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La “Guerra dell’Acqua” sull’Himalaya: la mega-diga cinese da 168 miliardi che terrorizza l’India
La Cina sfida la natura e l’India con la diga del “Great Bend”: un progetto da 168 miliardi di dollari tre volte più grande delle Tre Gole. Energia pulita o una nuova arma geopolitica pronta a scatenare siccità e inondazioni sull’Himalaya?

Proprio quando le tensioni tra i due giganti asiatici sembravano allentarsi, con strette di mano diplomatiche e truppe che si ritiravano dai confini contesi dell’Himalaya, Pechino ha deciso di giocare la sua carta più pesante. E non stiamo parlando di truppe o missili, ma di cemento e acqua. Una mossa da 168 miliardi di dollari che rischia di trasformare il “Tetto del Mondo” in una polveriera idrogeologica.
Mentre il mondo discute ancora degli effetti della Diga delle Tre Gole — quella che, secondo alcuni scienziati, avrebbe addirittura rallentato la rotazione terrestre di 0,06 microsecondi — la Cina sta costruendo un mostro infrastrutturale tre volte più grande, proprio a pochi chilometri dal confine indiano dell’Arunachal Pradesh. Una “bomba d’acqua” pronta a esplodere, o un’arma di pressione geopolitica senza precedenti?
Il Progetto “Great Bend”: Un Leviatano da 60.000 MW
La Cina non fa mai le cose in piccolo, specialmente quando si tratta di infrastrutture strategiche. Il progetto, noto come la diga del “Great Bend” (la Grande Curva), si trova nella regione autonoma del Tibet, sul fiume Yarlung Tsangpo. Per chi non fosse pratico di geografia himalayana, questo fiume scorre verso l’India diventando il Brahmaputra, l’arteria vitale per milioni di persone tra India e Bangladesh.
Ecco i numeri che fanno tremare Nuova Delhi:
| Caratteristica | Diga delle Tre Gole (Attuale record) | Diga del Great Bend (Nuovo progetto) |
| Capacità Energetica | ~22.500 MW | 60.000 MW |
| Produzione Annuale | ~100 miliardi kWh | ~300 miliardi kWh |
| Dislivello sfruttato | Moderato | 2.000 metri in 50 km |
| Costo Stimato | ~32 miliardi USD | 168 miliardi USD |
Il presidente Xi Jinping ha ordinato di avanzare “con forza, sistematicamente ed efficacemente”. E, come spesso accade in Cina, tra il dire e il fare non c’è di mezzo il mare, ma un esercito di ingegneri. Immagini satellitari e report open-source analizzati dalla CNN confermano che i lavori sono già iniziati: strade ampliate, depositi di esplosivi e villaggi ricollocati. La macchina è in moto.
🇨🇳 China is constructing a $170 BILLION mega-dam on the Yarlung Tsangpo River (Brahmaputra) in Tibet — hailed as the “Project of the Century.”
Nearly 3× larger than the Three Gorges Dam
Could become the world’s most powerful hydropower project. pic.twitter.com/vYxKYkErB2
— Defence Index (@Defence_Index) July 22, 2025
L’arma dell’acqua: un rubinetto strategico
Pechino vende il progetto con la consueta retorica “green”: energia pulita per raggiungere gli obiettivi climatici, riduzione dell’inquinamento da carbone e gestione delle piene monsoniche a beneficio dei paesi a valle. Tutto molto bello sulla carta, ma la realtà geopolitica è ben diversa.
L’India teme, a ragione, che la diga conferisca alla Cina il potere di “armare” l’acqua. Controllare il flusso a monte significa avere in mano un interruttore che può:
Provocare siccità: Trattenendo l’acqua nei periodi di magra, affamando l’agricoltura indiana nel bacino del Brahmaputra.
Scatenare inondazioni: Rilasciando improvvisamente enormi volumi d’acqua senza preavviso, causando disastri a valle.
Pema Khandu, Chief Minister dell’Arunachal Pradesh, non ha usato mezzi termini definendo la diga una “bomba d’acqua a orologeria” e una minaccia esistenziale superiore persino a quella militare. Il timore non è infondato: la Cina non è firmataria di trattati internazionali sulla condivisione delle acque e nel 1997 ha votato contro la Convenzione ONU sugli usi dei corsi d’acqua internazionali. In breve: a casa loro, fanno quello che vogliono, e i vicini si arrangino.
Precedenti inquietanti: il caso Mekong
La sfiducia indiana si basa su una storia recente piuttosto torbida.
2021: La Cina ha tagliato del 50% il flusso del fiume Mekong per tre settimane, ufficialmente per “manutenzione”, mettendo in ginocchio l’agricoltura e la pesca in Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam. Nessun preavviso reale, solo fatti compiuti.
2017: Durante lo stallo militare di Doklam, Pechino ha smesso di condividere i dati idrologici con l’India, proprio prima di una stagione di piene, e il fiume Siang è diventato misteriosamente nero e contaminato.

