Economia

La crescita del Sud non è un caso, di Vincenzo Caccioppoli

Il Sud Italia vede la sua situazione occupazionalein miglioramento. Merito di politiche di governo più attente a questo grave problema

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Gli ultimi dati dell’Istat sull’occupazione appena usciti hanno confermato quello che ormai appare un dato consolidato da mesi: il sud Italia è il vero motore della crescita italiana. Nel secondo trimestre del 2025 il mercato del lavoro italiano ha registrato un aumento di 226 mila occupati rispetto allo stesso periodo del 2024. Il numero complessivo di occupati si attesta quindi a circa 24 milioni 169 mila persone. Ma è appunto nel mezzogiorno che si hanno livelli di occupazione record.

Il tasso di occupazione nel sud, infatti, tra i 15 e i 64 anni è salito  al 50,1%, il valore più alto dall’inizio delle serie storiche Istat nel 2004. «Ci accusavano di voler spaccare l’Italia, ma la verità è che abbiamo scelto di credere nelle energie, nel talento e nella forza del Sud. Abbiamo avuto il coraggio di dire basta alla stagione dell’assistenzialismo, che per troppo tempo ha alimentato l’idea di un Mezzogiorno condannato a restare indietro. Abbiamo investito in infrastrutture, lavoro, merito. Lavoriamo per mettere il Sud in condizione di competere ad armi pari e di dimostrare, finalmente, tutto il suo valore». Ha scritto sui social la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Insomma in Italia stiamo assistendo da tre anni a questa parte ad una decisa accelerazione dell’economia del sud Italia, rispetto a quella da sempre trainante del ricco nord.

Per il terzo anno consecutivo, infatti,  il Sud ha registrato una crescita del PIL superiore a quella del Centro-Nord. Ad esempio, nel 2024 la crescita del PIL meridionale è stata dell’1,2% rispetto allo 0,5% del resto d’Italia. Secondo le risultanze del Libro Bianco presentato a maggio scorso, al Forum “Verso Sud: La strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”, organizzato da The European House – Ambrosetti (TEHA) a Sorrento, il sud Italia anche nel 2025 ha confermato di essere la terza area più attrattiva del mediterraneo.

L’agricoltura è sempre importante per il SUd Italia – immagine illustrativa

Stiamo parlando di risultati assolutamente impensabili solo qualche anno fa, quando il sud veniva considerato una sorta di zavorra per la crescita economica del paese. Secondo alcuni il merito va quasi per intero agli investimenti del Pnrr ( al sud sono andati  il 40% del totale, circa 82 miliardi di euro ) che ha avuto l’indubbio merito di invertire il trend che, tra il 2008 e il 2018, ha visto scendere la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno da 21 miliardi a poco più di 10. Risorse fresche che hanno avuto certamente un grande merito nell’accelerare un processo di crescita che però ha beneficiato di altre misure introdotte da un governo, che finalmente ha abbandonato la politica assistenzialista, basata su bonus, aiuti e sostegni improduttivi.

La prima di queste misure è certamente da considerarsi la scelta di cerare una Zes unica per tutto il mezzogiorno. Il successo è stato cosi sorprendente che il governo ha deciso, lo scorso mese di allargarla anche alle Marche e all’Umbria ( e anche qualche regione del nord , come per esempio la Lombardia, ha avanzato la richiesta che si possa allargare almeno ad alcune zone anche lì). Una misura fortemente voluta dall’ex ministro degli affari europei e delle politiche per il sud Raffaele Fitto, ora volato a Bruxelles a fare il vicepresidente esecutivo della Ue, contestata all’inizio dalle opposizioni, ma che ora, da quando alla guida della struttura è arrivato l’avvocato campano  Giosy Romano, sta diventando un solido volano della crescita degli investimenti nel mezzogiorno.

Come ha detto anche il nuovo ministro per gli affari europei e per il sud, Tommaso Foti, “Il governo Meloni ha scelto di credere con determinazione nelle potenzialità del Meridione, promuovendo politiche concrete, investimenti mirati che hanno creato nuova occupazione. Un percorso reso possibile anche dall’utilizzo dei fondi del PNRR, dalle politiche di coesione, dalla misura ‘Resto al Sud’ e dalla decontribuzione prevista per chi investe nella ZES unica. L’obiettivo è chiaro: costruire un’Italia in cui la crescita non sia privilegio di alcune aree, ma un’opportunità reale per tutti. Il Sud non è più un problema da affrontare, ma una risorsa strategica per il futuro dell’Italia”.

Sempre il Libro Bianco di THEA ha certificato come la ZES Unica sia diventata un opportunità strategica per rilanciare il Sud Italia, attrarre investimenti e valorizzare il territorio come motore di sviluppo per l’intero Paese. Nel 2024 sono state ben 620 Autorizzazioni Uniche (AU) rilasciate dall’entrata in vigore della ZES Unica, con oltre 7 miliardi di investimenti complessivi, che hanno portato alla creazione di oltre 7.000 posti di lavoro. Per ogni Euro investito nella ZES Unica del Mezzogiorno se ne sono attivati 1,6 addizionali nell’economia. Ma al di là delle singole politiche che hanno avuto un loro peso e il cambio paradigmatico operato dal governo Meloni che sembra aver fatto la differenza.

Sud Italia, non solo bellezza

Il rilancio del nuovo Piano Mattei, un vero ponte tra il nostro paese e l’Africa, certamente ha rimesso il mezzogiorno e il mediterraneo al centro dell’interesse di mezza Europa. L’intuizione della Meloni è stata proprio quella di unire con il grande piano Mattei due grandi temi assai cari al nostro paese. In un caso ovviamente il piano diventa fondamentale per  il rilancio del sud, grazie allo sviluppo delle economie africane, ma a fianco a questo lo sviluppo dell’economia in via di sviluppo dell’Africa sarebbe un modo efficace (forse l’unico) per ridurre drasticamente la migrazione di massa da parte di giovani africani sulle coste europee.

Ecco allora che anche il progetto del Ponte sullo stretto tanto criticato dalle opposizioni può in quest’ottica assumere un ruolo importante per avvicinare il sud Italia ai grandi hub del centro nordeuropeo.  Insomma, si può tranquillamente concludere che quando la politica lascia da parte le clientele e le politiche assistenzialiste, come fatto nel mezzogiorno negli ultimi 4 decenni almeno, ma si programma una politica industriale basata su sostegni e semplificazioni per imprese e famiglie, i risultati arrivano. Se solo si fosse agito un poco prima, chissà ora dove sarebbe la crescita economica del paese intero.

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