Euro crisis
La chiusura degli stabilimenti Lactalis in Italia ed i rischi per le privatizzazioni volute da Saccomanni: altro regalo allo straniero?
Lactalis acquisto’ circa due anni or sono Parmalat, entrando a pieno titolo nel gotha dell’alimentare italiano. Tanto per dare un metro di misura, fu un po’ come comprarsi Armani nella moda.
Bene, allo scopo di evitare la vendita del gruppo alimentare parmense posso vantarmi di avere preso nel 2011 carta e penna ed aver contattato eminenti aziende alimentari nazionali chiedendo di non lasciare acquistare Parmalat da gente che avrebbe inevitabilmente delocalizzato: il mio fu un fallimento. Anzi, il fallimento è del Paese, non solo mio. Spieghiamo ora cosa sta succedendo oggi a Lactalis ed alle sue attività in Italia, a solo un paio d’anni o poco più di distanza dalla grande acquisizione dell’ex gigante di Collecchio.
Prima di tutto sono tenuto ad affermare che Lactalis comprò ad un prezzo congruo l’azienda, per circa 3,7 mld EUR (83%). In quel periodo Parmalat era gestita dal dott.Bondi, soggetto che ha un record impressionante di vendite allo straniero delle aziende che lui ha diretto, Montedison, Telecom Italia, Parmalat. Pezzi pregiatissimi, tutti persi dal Belpaese (per l’azienda di telefonia nazionale essa tecnicamente non è stata ancora venduta ma dobbiamo considerare cosa era Telecom dieci anni fa e cosa sarà a breve con la vendita di Telecom Argentina e di TIM Brasil a breve, …).
Ma questa è solo un dettaglio, onestamente spero che il dott. Bondi se ne sia definitivamente andato in pensione, per quanto mi riguarda verrà ricordato come il simbolo della resa imprenditoriale italica e la sua memoria sarà indissolubilmente associata alla perdita di competenze ed imprese nazionali. E ci aggiungo anche una nota di colore: Mario Monti, dopo che vide l’assunzione del proprio figlio in Parmalat nel 2009, nominò il dott. Bondi come responsabile della Spending Review, gran buco nell’acqua. Successivamente lo chiamò a scremare i candidati della stessa lista Monti: un flop alle urne. Insomma, per me ce n’è abbastanza per avere davvero paura di questa persona…. Che Dio l’abbia in gloria, sperando che non caschi giù anche il Supremo quando lo conoscerà di persona…, chiaramente spero succeda il più tardi possibile. Che grande famiglia, Monti, Bondi, Saccomanni, forse Letta….
Continuando con l’argomento principe, il punto è invece che Parmalat è stata comprata da Lactalis nel momento in cui Collecchio aveva accumulato una cassa di circa 1,3 mld di EUR, cassa poi utilizzata dall’azienda acquirente per finanziare il takeover, vedasi il prosieguo. In effetti, puntualmente, la cassa di Parmalat, cassa originariamente accumulata con il fine di espandersi a livello internazionale, fu stata assorbita dal Gruppo Lactalis per una acquisizione interna, ossia l’acquisizione di Lactalis USA, un’azienda di proprietà dello stesso gruppo acquirente. Dunque la cassa andò in direzione Parigi (il costo dell’operazione per Lactalis fu dunque di 3,7 mld EUR- 1,3 mld EUR di cassa recuperata, bel regalino). Che bello!
