Difesa

La NATO riscopre i dirigibili: il ritorno delle “spie silenziose” per sorvegliare i mari

Silenziosi, a idrogeno e pieni di sensori: i nuovi dirigibili autonomi sono l’arma segreta della NATO per sorvegliare i mari e proteggere le infrastrutture sottomarine da sabotaggi.

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Sembra una notizia proveniente da un’altra epoca, eppure è quanto di più attuale ci sia nel campo della tecnologia per la difesa. Un dirigibile autonomo, senza equipaggio, alimentato a idrogeno e grande quanto un piccolo autobus, sta solcando i cieli sopra le acque portoghesi. La sua missione? Raccogliere immagini di navi e altri oggetti, testando la sua efficacia nel fornire alla NATO una consapevolezza situazionale del dominio marittimo. Un gradito (e silenzioso) ritorno dal passato.

Questi voli di prova si inseriscono nel quadro delle esercitazioni annuali dell’Alleanza Atlantica, denominate REPMUS 25 (Robotic Experimentation and Prototyping using Maritime Unmanned Systems) e Dynamic Messenger 25. L’obiettivo è chiaro: sperimentare e integrare nuove tecnologie robotiche per potenziare le capacità di difesa, testando non solo sistemi aerei ma anche veicoli di superficie e sottomarini senza equipaggio.

Bisogna dire che il mezzo della Kelluu aveva preso già parte alle esercitazioni Atlantic Trident di Giugno

Il protagonista: un dirigibile finlandese ad alta tecnologia

Il velivolo in questione è prodotto e gestito dall’azienda finlandese Kelluu. Non si tratta di un gigante dei cieli come i suoi antenati del secolo scorso, ma di un mezzo più agile e moderno.

Il dirigibilr Kelluu

Ecco le sue caratteristiche principali:

  • Dimensioni: Circa 12 metri di lunghezza.
  • Autonomia: Fino a 12 ore di volo a bassa quota.
  • Propulsione: A idrogeno, garantendo un funzionamento silenzioso e a zero emissioni.
  • Sensori: Progettato per trasportare una vasta gamma di strumenti, tra cui telecamere elettro-ottiche/infrarossi e sistemi passivi per il rilevamento di emissioni elettromagnetiche.
  • Flessibilità: Può decollare da postazioni austere, senza la necessità di piste di atterraggio.

Come ha dichiarato il CEO dell’azienda, Janne Hietala, questi dirigibili operano “in modo molto silenzioso e senza emissioni, fornendo connettività in tempo reale senza essere limitati dalla portata dei collegamenti radio”. Un vantaggio non da poco in un contesto operativo moderno.

Perché proprio ora? La minaccia alle infrastrutture sottomarine

La scelta di sperimentare soluzioni di sorveglianza persistente non è casuale. La NATO ha recentemente intensificato la vigilanza sulle infrastrutture critiche sottomarine, come cavi per le telecomunicazioni e gasdotti. L’Alleanza ha infatti lanciato l’operazione Baltic Sentry in risposta a diversi episodi di sabotaggio, per i quali i sospetti ricadono su Russia e Cina.

Esercitazione Baltic Sentry

In un incidente emblematico, le autorità finlandesi hanno accusato la nave Eagle S, collegata a interessi russi e trovata piena di apparecchiature di spionaggio, di aver deliberatamente trascinato la sua ancora sul fondale per tranciare dei cavi. La necessità di monitorare costantemente vaste aree marittime per individuare comportamenti sospetti è diventata, quindi, una priorità strategica. I dirigibili, con la loro capacità di rimanere in volo per lungo tempo (il cosiddetto “loitering”) a costi operativi inferiori rispetto agli aerei tradizionali, rappresentano una soluzione potenzialmente molto efficace.

Una tendenza globale: da Washington a Pechino

L’interesse per i velivoli più leggeri dell’aria non è un’esclusiva della NATO. Gli Stati Uniti e altre nazioni stanno sviluppando o utilizzando sempre più queste piattaforme per le loro doti di persistenza ed efficienza. L’incidente del “pallone spia” cinese che ha sorvolato gli USA ha portato questa realtà sotto i riflettori dei media globali, dimostrando che la tecnologia è tutt’altro che obsoleta.

La Cina, in particolare, sembra investire massicciamente in questo settore. Un enorme hangar in una remota area del nord-ovest del paese testimonia lo sviluppo di dirigibili d’alta quota che potrebbero essere impiegati per la raccolta di intelligence, le comunicazioni a lungo raggio o persino come piattaforme di lancio per droni.

Sebbene la storia dei dirigibili sia stata segnata anche da incidenti catastrofici che ne hanno frenato lo sviluppo, la tecnologia moderna, unita all’automazione, sembra pronta a superare gli ostacoli del passato. La NATO, attraverso programmi come l’acceleratore DIANA, sta attivamente cercando e finanziando tecnologie emergenti come quella di Kelluu, con l’obiettivo di trasferirle rapidamente nelle mani degli operatori militari per mantenere il proprio vantaggio tecnologico.

Il percorso è ancora in fase di sperimentazione, ma una cosa è certa: i cieli sopra i nostri mari potrebbero presto popolarsi di questi silenziosi guardiani, a testimonianza del fatto che, a volte, le soluzioni più innovative hanno radici profonde nella storia.

Pallone Kelluu in uso

Domande e Risposte

1) Qual è la novità principale di questo test della NATO? La novità principale è l’impiego di un dirigibile autonomo, a idrogeno e senza equipaggio, per missioni di sorveglianza marittima. A differenza dei droni convenzionali, questo velivolo offre una sorveglianza “persistente”, cioè la capacità di rimanere su un’area per un tempo prolungato (fino a 12 ore) a costi operativi molto bassi. La sua propulsione a idrogeno lo rende inoltre silenzioso e a zero emissioni, caratteristiche ideali per missioni di ricognizione discreta. Si tratta di un ritorno a una tecnologia storica, ma completamente reinventata con l’automazione e sensoristica moderna.

2) Perché la NATO sta investendo proprio ora in tecnologie come i dirigibili autonomi? L’interesse della NATO è spinto da una necessità strategica crescente: proteggere le infrastrutture critiche sottomarine, come cavi e gasdotti. I recenti episodi di sabotaggio nel Mar Baltico, attribuiti ad attori statali ostili, hanno evidenziato la vulnerabilità di queste reti. I dirigibili offrono una soluzione economica ed efficiente per monitorare vaste aree marittime in modo continuo, individuando navi con comportamenti anomali. Rappresentano un complemento ideale ai più costosi assetti aerei e navali, aumentando la “consapevolezza situazionale” dell’Alleanza in risposta alle moderne minacce ibride.

3) Quali potrebbero essere le implicazioni future di un’adozione su larga scala di questi sistemi? Un’adozione su larga scala potrebbe trasformare la sorveglianza marittima. Si creerebbe una rete di “occhi” persistenti e a basso costo, capace di coprire aree molto più ampie rispetto a oggi, quasi in tempo reale. Questo migliorerebbe drasticamente la sicurezza delle rotte commerciali e delle infrastrutture critiche. A livello geopolitico, si assisterebbe a una corsa per il dominio di questa “fascia aerea a bassa quota”, con nazioni come la Cina che già investono pesantemente. Per l’industria della difesa, si aprirebbe un nuovo mercato per piattaforme efficienti ed ecologiche, spostando parte degli investimenti verso sistemi autonomi e persistenti.

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