Attualità
La Corte giustizia europea boccia il governo sui migranti, il rischio ora è il caos

Fa discutere, e molto, la sentenza della Corte di giustizia sui paesi sicuri, emessa oggi, dopo il ricorso presentato da due migranti del Bangladesh, che ritenevano il loro rimpatrio decisi dal governo italiano non legittimo perchè il loro paese non era da considerare tra quelli ritenuti sicuri, come invece sostiene essere sia il governo italiano che la commissione europea. La sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea, ora, rimette tutto in discussione e crea ancora una volta un conflitto tra i diversi poteri dello Stato, quello giudiziario e quello esecutivo. Una nuova diatriba che poteva essere evitata con una maggiore accortezza da parte di un organismo come quello della CGEU, che più volte in passato ha fatto discutere per alcune sue sentenze.
La Corte di giustizia dell’Ue è l’istituzione a cui è affidata la funzione giudiziaria all’interno dell’Unione europea. In estrema sintesi, il suo compito è garantire che il diritto dell’Ue sia interpretato e applicato correttamente da tutti gli Stati membri e dalle altre istituzioni europee. La Corte di giustizia dell’Ue è suddivisa in due organi, entrambi con sede in Lussemburgo e ciascuno con competenze specifiche: la Corte di giustizia propriamente detta e il Tribunale. La Corte di giustizia è composta da un giudice per ogni Stato membro, in modo da rappresentare tutti i 27 ordinamenti giuridici nazionali dell’Ue. Tutti questi giudici, però, si riuniscono in seduta plenaria solo in casi eccezionali, mentre più spesso le cause sono affidate a “sezioni” composte da tre o cinque giudici, oppure sono affidate alla “grande sezione”, composta da 15 giudici.
“Fino all’entrata in vigore di un nuovo regolamento destinato a sostituire la direttiva attualmente applicabile, uno Stato membro dell’Unione europea non può designare come Paese di origine ”sicuro” un Paese terzo che non soddisfi, per alcune categorie di persone, le condizioni sostanziali di questa designazione. “ si legge nel comunicato della decisione presa dalla Corte di Giustizia dell’Ue, nella sentenza che riguarda il caso di due cittadini del Bangladesh che erano stati portati dalle autorità italiane in un Cpt in Albania. Nel Cpt in Albania, i due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare, avevano presentato una domanda di protezione internazionale, la quale – esaminata secondo la procedura accelerata di frontiera – è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il Bangladesh è considerato ”sicuro”.
I due hanno fatto ricorso al Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla Corte di Giustizia per chiarire l’applicazione del concetto di Paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Il giudice sostiene che, contrariamente al regime precedente, l’atto legislativo dell’ottobre 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del Paese. Pertanto, sia il richiedente sia l’autorità giudiziaria si troverebbero privati della possibilità, rispettivamente, di contestare e controllare la legittimità di questa presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, “Sorprende la decisione della Corte di Giustizia UE in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche.
La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari.” si legge in una nota di Palazzo Chigi che evidentemente non del tutto a torto contesta quanto stabilito dalla Corte di giustizia europea, in quella che sembra tra le altre cose una sentenza un po pilatesca. “Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano.” continua la dura nota di Palazzo Chigi che si dice preoccupato per questa ingerenza dei giudici europei in decisioni che sono politiche e che lamenta il fatto che “ La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali.”
È singolare, sostengono sempre da Palazzo Chigi che ciò “avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea.” Fa specie poi che la sentenza sia arrivata proprio nelle ore in cui la premier italiana Giorgia Meloni si trova in missione in Tunisia e Turchia, proprio per parlare di gestione dei flussi migratori, che grazie anche agli accordi con i paesi terzi e alla creazione di hub per il riconoscimento sono in calo nel 2024 del 60% rispetto all’anno precedente. Adesso questa sentenza della Corte rischia di complicare e di molto le cose, perchè affida ad un singolo giudice la facoltà di decidere sulla detenzione e il rimpatrio di ogni migrante, come avvenuto nei mesi scorsi in Italia. Ancora un volta la burocrazia europea rischia di rallentare un meccanismo che stava dimostrando la sua efficienza nel contrasto alla immigrazione clandestina, uno dei piu seri problemi da decenni della Unione europea.
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