Ma non è tutto. In Italia Lactalis detiene anche Invernizzi e Galbani, due colossi. Notasi, queste sono aziende con marchi rinomati e storici e pur anche produttive in Italia, aziende che generano occupazione ed utili, aziende sane. Ora, che sta succedendo? Semplice, a parte le scaramucce con gli investitori di minoranza e la procura, che nel 2013 ha messo in discussione certe operazioni poco chiare nella gestione di Parmalat da parte del board a direzione francese (appunto l’acquisto di Lactalis USA con la cassa ex Parmalat), l’azienda transalpina sta ora “razionalizzando” ossia significa che, tra le altre cose, sta spostando produzione ed occupazione in altri stabilimenti (francesi?), lasciando a casa migliaia di operai italiani. E non vi dico nulla dei ruoli direttivi definitivamente persi in Italia – chissà che fine avrà fatto il figlio di Mario Monti -, chiaramente la holding ex Parmalat è stata smobilitata e trasferita in Francia assieme al lavoro “pregiato” e ben retribuito di alto management, ruoli che di fatto in Italia non esistono più se non marginalmente.
Questa è una guerra economica.
Ora, facciamo un’analisi macro, diamo una lettura degli eventi un attimo più cinica: Lactalis compra Parmalat, usa la cassa per finanziare l’acquisizione di una sua stessa azienda, probabilmente eccede nelle proprie prese di posizione mirate a massimizzare il suo profitto nell’azienda di Collecchio trasferendo la cassa nella holding francese, la procura interviene e, guarda caso, in concomitanza del lavoro della procura Lactalis minaccia di chiudere gli stabilimenti Galbani e Invernizzi non perchè non profittevoli ma perchè “politicamente” ha deciso di trasferire la produzione altrove. Il discorso gira? Una sola cosa sembra certa: l’occupazione francese certamente ne trarrà giovamento.
Ripeto, questa è una guerra: in un momento di crisi europea, mai come ora il detto mortis tua è vita mea è applicabile. Il fatto che la nostra classe politica non lo capisca è tanto impressionante quanto preoccupante. Ma attenzione, questo non è un caso isolato: ad esempio Luca di Montezemolo è molto attivo in acquisire aziende e marchi italiani per poi rivendereli all’estero facendo profitto. L’ultimo caso è Poltrona Frau, comprata dal fondo Charme di proprietà del patron della Ferrari alcuni anni or sono e finita negli Stati Uniti ad un fondo di investimento (che facilmente razionalizzerà tagliando ancora l’occupazione locale). Ossia, oggi il game da giocare è vendere (o svendere) l’Italia che piace all’estero e certi imprenditori sono attivissimi in questo, soprattutto quelli che hanno radici molto dubbie con l’Italia (molti di essi vivono stabilmente – o quasi – all’estero, la famiglia Agnelli et Elkann insegnano). Mi viene in mente J. Elkann che sfregia – notizia di oggi – Della Valle dicendo che l’imprenditore marchigiano possiede un’azienda nana, certo nana, ma che ha creato nuova occupazione in Italia negli scorsi 10 anni, mica come la Fiat. E poi mi viene alla mente Vauro alcuni giorni fa che in una trasmissione su Rai 3 se la prendeva con Briatore e con i milionari. Permettetemi, per quanto mi riguarda Vauro non ha capito una fava, invece di prendersela con i milionari che stanno svendendo l’Italia se la prende con quello che continua ad investirci ed a creare occupazione. Pazzesco. Io posso solo dare un consiglio a Briatore: vattene all’estero e poi fra quindici anni torna a salutare i figli e nipoti di Vauro, facilmente saranno felici operai in qualche azienda straniera che magari nel frattempo avrà acquisito anche il caseificio locale di Reggio Emilia. Personalmente ritengo che avere un’intellighenzia nazionale di stampo ex comunista è un pericolo enorme per il Paese in quanto questi soggetti non capiscono che la lotta non è più come cinquant’anni fa tra classe e classe ma tra interessi economici (e non ideologici) contrapposti, di paesi e culture diverse. Quando se ne accorgeranno il benessere italico sarà definitivamente sfumato, a quel punto magari liberalizzeranno anche la marijuana almeno la gente potrà usare i fumi psichedelici per dimenticare il benessere perduto.
