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La Dottoressa che segue Ippocrate e non il Ministero. Una testimonianza di un medico che ha lavorato bene

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1500 mutuati: né un morto, né un ricovero in terapia intensiva per la Dottoressa Maria Grazia Dondini, Medico di Medicina Generale a Monterenzio, in provincia di Bologna. Un bilancio ottimale le cui spiegazioni possono essere molteplici: bravura, preparazione. Tutto però comincia a cambiare dal 22 febbraio 2020, data nella quale in Gazzetta Ufficiale vengono promulgate dal Ministero della Salute le nuove linee guida per fronteggiare l’emergenza coronavirus che di lì a poco avrebbe sconvolto Codogno, la Lombardia, e in seguito l’intera penisola.

Il 22 febbraio è la data in cui il problema coronavirus inizia quindi ad esistere per il Governo, ma SarsCov2 si trovava in Italia da molto più tempo, e con ogni probabilità fino a quel momento era stato trattato dai medici di territorio, quelli che in seguito alle nuove direttive sono stati totalmente accantonati per far spazio ai ricoveri ospedalieri e alle terapie intensive. Ecco perché, come ha spiegato a ‘Un Giorno speciale’, Maria Grazia Dondini non c’è stata: ha continuato a sentire e a curare i suoi pazienti nonostante le regole “non lo vietassero“, ma di fatto lo disincentivavano. Preoccupazione, perspicacia e una certa dose di sfiducia nelle nuove regole del Governo hanno spinto la dottoressa a questa “ribellione”, anche perché come riferisce a Fabio Duranti e Francesco Vergovich, le nuove disposizioni “non andavano verso la tutela della salute, ma contro“.

C’è un problema: i medici di famiglia non devono essere “Persone eccezionali” o “Eroi”. Devono solo essere dei buoni professionisti messi in grado di svolgere il proprio lavoro in modo completo ed in sicurezza. Da un lato devono riprendere a fare il loro lavoro, visitando a casa come facevano un tempo, ma dall’alto devono essere forniti delle protezioni e degli strumenti tecnici che rendano il loro lavoro proficuo. Invece si sono comprati i banchi con le ruote…

Ecco l’intervista a Radioradio


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