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La Cina si è accaparrata metà delle riserve di grano mondiali. Perchè?
Secondo Nikkei Asia, la Cina mantiene “livelli storicamente elevati” di legumi e cereali stoccati presso i 310 impianti di stoccaggio del Gruppo COFCO (uno dei principali trasformatori alimentari di proprietà statale cinese) nella parte nord-orientale del paese.
Qin Yuyun, capo delle riserve di cereali presso l’Amministrazione nazionale delle riserve alimentari e strategiche, ha detto ai giornalisti il mese scorso: “Le nostre scorte di grano possono soddisfare la domanda per un anno e mezzo. Non c’è alcun problema per quanto riguarda la fornitura di cibo“.
Dati dagli Stati Uniti Il Dipartimento dell’Agricoltura mostra che la Cina ha circa il 69% delle riserve mondiali di mais nella prima metà dell’anno agricolo 2022, il 60% del suo riso e il 51% del suo grano.
Perché cumulare così grandi quantità di cereali e di alimentari, anche a costo di farne deperire la qualità. Anche perché, cosa di cui non molti sono a conoscenza, le qualità tecniche del grano, per quanto ben conservato, vengono a deperire dopo circa 12 mesi. In Cina si accumulano riserve per 18-254 mesi, anche per la grande variabilità di produzione causata prima dal covid-19 quindi da condizioni atmosferiche estreme, legati al Nino e alla Nina, e , non dimentichiamolo, allo sfruttamento estremo del suolo nel paese più industrializzato al mondo.
Il problema è che stabilità alimentare e stabilità politica sono tradizionalmente legate. Un popolo con la pancia piena non fa rivoluzioni. Ecco perché i pianificatori centrali hanno speso 98,1 miliardi di dollari per importare cibo nel 2020, un aumento di 4,6 volte rispetto a un decennio prima, secondo l’Amministrazione generale delle dogane della Cina. Per i primi otto mesi di quest’anno, la Cina ha importato più cibo rispetto al 2016.
“Negli ultimi cinque anni, le importazioni cinesi di soia, mais e grano sono aumentate da due a dodici volte grazie agli acquisti aggressivi da Stati Uniti, Brasile e altri paesi fornitori. Le importazioni di carne bovina, suina, latticini e frutta sono aumentate da due a cinque volte“, scrive Nikkei.
Ovviamente questa corsa all’accaparramento è tale da far crescere i prezzi a livello mondiale, che sono al massimo da dieci anni. Qualcuno ne paga, e ne pagherà, ovviamente le conseguenze. Saranno i paesi più deboli, o le classi “Subalterne” dei paesi occidentali.
Il Ministero del Commercio ha persino consigliato alle famiglie di fare scorta di cibo in caso di emergenza, il tutto con il pretesto della pandemia di virus.
Mentre da un lato accaparra grandi quantità di cibo, dall’altro il governo si impegna a informare la popolazione che non c’è nessun timore di problemi nelle forniture alimentari. Un altro elemento che mostra come la Cina utilizzi la sicurezza alimentare come strumento politico.
Nikkei Asia conclude dicendo: “Nel corso della storia, la scarsità di cibo ha innescato disordini popolari. Sono serviti come fattore che ha contribuito alle rivolte che hanno rovesciato le dinastie cinesi“.
Solo in Occidente si è rinunciato alla sicurezza alimentare per inseguir delle politiche ambientali quanto mai dubbie. Però noi siamo quelli buoni. Almeno finché non mancherà il pane.
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