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La Cina tira il freno a mano sullo Yuan: tra record dell’export e l’ombra dei dazi di Trump
La Cina cambia strategia: è la Banca Centrale a pilotare il rafforzamento dello Yuan verso quota 7. Con un surplus record, Pechino usa la valuta forte come scudo contro i dazi di Trump e dimostrazione di potenza economica.

Lo Yuan si rafforza, e non per caso. La valuta cinese ha toccato i massimi degli ultimi quindici mesi rispetto al dollaro, portandosi in zona “quota 7”. Se lunedì c’è stata una leggera frenata tecnica, il trend di fondo è chiaro ed è orchestrato dalla regia di Pechino. La Banca Popolare Cinese (PBOC) sta guidando un progressivo apprezzamento della divisa: una mossa calcolata che serve a disinnescare le tensioni commerciali prima ancora che inizino, dimostrando che l’economia del Dragone può permettersi una valuta forte.
Ecco il grafico tratto da Tradingeconomics:
Una manovra guidata dall’alto
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare di un’economia basata sull’export, questa volta è la stessa Banca Centrale a benedire il rincaro della moneta (ovvero, servono meno Yuan per comprare un dollaro). La PBOC fissa il midpoint e gestisce i flussi affinché il rafforzamento sia costante ma ordinato, evitando strappi violenti che potrebbero destabilizzare i mercati.
Il messaggio politico è sottile ma potente:
Disarmare Trump: Con l’amministrazione Trump pronta a colpire chi usa la “svalutazione competitiva”, Pechino gioca d’anticipo. Rafforzando lo Yuan, toglie dal tavolo l’accusa di manipolazione al ribasso.
Segnale di forza: La PBOC sente che l’industria cinese è talmente solida da poter sopportare un cambio meno favorevole senza crollare.
I numeri di una strategia vincente
Il 2025 si sta chiudendo come l’anno del riscatto per la valuta rossa. Ecco i dati che confermano la “guida” della Banca Centrale:
Performance: Lo Yuan ha guadagnato oltre il 4,1% sul dollaro quest’anno.
Record: Si avvia a segnare il più grande rialzo annuale dal 2020.
Contesto: Sebbene valute come il Ringgit o il Baht abbiano fatto meglio, la stabilità dello Yuan è quella che pesa di più sullo scacchiere globale.
È un cambio di paradigma rispetto al 2005. Oggi la Cina gestisce un surplus commerciale mostruoso, che a novembre ha superato i 1.000 miliardi di dollari. Con una bilancia dei pagamenti così positiva, la PBOC ha tutto lo spazio di manovra per pilotare il cambio verso l’alto, usando la forza dell’export come scudo per un’economia interna che, in realtà, mostra ancora qualche segno di debolezza.
Il controllo del ritmo
Lunedì scorso la PBOC ha tirato leggermente le redini, fissando un tasso di riferimento un po’ più morbido e lasciando che le banche statali comprassero dollari. Ma attenzione a non fraintendere: non stanno invertendo la rotta, stanno solo controllando la velocità di crociera. Le autorità vogliono evitare che l’apprezzamento diventi una speculazione unilaterale fuori controllo. Il “livello 7” è una soglia psicologica che Pechino vuole gestire con i suoi tempi, non con quelli degli hedge fund globali.
In sintesi, la strategia è chiara: lo Yuan si deve rafforzare perché conviene alla Cina politicamente (meno attriti con gli USA) e finanziariamente (attrae capitali esteri). La PBOC non subisce il mercato, lo sta educando applicando un controllo stretto e razionale. E con le premesse di una politica monetaria USA più lasca nel 2026, la strada per un Yuan ancora più forte sembra già tracciata dalle autorità comuniste, con buona pace dei liberisti che credevano nel libero mercato valutario.
Domande e risposte
Perché la Banca Centrale Cinese (PBOC) guida il rafforzamento dello Yuan? La PBOC sta pilotando l’apprezzamento per motivi principalmente geopolitici. Un Yuan più forte disinnesca preventivamente le accuse di “manipolazione valutaria” e “concorrenza sleale” che arrivano dagli USA, specialmente con l’ombra dei dazi di Trump. Inoltre, una valuta forte aiuta ad attrarre capitali esteri e riduce il costo delle materie prime importate (come l’energia), bilanciando le necessità di un’economia complessa.
L’export cinese non soffre con una valuta più forte? Teoricamente sì, ma la realtà dei dati dice altro. L’industria cinese è diventata talmente competitiva che riesce a macinare record su record (surplus oltre i 1.000 miliardi di dollari) anche con un cambio meno favorevole. La PBOC ha calcolato che il settore esportatore è abbastanza robusto da assorbire questo rafforzamento, permettendo al governo di usare la leva valutaria per altri scopi strategici senza temere un crollo delle vendite all’estero.
Cosa succederà al cambio nel 2026? La tendenza, guidata dalle autorità e supportata dai fondamentali (surplus commerciale), è verso un ulteriore rafforzamento o quantomeno una stabilità su livelli forti. Gli investitori prevedono che il momentum positivo continui nel 2026, complice anche la probabile debolezza del dollaro dovuta al taglio dei tassi USA. La PBOC continuerà a intervenire non per fermare il trend, ma per evitare che diventi troppo rapido e volatile.








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