Politica
IL RINVIO E LA SOLUZIONE
Il salvataggio della Grecia – un Paese tecnicamente fallito da anni – ha una sola spiegazione: si è voluto evitare che si creasse un problema di credibilità per l’intera eurozona. Ed effettivamente la paura di quell’allarme era tanto diffusa che, secondo lo stesso Mario Draghi, in caso di uscita della Grecia dall’euro “si sarebbe navigato in acque ignote”. Una possibile interpretazione del comportamento di Alexis Tsipras è che sia stato proprio contando su questa paura che, alla fine di giugno, egli ha tirato la corda fino a romperla. È stato quando l’Europa si è rassegnata alla Grexit, e i mercati hanno detto che non temevano poi troppo l’evento, che le autorità europee hanno ritrovato il coraggio di dire di no, ed anzi ne hanno approfittato per imporre alle Grecia condizioni ancor più gravose.
Ma questa è cronaca. Più interessante è chiedersi: con il salvataggio della Grecia il problema è stato risolto o rinviato? Non soltanto la Grecia non è l’unico Paese pesantemente indebitato, ma neanche gli altri saranno mai in grado di rimborsare il denaro pubblico contratto. Come se non bastasse esso continua ad aumentare e dunque la conclusione è che o si trova una soluzione per tutti, o quel debito una soluzione la troverà da sé: con una mostruosa crisi di borsa mondiale.
Qui si propone un gioco. Ciascuno si attribuisca ipoteticamente i poteri di un dittatore mondiale e cerchi di risolvere in un sol colpo il problema di tutti i Paesi. Inclusi gli Stati Uniti e incluso il Giappone. E sarà pure lecito concludere: “Forse ho capito perché in Europa tendono tanto a rinviare il problema. Neanche loro sanno come risolverlo”. Chi invece riesce ad immaginare una soluzione deve tenere conto almeno delle seguenti obiezioni.
Con la soluzione:“Nessuno paga nessuno”, la perdita dei crediti ricadrebbe in modo ineguale sulla gente, e punirebbe in modo pesantissimo soprattutto coloro che hanno avuto fiducia nello Stato. Inoltre si violerebbe il principio di uguaglianza di tutti i cittadini, penalizzando il risparmio, in violazione della Costituzione (art.47). Altro effetto: poiché molti crediti sono detenuti dalle banche, la perdita di quei cespiti, aggravata dalla piramide dei Credit Default Swaps, potrebbe destabilizzarne tante, facendole fallire. E anche per questa via i clienti sarebbero derubati dei loro averi.
Problemi internazionali: tutti gli Stati perderebbero la possibilità di ulteriori crediti; si danneggerebbe gravemente il commercio mondiale; nel caso di Stati vicendevolmente indebitati, alcuni debiti sarebbero compensati, e il massimo beneficio l’avrebbero gli Stati Uniti, che hanno in termini assoluti il massimo debito pubblico, e la cui moneta è tenuta come moneta di riserva anche da Paesi poveri. Dunque i Poveri sarebbero derubati dal ricco. Questo scenario è così poco inverosimile che, prudentemente, la Cina pare abbia cominciato da tempo a liberarsi dei Treasury Bonds. Essa compra quanti più beni può all’estero, perché vuole possedere beni e non carte. Gli Stati Uniti viceversa non perderebbero praticamente nulla, perché non risulta posseggano molti titoli del debito sovrano degli altri Paesi.
La soluzione: “Intanto noi non paghiamo nessuno e torniamo alla valuta nazionale” è certamente possibile, ma non si può sperare di essere gli unici ad adottare questo comportamento. Dunque si innescherebbe la reazione di cui al paragrafo precedente, cui rimane il dovere di rispondere.
Altra soluzione: “Non dico che non pagherò, pagherò a poco a poco”. Nel caso dell’Italia, volendo rimborsare il capitale in dieci anni, il primo anno dovremmo pagare circa 215 mld. E in più i circa 70 mld d’interessi che già paghiamo. Alzi la mano chi crede che sia possibile. Anche spalmando i pagamenti su vent’anni, bisognerebbe mettere in conto 107 mld più la somma per gli interessi. Rimaniamo nel campo dell’impossibile.
Un’altra soluzione sarebbe quella di riuscire ad incrementare il nostro avanzo primario fino al 10% del prodotto interno lordo (aumento netto della ricchezza prodotta rispetto alle spese, esclusa quella per gli interessi del debito pubblico) per poi rimborsare il debito con quell’avanzo primario. Quante persone pensano che l’Italia possa avere nei prossimi dieci anni un costante avanzo primario del 10%, che la Cina non ha più da tempo e non conta di riconquistare?
Ulteriore ipotesi. Lo Stato, tornato alla valuta nazionale, comincia a rimborsare il capitale del debito semplicemente stampando moneta. Sempre considerando vent’anni, ciò significherebbe immettere in circolo 107 mld l’anno: non soltanto si provocherebbe una notevole inflazione, con i conseguenti danni sociali a carico dei più deboli, ma anche un discredito dei nostri titoli. Infatti si si saprebbe che nel tempo il loro valore (in termini di potere d’acquisto) diminuirà e per conseguenza tutti cercherebbero di disfarsene. Ciò potrebbe portare ad una crisi borsistica devastante, per l’Italia, accelerando quell’inflazione che si intendeva dosare.
Naturalmente si possono contestare queste ipotesi e farne parecchie altre ma, appunto, la discussione è appena cominciata.
Gianni Pardo, [email protected]
19 luglio 2015
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