Ma ricordatevi, qualcuno avrà la colpa di tutto questo. La classe politica di ignavi che oggi sta al governo, e che non rappresenta nessun interesse italico visto che continua a non difendere gli interessi del Paese dall’aggressione straniera (perchè non si ridiscutono i trattati europei?), sarà pienamente e totalmente responsabile di questo scempio, ritengo anche a termini di legge. Infatti non escludo che in futuro verrà giudicata, appunto a termini di legge. In Italia, si sa, la giustizia arriva ad orologeria… Si sappia che lo scrivente ritiene che l’unico soggetto che ha la forza ed il supporto per decidere una rinegoziazione dei trattati europei ed eventualmente di uscire dall’euro sia il tanto vituperato Cavaliere.
Prendiamo in considerazione per un attimo le privatizzazioni che Saccomanni vuole far digerire agli italiani durante il 2014, spero sappiate che temo che egli agisca in tal modo con il fine principale di garantirsi un futuro di boiardo europeo, magari nel board della BCE, gli interessi dello Stato sono secondari. E dico questo sulla base di fatti concreti: economicamente la svendita di quello che resta delle partecipazioni statali non ha assolutamente senso. Pensate, vendere aziende che solo di dividendo pagano circa il 6% (ENI) per ripagare con i proventi della privatizzazione debiti che costano meno del 4% è chiaramente una scemenza, che logica economica c’è se non quella di rendere contendibile dei veri gioielli che sono quello che sono grazie ai soldi delle tasse pagate dai nostri padri? A casa mia lo Stato dovrebbe comprarsi azioni di ENEL ed ENI indebitandosi sotto il 4%, ossia comprare qualcosa che gli rende oltre il 6%, altro che vendere le quote residue rimaste in portafoglio! Vi svelo un “segreto”: sapete perchè prima di tutto la Germania è interessata ad aziende come ENI (che non prenderà mai a causa del veto anglosassone, e quindi si indirizzerà verso l’altro colosso energetico romano)? Durante Yalta si decise che i due paesi che avevano scatenato la guerra per le risorse, la seconda guerra mondiale, dovevano essere esclusi dallo sfruttamento petrolifero che doveva essere appannaggio esclusivo dei paesi vincitori (l’Italia costruì ENI quasi per caso, grazie al genio del singolo, Enrico Mattei, uomo che aveva buoni rapporti con i servizi anglosassoni in quanto era capo partigiano durante la guerra, come lo era Eugenio Cefis, l’altro boiardo di Stato che emerse nel periodo della ricostruzione…). Oggi la Germania, con una grande manovra strategica degna dei propri antenati, si sta risvegliando e vuole ritornare a ricoprire il ruolo che le compete in Europa. Se vuole essere forte deve avere le spalle larghe a livello energetico, è inevitabile. Ed ecco Olli Rehn a richiedere privatizzazioni, leggete bene, sopratutto energetiche lato italiano, che è opggi il paese debole ed attaccabile oltre che ricco di soldi, competenze ed aziende. Complottista? Forse, ma tale atteggiamento mi ha salvato il deretano in più di un’occasione. Vedremo, basta aspettare.
Bene, spero che gli italiani capiscano che quello che è successo a Parmalat può succedere ad esempio ad una ENEL privatizzata: se se la compra il tedesco di turno questo a termine trasferirà occupazione, margine ed eventualmente cassa in Germania, oltre che tutti i flussi finanziari ed i margini delle partecipate straniere oggi tassate in complemento qui in Italia, visto che l’Italia ha la tassazione corporate tra le più alte d’Europa, per inciso ben più alta della Germania. E per concretizzare la svendita di ENEL – a questi prezzi – è veramente facile: basta aspettare l’OPA dello straniero e non invocare la golden share da parte del governo, governo che così facendo sarebbe bollato definitivamente di ignavia…. Se questo accadrà sono certo che questa volta la reazione sarà rabbiosa.
Mitt Dolcino
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