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La Cina costruisce una base aerea nel cuore della Seconda Catena di Isole, che apre la strada verso le basi USA

Mentre gli USA promettono miliardi, la Cina rinnova una pista strategica della Seconda Guerra Mondiale in Micronesia, a un passo da Guam. Fallimento del CoFA?

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La domanda che circola con insistenza tra le élite strategiche americane è tanto semplice quanto inquietante: la Cina sta metodicamente smantellando l’architettura di difesa americana nel Pacifico, pezzo dopo pezzo? Sebbene l’amministrazione Trump abbia chiaramente identificato Pechino come la sfida strategica numero uno per gli Stati Uniti, la realtà sul campo – o meglio, sugli atolli – racconta una storia diversa, fatta di distrazioni burocratiche e cemento cinese a presa rapida.

Coloro che sollevano dubbi hanno argomenti solidi. Stiamo parlando di una nazione legata agli USA da un trattato vincolante per la sua difesa e sicurezza. Eppure, questo stesso alleato ha invitato la Cina a rinnovare una pista di atterraggio abbandonata, un sito con implicazioni geopolitiche enormi e un passato glorioso durante la Seconda Guerra Mondiale. Tutto questo accade subito dopo che il Segretario alla Guerra degli Stati Uniti aveva promesso di rinnovarla con fondi americani. Una beffa per gli USA che rischiano di trovarsi una base aperta alla Cina vicino a Guam.

Il paradosso di Woleai: Cemento cinese in territorio “americano”

La Cina non sta solo parlando; sta costruendo. Attualmente, Pechino sta rinnovando la pista aerea sull’atollo di Woleai, nello stato di Yap, parte degli Stati Federati di Micronesia (FSM). La velocità è impressionante: la struttura sarà probabilmente operativa entro la fine dell’anno, ovvero entro soli sette mesi dalla ricezione del contratto.

Per chi non avesse familiarità con la geografia del Pacifico, Woleai non è un punto qualsiasi sulla mappa. Si trova a sole 418 miglia, 640 km,  dal territorio statunitense di Guam. Guam è, senza mezzi termini, l’hub militare più importante per l’aeronautica e la marina degli Stati Uniti per proiettare e mantenere la potenza nell’Indo-Pacifico.2 Una “portaerei inaffondabile” che ora si trova una potenziale spina nel fianco a poche centinaia di miglia.

Posizione dell’atollo Woleai

L’azienda statale cinese Shandong Hengyue Municipal Engineering Co. si sta occupando dei lavori. L’obiettivo dichiarato, come da manuale della soft power cinese, è puramente civile: fornire ai residenti di Woleai un accesso aereo vitale, sostituendo i lunghi viaggi in barca e, naturalmente, “mostrare l’ingegneria cinese”.

Nota tecnica: Attualmente, i residenti di Woleai affrontano giorni di viaggio in barca per raggiungere la terraferma di Yap. Woleai, che comprende 22 atolli, si trova a circa 423 miglia a sud-est di Yap. L’esigenza civile è reale, ma la soluzione geopolitica è esplosiva.  Certo che vedere una pista di livello militare per un atollo con poco più di 1000 abitanti fa un po’ impressione…

Nuova pista di atterraggio a Woleai – fonte X

Le implicazioni strategiche: ACE contro Dual-Use

La ristrutturazione a guida cinese della pista di Woleai ha implicazioni geopolitiche serie, data la crescente competizione strategica tra USA e Cina.

Solo nel marzo di quest’anno, il Segretario alla Guerra Pete Hegseth aveva comunicato al Presidente degli Stati Federati di Micronesia che le infrastrutture militari americane nell’area sarebbero state potenziate. L’obiettivo era facilitare i piani del Pentagono nella regione, specificamente il concetto Agile Combat Employment (ACE) dell’US Air Force.

Cos’è l’ACE?

In termini semplici, è una dottrina che richiede l’accesso a campi d’aviazione dispersi. In caso di conflitto, gli aerei americani non devono essere concentrati tutti su grandi basi (facili bersagli per i missili cinesi), ma sparpagliati su molte piccole piste. Woleai doveva essere una di queste. Ora rischia di diventare una base avanzata per l’avversario.

Gli Stati Uniti avevano promesso oltre 2 miliardi di dollari in investimenti infrastrutturali negli FSM per migliorare la mobilità militare, incluso un aggiornamento da 400 milioni di dollari al principale aeroporto internazionale di Yap a Colonia.6

Washington e gli Stati Federati di Micronesia (di cui Yap è uno stato, insieme a Pohnpei, Chuuk e Kosrae) avevano persino firmato un accordo per facilitare le costruzioni di difesa, mirato a superare qualsiasi ostacolo burocratico.

