EnergiaIndia
India: l’asta petrolifera dei record slitta ancora. Nessuno vuole trivellare con il fisco al 70%?
Quarto rinvio per il round OALP-X: New Delhi cerca indipendenza energetica, ma fisco e burocrazia fanno fuggire le Big Oil.

L’India ha deciso, per la quarta volta, di “calciare il barattolo” un po’ più in là. La scadenza per le offerte del round di licenze OALP-X è stata prorogata al 18 febbraio. Doveva essere il fiore all’occhiello della India Energy Week lanciata con squilli di tromba lo scorso febbraio, ma si sta trasformando in un silenzioso imbarazzo che la dice lunga sulla voragine tra le ambizioni geopolitiche di New Delhi e la dura realtà dei conti economici degli investitori.
Non stiamo parlando di una piccola asta di un pugno di lotti nascosti in qualche angolo oscuro del bilancio statale. L’OALP-X rappresenta la più vasta offerta di superficie mai messa sul piatto dall’India sotto la sua nuova politica di licenze: quasi 192.000 chilometri quadrati sparsi su 13 bacini sedimentari. Il mix è tecnicamente ambizioso, puntando pesantemente sull’offshore: acque ultra-profonde, profonde e basse, con una fetta minore dedicata alla terraferma. New Delhi aveva già spostato la scadenza ad agosto, citando la necessità di dare più tempo agli offerenti, poi a ottobre, successivamente a dicembre. Ora siamo a febbraio.
Ufficialmente, non c’è una spiegazione per questo ennesimo rinvio. Ufficiosamente, però, le ragioni sono i “soliti sospetti” che frenano l’economia reale quando si scontra con la burocrazia:
- Mancanza di partecipazione: Gli investitori latitano, schiacciati dalla complessità normativa.
- Peso fiscale: L’incertezza sulle regole di perforazione si somma a termini fiscali che definire onerosi è un eufemismo.
- Il prelievo statale: La realtà, cruda come il petrolio che vorrebbero estrarre, è che il government take può raggiungere il 60-70% dei ricavi upstream. Con i prezzi attuali nessuno pensa di assumersi i rischi dell’investimento a fronte di un prelievo fiscale così elevato.
- L’autogol dell’IVA: Un recente aumento dell’aliquota GST (l’equivalente della nostra IVA) sugli input di esplorazione e produzione non ha certo aiutato a rendere il piatto più appetitoso.
Si tratta di un tempismo decisamente goffo per un Paese che dipende dalle importazioni per oltre l’85% del suo fabbisogno petrolifero e che vorrebbe disperatamente vedere quel numero scendere, non salire. La dipendenza indiana dal greggio estero ha toccato un record nell’ultimo anno fiscale, proprio mentre la domanda continua ad arrampicarsi e la produzione interna rimane piatta. Il governo lo sa bene, ed è per questo che ha corteggiato le majors straniere parlando di bacini di frontiera come l’Andaman offshore, azzardando talvolta paragoni con la Guyana che fanno inarcare più di un sopracciglio tra gli esperti.
Sulla carta, l’interesse c’è. Petrobras ha firmato lettere d’intenti con i produttori statali indiani; Exxon, Chevron, BP e TotalEnergies hanno siglato accordi di cooperazione. Tuttavia, l’economia non si fa con le strette di mano: l’interesse non si traduce automaticamente in offerte, e le offerte non sono trivelle in acqua. I ripetuti rinvii tengono in vita il round, è vero, ma segnalano un’esitazione che rischia di diventare cronica.
Domande e risposte
Perché l’India continua a rimandare la scadenza dell’asta OALP-X? L’India ha posticipato la scadenza per la quarta volta principalmente a causa della scarsa partecipazione degli investitori. Nonostante l’enorme offerta di superficie esplorativa, le compagnie petrolifere sono scoraggiate da un mix letale di burocrazia complessa, incertezza normativa e un prelievo fiscale statale eccessivo, che può arrivare fino al 70% dei ricavi. Il governo sta cercando di guadagnare tempo sperando di convincere le grandi compagnie a trasformare il loro interesse teorico in offerte reali.
Qual è la situazione energetica dell’India che rende questa asta così importante? La situazione è critica: l’India importa oltre l’85% del suo petrolio, una dipendenza che ha raggiunto livelli record nell’ultimo anno fiscale. Con una domanda interna in costante crescita e una produzione domestica stagnante, New Delhi ha un bisogno disperato di scoprire nuovi giacimenti per garantire la sicurezza energetica e ridurre l’enorme esborso di valuta estera. Il fallimento di questo round di licenze rappresenterebbe un duro colpo per la strategia di indipendenza energetica del Paese.
Le grandi compagnie petrolifere occidentali sono interessate a investire in India? Sulla carta sì, ma nella pratica sono molto caute. Colossi come Exxon, Chevron, BP e TotalEnergies hanno firmato accordi di cooperazione e mostrato interesse diplomatico. Tuttavia, “interesse” non significa “investimento”. Le condizioni fiscali indiane, incluso un recente aumento della tassazione indiretta (GST) sui costi di esplorazione, rendono i progetti meno competitivi rispetto ad altre aree del mondo, come la Guyana. Finora, le firme sui protocolli d’intesa non si sono trasformate in trivelle operative.







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