CinaEnergia
La Cina non molla l’osso: riparte a pieno regime il giacimento “deepwater” di Liuhua. Pechino cerca l’indipendenza energetica
La Cina riavvia il gigante Liuhua: tecnologia deepwater per recuperare 140 milioni di tonnellate di petrolio e ridurre la dipendenza estera.

La fame di energia della Cina è nota, così come la sua capacità di spingere l’ingegneria oltre i limiti pur di ridurre, anche solo marginalmente, la dipendenza dalle importazioni straniere. In questo contesto si inserisce l’annuncio di domenica della CNOOC (China National Offshore Oil Corporation), che ha confermato la piena operatività del progetto di “sviluppo secondario” del giacimento petrolifero di Liuhua.
Non stiamo parlando di una semplice riapertura di rubinetti, ma di una complessa operazione tecnologica nel primo giacimento in acque profonde del Paese. Una mossa che segna un passo avanti nella capacità di Pechino di sfruttare riserve di gas e petrolio complesse, situate in contesti geologici difficili. Ecco la posizione del giacimento:
Un gigante nel Bacino del Fiume delle Perle
Situato nel Bacino della foce del Fiume delle Perle, Liuhua è il più grande giacimento petrolifero offshore di calcare recifale (reef limestone) della Cina per riserve geologiche provate. La sua storia non è nuova: è entrato in funzione per la prima volta nel 1996 e, da allora, ha prodotto oltre 20 milioni di tonnellate di greggio.
Tuttavia, come spesso accade nel settore estrattivo, il “facile” è stato già preso. Rimaneva però il “difficile”, ovvero una quantità sostanziale di riserve stimate in ben 140 milioni di tonnellate ancora intrappolate negli strati del fondale marino. Abbandonare una simile ricchezza non rientra nei piani di Pechino, motivo per cui si è reso necessario un piano di sviluppo secondario per attingere a questo potenziale residuo.
I numeri del progetto
Il progetto di sviluppo secondario coinvolge due giacimenti specifici, il Liuhua 11-1 e il Liuhua 4-1, situati in un’area con una profondità media dell’acqua di circa 305 metri. Per comprendere la portata dell’operazione, ecco alcuni dati chiave:
Profondità operativa: 305 metri (classificato come deepwater).
Pozzi di produzione: 32 attivi.
Riserve residue stimate: 140 milioni di tonnellate.
Produzione giornaliera attuale: 3.900 tonnellate (record raggiunto dopo l’avvio del primo lotto a settembre 2024).
Perché la tecnologia “Deepwater” è cruciale?
Qui sta il vero punto focale della notizia, al di là dei barili estratti. La tecnologia deepwater (acque profonde) è costosa, rischiosa e tecnicamente complessa. Richiede piattaforme in grado di resistere a tifoni, pressioni sottomarine enormi e sistemi di estrazione robotizzati avanzati.
Perché la Cina investe tanto in questo? La risposta è geopolitica ed economica. La Cina è il più grande importatore mondiale di petrolio, ma non si rassegna a dipendere totalmente dalle rotte commerciali che potrebbero essere bloccate o rallentate in caso di crisi internazionali. Sviluppare una capacità interna di operare in acque profonde permette a Pechino di:
Sfruttare le risorse nel Mar Cinese Meridionale, spesso oggetto di dispute, ma ricchissimo di idrocarburi.
Mantenere una competenza ingegneristica di alto livello, esportabile poi all’estero.
Garantire una base minima di sicurezza energetica nazionale, diversificando le fonti.
Non risolverà il fabbisogno energetico del Dragone dall’oggi al domani, certo, ma dimostra una tenacia industriale che l’Occidente, spesso troppo impegnato in transizioni energetiche talvolta ideologiche, tende a sottovalutare.
Domande e risposte
Perché riaprire un giacimento già sfruttato dal 1996? Le tecnologie di estrazione degli anni ’90 non permettevano di recuperare tutto il greggio presente. Nel giacimento di Liuhua sono rimaste circa 140 milioni di tonnellate di petrolio, una quantità enorme che giustifica investimenti massicci per un “secondo sviluppo”. Con le nuove tecnologie deepwater, è oggi possibile estrarre ciò che ieri era irraggiungibile, massimizzando il rendimento di un asset già conosciuto e mappato, riducendo così i rischi esplorativi rispetto a cercare nuovi giacimenti da zero.
Cos’è esattamente il “Deepwater” e perché è difficile? Con il termine deepwater si intendono generalmente operazioni in acque profonde oltre i 300 metri (come in questo caso, 305 metri). La difficoltà risiede nell’ambiente ostile: la pressione dell’acqua è schiacciante, le temperature sul fondale sono basse e le infrastrutture di superficie devono essere ancorate o stabilizzate dinamicamente per resistere a correnti e tempeste. Operare in queste condizioni richiede robotica avanzata e materiali speciali, rendendo la Cina parte di un club ristretto di nazioni capaci di gestire autonomamente tali progetti.
Questo renderà la Cina indipendente dal petrolio estero? Assolutamente no. La produzione di 3.900 tonnellate al giorno è un ottimo risultato tecnico e un record per il giacimento, ma è una goccia nel mare rispetto al consumo quotidiano della Cina, che è di milioni di barili. Tuttavia, la strategia cinese è quella della diversificazione e della sicurezza: ogni barile prodotto in casa è un barile che non deve passare per lo Stretto di Malacca. È una questione di sicurezza nazionale e di resilienza economica, più che di totale autarchia.








You must be logged in to post a comment Login