Attualità
Inflazione: se fosse la politica dei tassi della BCE a mantenerla elevata?
L’inflazione in Germania, e quindi nell’area euro, viene a dipendere anche dagli interessi applicati dalla BCE e che colpiscono aziende e mutui. La BCE sta buttando benzina sul fuoco?
L’inflazione in Germania continua a essere un problema, con stime che indicano un aumento del 2,4% a maggio e il ritocco tedesco probabilmente avrà delle conseguenze a livello di Euro Area e politica monetaria della BCE, ma c’è chi sostiene che la situazione sia ancora più grave di quanto sembri.
Johannes Schwanitz, professore dell’Università di Scienze Applicate di Münster, afferma che la Banca Centrale Europea (BCE), con la sua politica di aumento dei tassi di interesse, sta in realtà alimentando l’inflazione anziché combatterla. Pratic.amente la BCE sta cercando di spegnere il fuoco buttando benzina sulle fiamme. Intanto l‘inflazione tedesca sale:
La teoria di Schwanitz si basa su due argomenti principali:
- Aumento dei costi per le imprese: I tassi di interesse più elevati aumentano i costi di finanziamento per le imprese, che sono costrette a trasferire questi aumenti sui prezzi dei loro prodotti e servizi. Quindi una fetta dei costi delle imprese è legata proprio alla politica della BCE
- Aumento dei tassi dei mutui: I tassi di interesse più elevati si traducono in tassi dei mutui più elevati, mettendo sotto pressione i consumatori che devono pagare rate più alte per le loro case. In generale questo fa crescere i costi delle abitazioni, che poi si riflettono sull’inflazione in generale.
Il problema, secondo Schwanitz, è che l’aumento dei tassi dei mutui non viene considerato nel calcolo ufficiale dell’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo, infatti, si basa su un paniere di beni e servizi che non include i costi legati all’abitazione. Questo significa che l’inflazione reale, quella che i cittadini percepiscono nel loro quotidiano, è probabilmente più alta di quella riportata dalle statistiche ufficiali.
Schwanitz propone quindi di includere i tassi dei mutui e altri costi legati all’abitazione nel calcolo dell’inflazione, sostenendo che questo darebbe un quadro più accurato della situazione economica. Questo renderebbe molto più realistica la valutazione dei costi sostenuti dalle famiglie e delle spese che devono sostenere.
Tuttavia, questa proposta non è condivisa da tutti gli esperti. Stefan Kooths, direttore del Centro di ricerca sull’economia e l’economia mondiale dell’IfW Kiel, ritiene che includere i tassi dei mutui nel calcolo dell’inflazione non sarebbe economicamente corretto e porterebbe addirittura a una sottostima dell’inflazione stessa.
Il problema è che l’inflazione verrebbe ad essere influenzata immediatamente dalle politiche monetarie della BCE e l’intervento della Banca Centrale porterebbe ad un immediato aumento dell’inflazione, mandando il tilt gli indicatori.
Anche l’Ufficio federale di statistica (Destatis) si oppone all’idea di Schwanitz. Secondo Christoph-Martin Mai, capo del dipartimento dei prezzi al consumo di Destatis, l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe riflettere solo i beni e i servizi, non i costi di finanziamento.
La soluzione sarebbe quella di utilizzare due diversi indicatori dell’inflazione, uno basato su un paniere che considera il peso degli interessi e uno depurato di questo fattore, in modo da capire quando la politicaa monetaria diventa un peso sui prezzi, ma, per ora, questa indicazione non viene considerata.
La questione rimane quindi aperta: l’inflazione tedesca è davvero più alta di quanto dichiarato ufficialmente? La BCE sta sbagliando strategia nel combattere l’inflazione? Queste sono domande a cui gli esperti dovranno trovare una risposta, tenendo conto delle diverse opinioni e delle implicazioni economiche e sociali di ogni decisione.
Intanto però, in Germania, è stata la politicca fiscale, con la fine delle agevolazioni sull’IVA, a portare a un aumento dell’inflazione.
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