Attualità
IL RAPPORTO CONSOB SUL RISPARMIO (di C.A. Mauceri)
È stato appena pubblicato il rapporto Consob sul Risparmio delle Famiglie Italiane che fotografa le abitudini di risparmio nel Bel Paese. La presentazione ufficiale è avvenuta nei giorni scorsi in occasione della World Investor Week.
Lo studio ha confermato quello che da tempo in molti avevano supposto e spiega certi comportamenti e molte delle scelte di finanza ed economia adottate sia a livello nazionale che comunitario.
Il primo dato interesasante è la dimensione della ricchezza netta degli italiani, quantificabile in 9mila miliardi di Euro. Una somma notevolissima e che appare essere rimasta stabile dallo scoppio della crisi (chissà per quanto…). Per comprendere le dimensioni di questa ricchezza basti pensare che il dato analogo relativo all’intera area Euro è stimato in poco meno di 50mila miliardi. In altre parole, in Italia sono conservati capitali per circa un quinto dell’intera ricchezza europea. Una somma enorme che non può non far gola a molti. Tornano alla mente le politiche adottate per l’eliminazione del contante o quelle per favorire o imporre la circolazione di moneta virtuale (e il relativo indebitamento che va a scavare proprio sui risparmi dei cittadini) o quelle che impongono continue spese da parte di una nazione che non riesce ad uscire dalla crisi (e il fatto che altri settori, invece, non siano mai stati attaccati – come il gioco d’azzardo).
Altro dato interessante è la ripartizione di questa ricchezza: circa 5mila miliardi sarebbero costituiti da immobili, 4mila miliardi da beni mobiliari (conti correnti, strumenti finanziari, crediti). Anche in questo caso torna alla memoria l’accanimento di chi ha governato negli ultimi anni sulla proprietà immobiliare. Dalla sua entrata in vigore, IMU è sempre aumentata anno dopo anno, fino ad arrivare, durante il governo del tecnico Monti, ad essere chiesta anche per la prima casa (cosa che andava contro la Costituzione e costrinse il governo ad un parziale dietro front clamoroso). E gli aumenti sono continuati.
Ma la cosa più sorprendente che emerge dal rapporto è che, nonostante si tratti di una ricchezza enorme, i proprietari non sanno gestirla, rischiando spesso di rimanere vittime di speculazioni e di raggiri. Torna alla memoria quanto emerso durante molte delle inchieste su recenti fallimenti di grandi imprese: dalle indagini spesso emerge evidente che molti degli investitori non sapevano i rischi che correvano (forse perché non ben informati, forse perché i mezzi utilizzati erano poco comprensibili a chi non mastica finanza tutti i giorni). Stessa cosa per i famosi “derivati”.
Ora la ricerca presentata dalla Consob ha confermato che, quasi sempre, gli investitori italiani non sanno quello che fanno quando investono i propri soldi o quando devono sottoscrivere un mutuo per comprare casa. E perfino quando si parla di questioni finanziarie di interesse nazionale. Circa metà di loro non ha ben chiaro nemmeno il concetto di inflazione. Figurarsi quelli di interesse semplice o la relazione tra rischio e rendimento. Spessissimo mancano le conoscenze di base indispensabili per capire se l’offerta di un conto corrente bancario o di un prodotto finanziario o del mutuo sottoscritto sono più o meno vantaggiosi e cosa prevedono le carte che queste persone sono chiamate a firmare. Allo stesso modo, gli italiani spesso non sono capaci di comprendere a fondo le politiche finanziarie adottate da chi governa.
Se la situazione è già grave per le conoscenze di base, peggiora drasticamente non appena si passa a termini più specifici: solo un terzo della popolazione italiana (il 33%) sa cosa vuol dire “diversificare”, solo il 18% comprende il significato di “rischio di liquidità” e il “rischio di credito” è comprensibile solo per un sesto degli intervistati. “Rischio di mercato”, poi, è comprensibile per un italiano su dieci.
Ma la cosa più grave, forse, è che gli italiani non sanno di non sapere. Secondo i ricercatori della Consob, esiste un “mismatch” tra le conoscenze reali e quelle percepite: il 36% delle persone coinvolte nella ricerca è convinto di avere una buona comprensione del rischio di mercato, pur avendo fornito risposte sbagliate ai quesiti posti durante il test.
Uno stato di cose che è ideale per permettere a chi volesse far fare agli italiani investimenti sbagliati (il 57% degli intervistati ha dichiarato di non leggere i prospetti informativi e il 27% dichiara di investire senza aver comprendevo l’informativa finanziaria) o far girare questi capitali a proprio piacere. E per spennare quella che, a conti fatti, sembra essere sempre di più la gallina dalle uova d’oro della finanza europea….
C.Alessandro Mauceri
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