migrazione interna”, a un’economia che “attrae” e ai miliardi del “Solidaritätszuschlag” (contributo di solidarietà, tassa introdotta nel 1991 da Helmut Kohl, pagata dai contribuenti dei vecchi Länder ancora oggi, nonostante la promessa di estinguerla dopo 5 anni), ora ci sono “migliori opportunità di reddito”.

Ma, si obietterà, in Germania esiste lo Stato sociale, i poveri ricevono il sussidio chiamato Hartz-IV (in Italia si chiama “reddito di cittadinanza”). Uno di loro, invitato in un talk show, ha detto che lui tutto sommato vive bene con Hartz-IV tranne quando arrivano spese non previste che non gli permettono di arrivare alla fine del mese. In quel caso deve suo malgrado andare a mangiare al TAFEL, un’organizzazione umanitaria che redistribuisce ai bisognosi gli alimenti non venduti che altrimenti verrebbero distrutti. È attivo su tutto il territorio dal 1993 e un terzo dei suoi assistiti sono bambini e adolescenti.

In studio si è naturalmente contenti ma anche rammaricati che debbano esistere i TAFEL e il Prof. Christoph Butterwegge (studioso del fenomeno povertà) ha sottolineato che i centri per l’impiego già oggi consigliano i TAFEL quando si rendono conto che i loro “clienti” non riescono a cavarsela col contributo sociale. “Bisogna stare attenti che i TAFEL non sostituiscano lo stato sociale“, dice, “i TAFEL stessi dovrebbero lavorare politicamente per rendersi superflui” e aggiunge “Lo stato sociale era già stato smantellato prima dell’ondata dei rifugiati del 2015”. Peccato che lo studio Bertelsmann e altre organizzazioni umanitarie registrino anno dopo anno un aumento di persone bisognose e chiedano tra le altre misure di lotta alla povertà anche un aumento del contributo Hartz-IV, che permetta una vita dignitosa e ai bambini e adolescenti migliori prospettive di inserimento nella società produttiva. È vero che la disoccupazione è diminuita in modo significativo e il numero di posti di lavoro è a livelli record. Ma la verità è che ogni secondo nuovo lavoro è a tempo determinato, che il divario tra ricchi e poveri raramente è stato più grande e che in nessun altro paese europeo il numero di coloro che non sono in grado di vivere con le loro entrate è aumentato rapidamente come in Germania.

Sullo sfondo del rapporto sulla povertà della Fondazione Bertelsmann, l’Associazione dei Comuni (ANCI tedesca) fa appello ai governi federale e regionali per promuovere lo sviluppo delle città e regioni strutturalmente deboli. “Perché le città che hanno la più grande quota di persone socialmente deboli nella popolazione, spesso hanno i maggiori problemi finanziari”, lamenta il Presidente dell’ANCI tedesca, Markus Lewe, sul quotidiano “Die Welt”. Chiede di risolvere il problema della povertà con un approccio più ampio. Ad esempio, con una buona formazione scolastica e professionale e una più incisiva politica del mercato del lavoro e della politica abitativa.

Di come ciò dovrebbe realizzarsi al momento non c’è traccia nella nuova proposta di DEF presentata nei giorni scorsi dal ministro delle finanze Scholz (SPD). In compenso in quel documento si prevede il trasferimento ai Comuni di tutte le incombenze anche finanziarie riguardanti gli immigrati non-UE. Ma questa è un’altra storia.

VIOLA FERRANTE


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