Politica
Il Problema della Commissione è Ribera, non Fitto (di Vincenzo Caccioppoli)
IL problema che affligge la Commissione europea non è Raffaele Fitto, ma la spagnola Ribera, oltre, ovviamente, alla presenza dei socialisti
Come era forse prevedibile da giorni la formazione della nuova commissione si è incagliata sulle nomine dei sei vice presidenti esecutivi. Dopo le audizioni di Martedì 12 novembre, in cui Raffaele Fitto, a detta di tutti, ha sicuramente dimostrato non solo di essere in grado di assumere quel ruolo, ma anche di essere probabilmente il più preparato ed adeguato dell’intera squadra dei nuovi commissari (altro che avere dubbi sulla sua vicepresidenza) la situazione è quella di un assoluto stallo, assai pericoloso.
Nulla di nuovo quindi, anche se non in questi termini forse, ma quello che forse era molto meno prevedibile è che a bloccare la nomina della intera commissione forse non tanto candidato italiano Fitto, ma quello spagnola quella Teresa Ribera, finita letteralmente nell’occhio del ciclone per la disastrosa gestione della tragedia di Valencia, e per gli errori commessi per prevenire una simile tragedia.
Che Teresa Ribera e il suo mentore Pedro Sanchez fossero in grande difficoltà in patria, si era capito da giorni, ma che questo potesse riverberarsi sulla sua nomina un pò meno. Ed invece già dalle prime battute della disastrosa audizione della candidata spagnola, si è capita che i popolari spagnoli avrebbero colpito durissimo. E non poteva esser altrimenti dopo che il leader del partidopopular spagnolo, Alberto NúñezFeijó, aveva ufficialmente chiesto al premier di ritirare la candidatura della Ribera a Bruxelles.
Il risultato è stato che i socialisti spagnoli, che ormai è chiaro guidano il gruppo dei socialisti europei (malgrado il pd abbia la delegazione più numerosa, ma Schlein che evidentemente soffre di un complesso di inferiorità verso il suo idolo Sanchez ha preferito lasciare la guida alla spagnola Iraxte Garcia Perez) hanno fatto muro verso la propria candidata ed hanno fatto sapere che mai voteranno Fitto alla vicepresidenza.
Il pranzo che in tutta fretta la presidente Von derLeyen ha organizzato tra i tre leader dell’attuale maggioranza che la sostiene, invece che appianare i contrasti li ha se possibile accentuati, e il risultato è una situazione di stallo. Il pd italiano a questo punto, malgrado diversi esponenti di spicco (su tutti Decaro, Bonaccini, Gori, Picierno, stranamente quelli indicati come più pericolosi rivali interni della segretaria) sarebbero stati per il sì a Fitto, ha dovuto obtorto corto (ma forse nemmeno troppo) adeguarsi alla scelta dei compagni spagnoli. Ed ora l’intera commissione Von derLeyen torna in bilico, dal momento che i socialisti minacciano di non appoggiare la commissione nel voto previsto per il 27 novembre, facendo mancare i loro quasi 200 voti e rompendo nei fatti quella maggioranza che il 18 luglio aveva votato la presidente Von derLeyen.
Giorgia Meloni giustamente ha postato su x, la sua indignazione per l’atteggiamento a suo dire (e come darle torto) poco patriottico del partito guidato da Elly Schlein “Signore e signori, ecco a voi la posizione del gruppo dei socialisti europei, nel quale la delegazione più numerosa è quella del Pd di Elly Schlein: a Raffaele Fitto, commissario italiano, va tolta la vicepresidenza della Commissione che la Presidente von derLeyen ha deciso di affidare. L’Italia, secondo loro, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione. Questi sono i vostri rappresentanti di sinistra”.
Il silenzio della segretaria del partito democratica conferma che all’interno dello stesso suo partito, si stia consumando l’ennesimo piccolo strappo su una decisione che evidentemente non è condivisa, Ciò dimostra ancora una volta come la leadership della Schlein sia tutt’altro che blindata. Ora la situazione di stallo che tra le altre cose riguarderebbe anche il commissario ungherese, OlivérVárhelyi, rimandato dopo la sua audizione, a cui i socialisti, i verdi e i liberali non vorrebbero dare il via libera, rischia di rallentare il processo di approvazione della commissione stessa, cosa che rischia avere conseguenze pesanti.
Sarebbe infatti un pessimo segnale verso la nuova presidenza Trump, il cui chiaro obiettivo è proprio quello di indebolire ulteriormente la già fragile comunità europea. Forse a questo punto, solo l’intervento dei governi nazionali potrebbe dipanare la matassa. Ed in questo caso specifico, quello di Giorgia Meloni che appare essere di gran lunga il più stabile ed autorevole potrebbe proprio fare da capofila. La Von derLeyen che forse da questa situazione esce più indebolita di quello che si pensava.
E a questo punto, chissà che sotto sotto su questa vicenda, non ci sia anche lo zampino di Macron, considerando che il primo a parlare di no a Fitto era stato il leader dei socialisti francesi RaphaelGlucksman, lunedì (la umiliazione subito dalla presidente Von derLeyen, con la richiesta di sostituzione del commissario Breton in corsa, è evidentemente una ferita ancora aperta sulla pelle del presidente francese). Ora bisogna cercare di metterci una pezza perché è nell’interesse dell’intera unione che ci sia una commissione in carica secondo i tempi stabiliti. Resta da sottolineare ancora una volta la sostanziale impalpabilità del partito democratico anche al di fuori dei confini nazionali. Dopo che in patria deve sottostare alle minacce e ai diktat di Giuseppe Conte, all’estero deve eseguire invece gli ordini che arrivano da Madrid.
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