Se la Cina può usare l’acqua come leva diplomatica (o punitiva) sul Mekong, cosa le impedisce di farlo sul Brahmaputra, in un’area dove le rivendicazioni territoriali sono ancora caldissime?
Il rischio sismico: costruire su una polveriera
Oltre alla geopolitica, c’è la geologia. La diga sorgerà in una delle zone sismicamente più attive del pianeta, dove la placca indiana spinge contro quella eurasiatica.
Appena due settimane dopo l’annuncio del progetto, la regione è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6.8. La storia ricorda ancora il sisma del 1950 (magnitudo 8.6).
Costruire la più grande diga del mondo su una faglia attiva, in un ambiente soggetto a frane e inondazioni glaciali (GLOF), è una sfida ingegneristica che rasenta la follia o l’onnipotenza. Un crollo strutturale non sarebbe solo un incidente industriale, ma un cataclisma biblico per l’India nord-orientale.
Conclusioni: Egemonia idroelettrica
L’investimento da 168 miliardi di dollari è un classico esempio di stimolo economico interno cinese, ma con una proiezione di potenza esterna devastante. Mentre l’India cerca di normalizzare i rapporti, si trova con una spada di Damocle liquida sospesa sulla testa. A questo punto anche l’India ha inziiato a costruire dighe o, almeno, a prevedere di costruirle, ancora più a monte della Great Bent:
🚨 India begins building massive Dibang dam in Arunachal to counter China’s mega Brahmaputra project, aimed at preventing flood threats to North-Eastern states. 🇮🇳🇨🇳 pic.twitter.com/nxyrgTsqqC
— Beats in Brief 🗞️ (@beatsinbrief) September 16, 2025
Senza trattati vincolanti e con una Cina che considera i fiumi transfrontalieri come proprietà sovrana assoluta, Nuova Delhi si trova in una posizione di estrema vulnerabilità. La “normalizzazione” dei rapporti rischia di essere solo una facciata, mentre la vera guerra si sposta dai fucili alle chiuse delle dighe.
Domande e risposte
Perché l’India definisce la diga una “bomba d’acqua”?
L’India teme che la Cina possa usare la diga come arma strategica. Controllando il flusso del fiume Yarlung Tsangpo (Brahmaputra), Pechino potrebbe trattenere l’acqua causando siccità devastanti per l’agricoltura indiana, oppure rilasciarne enormi quantità improvvisamente, provocando inondazioni catastrofiche negli stati a valle come l’Arunachal Pradesh e l’Assam. La mancanza di trattati vincolanti aggrava questa paura.
Esistono rischi ambientali oltre a quelli politici?
Assolutamente sì. La zona del “Great Bend” è sismicamente molto attiva e instabile, trovandosi sulla linea di faglia tra le placche indiana ed eurasiatica. Un terremoto di forte intensità potrebbe danneggiare la struttura, causando il crollo della diga e un disastro umanitario senza precedenti a valle. Inoltre, l’impatto sull’ecosistema himalayano e sul flusso dei sedimenti nutrienti per le pianure indiane sarebbe irreversibile.
La Cina ha già usato l’acqua come arma in passato?
Ci sono precedenti preoccupanti. Nel 2iem1, la Cina ha ridotto drasticamente il flusso del Mekong senza preavviso, danneggiando l’economia dei paesi del Sud-est asiatico. Nel 2017, durante tensioni militari con l’India, Pechino ha sospeso la condivisione dei dati idrologici vitali per prevedere le piene e il fiume Siang è risultato misteriosamente contaminato, alimentando i sospetti di Nuova Delhi sulle intenzioni cinesi.2









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