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Iran, corsa ai missili: le fabbriche lavorano 24 ore su 24 per prepararsi a un nuovo conflitto con Israele
L’Iran accelera la produzione di missili: le fabbriche lavorano 24/7 per “saturare” Israele Dopo la “Guerra dei 12 Giorni”, l’Iran ha cambiato strategia: non più attacchi diluiti, ma un lancio di 2.000 missili in un solo colpo per sopraffare le difese. La Cina starebbe aiutando a fornire i componenti chimici essenziali.

La tensione in Medio Oriente non accenna a diminuire. Dopo la “Guerra dei 12 Giorni” dello scorso giugno, l’Iran ha dichiarato di aver impresso una forte accelerazione alla sua produzione missilistica. L’obiettivo non è solo ricostituire gli arsenali, ma applicare le lezioni imparate per essere pronti a “saturare” le difese antimissilistiche israeliane, che durante l’ultimo conflitto hanno mostrato segni di affaticamento.
Il tutto si inserisce in un contesto già esplosivo, con le crescenti preoccupazioni per il programma nucleare di Teheran che aleggiano come un’ombra su una possibile, nuova escalation.
La nuova dottrina della “saturazione”
Fonti ufficiali iraniane, tra cui il ministro degli Esteri Abbas Araghchi e il ministro della Difesa, il generale di brigata Aziz Nasirzadeh, hanno proclamato che la “potenza missilistica oggi supera di gran lunga quella della Guerra dei 12 Giorni” e che la produzione è “migliorata sia in quantità che in qualità“.
Ma il dato più interessante, come riportato dal New York Times citando Ali Vaez dell’International Crisis Group, è che “le fabbriche di missili lavorano 24 ore al giorno”. Il cambio di strategia è evidente: se nello scontro di giugno l’Iran lanciò circa 500 missili nell’arco di 12 giorni, ora l’obiettivo è diverso. “Sperano di lanciarne 2.000 in una volta sola per sopraffare le difese israeliane“.
Israele, dal canto suo, sente che “il lavoro è incompiuto” e non vede motivi per non riprendere il conflitto. Di conseguenza, l’Iran sta raddoppiando i preparativi per il prossimo round. Questa volta le armi non saranno centellinate.
Lezioni imparate e la gara costo-efficacia
Secondo Behnam Ben Taleblu, senior fellow della Foundation for Defense of Democracies (FDD), la Repubblica Islamica non sta solo aumentando i numeri, ma sta anche migliorando l’efficacia dei suoi sistemi d’arma, imparando “come sparare meno e ottenere di più” in base agli obiettivi e alla sequenza di lancio.
Teheran punta a migliorare la letalità della sua forza missilistica, probabilmente concentrandosi su vettori come il Fattah-1, l’Haj Qassem e il Kheibar Shekan. Si tratta di missili balistici a medio raggio (MRBM) progettati per avere alta manovrabilità terminale e velocità elevate, caratteristiche studiate appositamente per eludere gli intercettori.
Durante il conflitto di giugno, la situazione fu la seguente (secondo dati IDF, non verificabili indipendentemente):
- Missili lanciati (Iran): 631
- Missili che hanno raggiunto Israele: 500
- Missili intercettati: 221
- Missili caduti in aree popolate: 36
- Missili caduti in aree aperte: 243
- Tasso di successo intercettazione (dichiarato IDF): 86%
Un tasso dell’86% può sembrare una vittoria, ma ha avuto un costo enorme. I rapporti indicano che il sistema di difesa aerea integrato (IADS) israeliano e statunitense è stato messo a dura prova (“stretched thin”). Questo evidenzia un problema strategico ed economico fondamentale: i missili offensivi, per quanto rozzi, sono quasi sempre molto più economici dei sofisticati intercettori necessari per fermarli.
L’Iran scommette su questa “battaglia di logoramento”: può produrre missili a un costo e a una velocità che la difesa non può sostenere nel lungo periodo.
Il problema è che le difese, allo stato attuale, sono più costose dei mezzi d’attacco, ponendo l’equilibrio della tragica economia di guerra a favore dell’attaccante.
L’ombra della Cina e la questione nucleare
L’Iran non sta correndo da solo. Secondo fonti di intelligence europee citate dalla CNN, la Cina starebbe giocando un ruolo chiave nel rifornire Teheran.
Nello specifico, si parla di spedizioni di perclorato di sodio, il principale precursore chimico per la produzione di propellente solido che alimenta i missili iraniani. Circa 2.000 tonnellate sarebbero arrivate al porto di Bandar Abbas dopo la guerra.
Non solo. Pechino starebbe anche valutando la vendita di sistemi avanzati di difesa aerea HQ-9 all’Iran, per aiutarlo a ricostruire le difese distrutte da Israele durante i raid.
Tutto questo avviene mentre la questione nucleare rimane irrisolta. Gli Stati Uniti sostengono di aver danneggiato gravemente le capacità iraniane con l’operazione “Midnight Hammer” (che ha visto l’uso di bombe “bunker buster” MOP da parte di B-2 sui siti di Fordow e Natanz). Tuttavia, l’Iran sembra continuare a lavorare su un nuovo sito di arricchimento (noto come “Pickaxe Mountain“) e rifiuta l’accesso agli ispettori internazionali.