La cronologia del fallimento

Ecco come la burocrazia e la disattenzione hanno perso la partita contro il pragmatismo cinese:

  • 2 Maggio: Il governo di Yap annuncia la firma della lettera di controllo operativo con i funzionari USA. Sembrava fatta.
  • 27 Maggio: Sorpresa. Funzionari della Cina, degli FSM e dello Stato di Yap inaugurano il progetto per ricostruire la pista a Woleai. Il Presidente degli FSM Wesley Simina e i leader locali di Yap partecipano alla cerimonia, sorridenti, accanto alle bandiere cinesi.

È interessante notare che questa pista fu costruita dal Giappone Imperiale durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu danneggiata dalle forze USA, riabilitata dalla US Navy e poi lasciata cadere in rovina. Le forze alleate trovarono gli atolli di Yap estremamente utili per le operazioni navali contro il Giappone. La storia, come spesso accade, non si ripete ma fa rima: in una guerra moderna, queste isole sarebbero nuovamente cruciali. Questa volta, però, per contrastare le “disavventure” cinesi.

La strategia della “fusione militare-civile”

Esperti strategici come Domingo I-Kwei Yang dell’Istituto per la Ricerca sulla Difesa Nazionale e la Sicurezza di Taiwan sono chiari: “La Cina mira a stabilire un ‘Link Meridionale’, collegando l’Asia e il Sud America attraverso hub infrastrutturali strategici nel Pacifico”. Questo minaccia direttamente la politica “Emisferica” desiderata dfa Trump nel proprio documento della sicurezza nazionale.

Il controllo su porti, piste di atterraggio e sistemi ICT nel Pacifico serve a scopi dual-use (doppio uso):

  1. Civile: Transito e logistica commerciale.
  2. Militare: Espansione dell’influenza nel “cortile di casa” degli Stati Uniti.

Il Pentagono stesso, nel suo rapporto del 2024, aveva avvertito: “Dal 2015, la PRC ha probabilmente visto l’impegno e la corruzione deliberata nei paesi delle Isole del Pacifico come un’opportunità per espandere la sua influenza regionale… e aumentare l’influenza con le forze di sicurezza regionali”.

Il mistero del COFA: Chi paga comanda? Non proprio.

Il paradosso si infittisce se consideriamo il Compact of Free Association (CoFA).

CaratteristicaDescrizione del CoFA
PartecipantiUSA, Stati Federati di Micronesia (FSM), Isole Marshall (RMI), Palau.
StatusNazioni indipendenti, ex amministrazione fiduciaria USA.
ScambioGli USA forniscono aiuti economici e si assumono la responsabilità della difesa. In cambio, ottengono diritti strategici ed accesso militare esclusivo.
VistiI cittadini di FSM, RMI e Palau possono vivere e lavorare liberamente negli USA.

Nonostante gli FSM siano sotto l’ombrello di sicurezza americano e ricevano sostanziosi aiuti finanziari, mantengono relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese (a differenza di Palau e Marshall che riconoscono Taiwan).

La domanda sorge spontanea: se gli USA pagano per la difesa e hanno diritti di accesso esclusivo, come è possibile che un’azienda di stato cinese costruisca una pista strategica?

“Heads Must Roll”: La richiesta di responsabilità

Se, nonostante i forti legami politici, economici e di sicurezza, l’amministrazione Trump non è riuscita a prevenire la presenza cinese, mettendo a rischio miliardi di investimenti strategici, allora “deve esserci responsabilità e le teste devono cadere”, sostiene l’esperto navale Brent Sadler.

Sadler trova inconcepibile che:

  • Il Dipartimento degli Interni;
  • I comandi regionali;
  • I consulenti legali;

abbiano tutti fallito nel far rispettare le protezioni del CoFA. Secondo l’analista, il Joint Region Marianas e la Joint Task Force – Micronesia avrebbero dovuto suonare l’allarme in modo aggressivo. Invece, silenzio.

Il rischio è che un altro investimento cinese in strutture dual-use sia proceduto senza ostacoli sotto il naso di Washington. Senza un’indagine seria e senza conseguenze per chi ha dormito al volante, la leadership USA nella regione continuerà a fallire nell’identificare l’invasione silenziosa cinese.

La conseguenza dell’inazione? Rendere inutili anni di sforzi e miliardi di dollari dei contribuenti americani in investimenti militari. Mentre Washington firma carte e promette fondi futuri, Pechino sta versando l’asfalto. E nel Pacifico, chi ha la pista, comanda il cielo.

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