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Economia

La Cina produce molto più litio del necessario per fare dumping e scacciare gli altri operatori dal mercato

La Cina sta facendo un dumpisng sfacciato, distorcendo il mercato del litio, per poter scacciare i concorrenti dal settore delle materie prime per le batterie. Molti paesi, non solo occidentali, stanno imponendo dazi, ma questi possono essere aggirati, ad esempio tramite il Messico.

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Jose Fernandez, sottosegretario di Stato americano per la crescita economica, l’energia e l’ambiente, ha dichiarato ai giornalisti presenti in Portogallo l’8 ottobre che il regime cinese sta sfruttando la sua sovrabbondanza di litio per ridurre i marigi degli altri produttori scatenando una guerra sui prezzi. 

Si impegnano a praticare prezzi predatori”, ha detto Fernandez. “Abbassano il prezzo finché la concorrenza non scompare. Questo è ciò che sta accadendo”. Un’accusa bella e buona di dumping che avrà delle conseguenze.

Fernandez ha detto che la Cina sta producendo molto più litio “di quanto il mondo abbia bisogno oggi, di gran lunga” e lo sta scaricando sul mercato, provocando un forte calo dei prezzi dell’80% nell’ultimo anno. La Cina è ora responsabile dei due terzi della produzione mondiale di litio raffinato per batterie.

Il Portogallo possiede 270.000 tonnellate di riserve di litio, secondo il 2022 U.S. Geological Survey, e il suo governo ha fissato l’obiettivo di incrementare l’estrazione per raggiungere gli obiettivi energetici. Le comunità locali si sono opposte ad alcuni di questi nuovi progetti, sostenendo che danneggiano i mezzi di sussistenza e l’ambiente.

Batterie per auto BEV

Negli ultimi mesi, i Paesi occidentali hanno eretto barriere contro le pratiche commerciali del Partito Comunista Cinese (PCC). Sebbene la Cina sia entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, non è un’economia di libero mercato, poiché le sue industrie producono in base agli obiettivi statali fissati dall’autoritario PCC.

Ad esempio, l’Unione Europea ha aumentato i dazi sui veicoli elettrici cinesi solo dopo aver stabilito, tramite un’indagine, che il regime aveva sovvenzionato l’industria per produrre in eccesso, scaricando poi i veicoli a basso prezzo sul mercato internazionale. Si tratta di una pratica che può mettere fuori gioco i concorrenti globali.

Durante un recente viaggio a Washington, il ministro indiano del Commercio e dell’Industria Piyush Goyal ha affermato che la Cina ha “ucciso” il settore manifatturiero indiano decenni fa con la stessa tattica.

Anche i Paesi asiatici hanno aumentato le tariffe sulle importazioni cinesi. Quest’anno il Giappone ha aumentato i dazi sul biossido di manganese elettrolitico cinese, un altro materiale per batterie, e la Corea, il cui mercato dei veicoli elettrici è già dominato dai prodotti cinesi, sta tagliando i sussidi per i veicoli che utilizzano batterie cinesi.

I funzionari del commercio hanno riconosciuto che le tariffe da sole potrebbero non essere sufficienti. I produttori cinesi potrebbero collaborare con produttori internazionali o partner commerciali per aggirare le tariffe. Ad esempio, i produttori cinesi forniscono un gran numero di componenti ai produttori messicani e il Messico è il più grande fornitore di componenti auto degli Stati Uniti. Quindi  le materie prime in dumping entrano negli USA dalla porta di servizio.

Intanto però il litio è, sul mercato internazionale, non a caso prezzato in yuan, ai minimi:

Eppure l’elettrificazione, non solo dei trasporti, dovrebbe vederne un forte aumento dei prezzi. Solo le politiche di sovrapproduzione cinesi, uniti a un boom dell’elettrico non proprio entusiasmante , stanno tenendo i costi bassi.

Il cambiamento di rotta dei partner commerciali globali della Cina in settori chiave arriva anche in un momento in cui il regime comunista cinese sta lottando per sostenere un’economia vacillante. Le industrie cinesi che si trovano ad affrontare una situazione di sovraccapacità potrebbero presto veder chiudere le proprie aziende, con un effetto a catena di perdita di posti di lavoro, mancati introiti per i governi locali già indebitati e disordini sociali dovuti alla disoccupazione.


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