Questo stallo, senza negoziati e senza supervisione, rende, secondo molti osservatori, un altro attacco israeliano “quasi inevitabile”.
Come ha chiosato Taleblu, è in atto una “gara per ricostruire meglio”. Per Israele, si tratta di intercettori. Per l’Iran, di missili balistici. La “matematica incerta” tra queste due velocità potrebbe determinare la data del prossimo scontro. Israele comunque dovrà inventarsi qualcosa di diverso per la difesa del proprio spazio aereo, perché la dipendenza dai soli intercettori tradizionali rischia di non essere sufficiente nel medio periodo.
Domande e risposte
Perché l’Iran vuole lanciare 2.000 missili in una sola volta? L’obiettivo è la “saturazione”. Qualsiasi sistema di difesa aerea, per quanto avanzato, ha un limite fisico al numero di bersagli che può tracciare e ingaggiare contemporaneamente. La “Guerra dei 12 Giorni” ha insegnato all’Iran che lanciare missili in modo scaglionato permette alla difesa di ricaricare e rispondere. Lanciandone migliaia simultaneamente, Teheran scommette che una parte significativa dei missili supererà inevitabilmente lo “scudo” israeliano, indipendentemente dal tasso di successo delle intercettazioni, causando danni maggiori.
Chi sta vincendo la “gara” economica tra missili e intercettori? Sul piano puramente economico, l’offesa è quasi sempre in vantaggio. Un missile balistico, anche se tecnologicamente datato, costa una frazione di un moderno missile intercettore (come quelli usati da sistemi Arrow o David’s Sling). L’Iran può permettersi di costruire migliaia di missili a un costo relativamente basso. Per Israele e i suoi alleati (come gli USA), difendersi da essi ha un costo esorbitante. A lungo termine, la difesa rischia di esaurire le scorte o il budget prima che l’attaccante esaurisca i missili.
Qual è il ruolo esatto della Cina in questo scenario? La Cina agisce come facilitatore industriale e strategico per l’Iran. In primo luogo, fornisce i precursori chimici essenziali (come il perclorato di sodio) necessari per produrre il propellente solido dei missili. Senza questo componente, la produzione di massa sarebbe molto più lenta e difficile. In secondo luogo, Pechino starebbe valutando la vendita di sistemi di difesa aerea avanzati (HQ-9) a Teheran. Questo aiuterebbe l’Iran a proteggere i suoi siti missilistici e nucleari dai raid aerei israeliani, rendendo più difficile per Israele colpire le capacità offensive iraniane










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