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La Germania dice già “Nein” al nuovo debito comune. Il piano Draghi è già finito

Il piano Draghi, con gli 800 miliardi di debito comune e la riduzione dei poteri degli stati, in nome di una politica industriale comune, ha la probabilità di essere implementato quanto un singolo biglietto di vincere il Superenalotto

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Il debito comune non è all’ordine del giorno della Germania, a prescindere dall’avvertimento di Mario Draghi secondo cui è l’unico modo per rendere l’Unione Europea più competitiva nei confronti di Cina e Stati Uniti. La notizia è stata già riportata questa mattina da Bloomberg e mette la parola “Fine” al piano Draghi, ancor prima di analizzarne il contenuto. Tanto per togliere ogni dubbio, anche Politico ha dato un giudizio sferzante del documento, e parliamo di un sito fortemente europeista.

L’ex premier italiano aveva appena finito di presentare lunedì il suo atteso rapporto su come sistemare l’economia europea in difficoltà – con al centro l’emissione di obbligazioni comuni – quando il ministro delle Finanze Christian Lindner ha ribattuto che un simile approccio non risolverà i problemi strutturali della regione.

“Sono molto scettico sull’approccio del signor Draghi al debito”, ha detto il politico tedesco alla N-TV in una serie di rapide reazioni. “Si può riassumere brevemente: La Germania dovrebbe pagare per gli altri.  Questo non può essere un piano generale”: Draghi dice: “Il fabbisogno di investimenti che tutto questo comporta è enorme”, dopo aver evidenziato le priorità chiave per rilanciare la competitività dell’UE.

La reazione di Berlino mette in evidenza le difficoltà di trasformare in realtà una ricetta di 400 pagine per ripristinare la competitività e aiutare il blocco a competere sui mercati globali, ma poteva essere perfettamente prevedibili. Berlino non spende per le proprie infrastrutture per non fare debito, figuriamoci se è disponibile a un debito comune nel quale i tedeschi inizierebbero a dire che “Pagano il debito degli altri”.

Gli appelli di alcuni politici italiani affinché l’UE diventi più della somma delle sue parti, combinando la potenza fiscale delle sue nazioni, hanno incontrato a lungo l’opposizione della Germania, la sua maggiore economia, che era riluttante persino a partecipare al progetto dell’euro e presumibilmente continueranno ad affrontarla anche in futuro, perfino nel caso di una modifica della maggioranza di governo nella Germania federale.

Anche se il partito liberale tedesco, che esprime Lindner, probabilmente sparirà dal prossimo parlamento tedesco, comunque è estremamente difficile che la CDU, conservatrice, possa accettare il debito comune. Per non parlare del sempre crescente peso sia di AfD sia di BSW, partiti estremamente euroscettici, che, giustamente, sono scettici a qualsiasi cosa abbia la parola “Europeo” incluso.

Tali resistenze potrebbero essere fin troppo familiari a Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, che durante il suo mandato a Francoforte lamentava un approccio “nein zu allem” (no a tutto) da parte del suo omologo della Bundesbank, Jens Weidmann, nel combattere la crisi del debito della regione e poi nell’affrontare la minaccia della deflazione. Però in quel campo specifico Draghi aveva un gioco più facile: la politica era meno importante e Draghi aveva effettivamente una conoscenza tecnica specifica, che si appoggiava ai concetti base dell’economia e della politica monetaria. Il “Whatever it takes” non era che l’affermazione di principi generali che fuori dalla UE e dalla BCE sono la base del lavoro del banchiere centrale.

Il rapporto Draghi nasce già morto. Anzi l’affermazione che, senza queste risorse, assisteremo a una lenta decadenza della UE, dovrebbe spingere subito i decisori politici ad arrestare la decadenza staccando rapidamente la spina  e tornando a stati nazionali uniti da alcune regole base, semplici, di mercato, senza che un’autorità sovietizzante e burocratica imponga piani quinquennali.

In questo il rapporto Draghi è l’esemplare prodotto di un mondo distaccato dalla realtà e disponibile a tutto pur di sopravvivere. Quello che resterà di questo documento, al di là dei laghi di bava sparsi dalla stampa italiana (ma non da quella internazionale)  sarà il nulla. Sarebbe più probabile l’investimento di una potenza extraterrestre, piuttosto che vederla accettata dai tedeschi, perfino in modo parziale.

 


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