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Il piano Marshall di Mario Draghi spiegato facile

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il piano di Mario Draghi per decarbonizzare l'Europa

Il piano Marshall di Mario Draghi spiegato facile

Come si crea un piano Marshall per salvare l’Europa da un lento e inesorabile declino?
Un’idea potrebbe essere quella di sperimentare per trentacinque anni le ricette che servono a smantellare uno Stato e impoverire intere generazioni di cittadini, vedere l’effetto che fa e poi proporre di fare l’esatto contrario su scala maggiore. Dev’essere ciò che può aver pensato Mario Draghi quando la Commissione europea gli ha richiesto un piano dettagliato per portare fuori l’Europa dall’avvitamento verso un declino ormai certo.

L’economia europea è in una crisi spaventosa che ora coinvolge anche la sua locomotiva che è la Germania. L’esempio più eclatante è la sequela di notizie pubblicate da Volkswagen negli ultimi tempi. Dal rischio di chiusure di interi stabilimenti, fino alla lista di 15 mila licenziamenti sempre più imminenti e al taglio dei contratti a tempo indeterminato.
Ora è talmente evidente che non era la svogliatezza o l’inefficienza a condannare il sud Europa al declino, così come non era la presunta virtù teutonica ad aver issato la Germania nel gotha dei grandi del mondo, ma un sistema su misura che l’ha fatta vincere finché il giochetto non si è inceppato.
Adesso l’evidenza è così smaccante che nemmeno i più assidui europeisti, come Draghi, riescono più a ignorarla.
Ecco perché un anno fa la Commissione europea gli ha commissionato un piano di rilancio dell’economia europea. I risultati delle sue fatiche sono stati presentati un paio di giorni fa.

A pagina 38 del suo piano, Mario Draghi rilancia una delle tante idee che nei precedenti 35 anni ha applicato al contrario: la circolazione dei crediti fiscali. Più o meno la stessa cosa alla base del funzionamento del famigerato Superbonus 110% e del bonus facciate; un’idea che Draghi ha combattuto fino a un anno fa, bloccando di fatto la circolazione dei crediti fiscali.
Oggi però li inserisce nella ricetta per il salvataggio della UE dalla lenta agonia che si è preparata da sola.


Nel 2023 Draghi ha bloccato i crediti di imposta in Italia ma oggi li promuove in Europa

Draghi blocca i crediti di imposta in Italia e li promuove in Europa

 


Il piano Marshall di Mario Draghi


La dura lotta di Draghi agli investimenti pubblici e al debito pubblico

Un altro grande cavallo di battaglia di una vita è stato per Draghi la lotta alla spesa pubblica tanto da lanciare la svendita dell’industria di Stato sin dagli anni Novanta.
A ruota ovviamente veniva la lotta alla crescita del debito pubblico. La ragione delle sue battaglie era l’imminente ingresso dell’Italia nell’euro. Qui trovi tutte le fonti di quanto stiamo scrivendo.

Oggi invece nel suo piano Draghi ci spiega che è giunta l’ora dei grandi investimenti pubblici. Per farne cosa? Ma per rilanciare la ricerca tecnologica e il riarmo degli arsenali. Per arrivare a quale risultato? Ma per raggiungere la piena decarbonizzazione, of course!

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Il piano Marshall di Mario Draghi è fatto per salvare l’economia e i lavoratori?

Ma se tutto ciò improvvisamente diventa possibile, dopo trentacinque anni di tagli, compressione salariale, svendite di asset pubblici e austerità, perché il Signor Draghi non lo ha tentato durante il suo mandato da Presidente del Consiglio, invece di perseguire la fine della circolazione dei crediti fiscali alla base delle stesse ricette che oggi porta in Europa?

il piano di Mario Draghi per decarbonizzare l'Europa dopo la lettera Draghi - Trichet per deporre Berlusconi

 

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E i soldi chi ce li dovrebbe mettere?

Il nuovo piano Marshall al quadrato si basa anche su investimenti pubblici, tipo quelli da lui sempre osteggiati sin dai tempi della svendita dell’Italia pervicacemente perseguita per una vita.
Nella sua presentazione alla Commissione europea fa riferimento a un ipotetico 5% da usare come leva e, come già in febbraio all’Ecofin «Servono enormi investimenti, risorse pubbliche e risparmi privati», a un vago, ma alquanto sinistro accenno all’enorme risparmio privato dei cittadini.
Di contributi da parte delle mega imprese e di strette all’evasione fiscale dei colossi dell’IT e delle banche come Goldman Sachs per cui lui e Monti hanno lavorato per tutta la vita, invece nessun cenno.
Così mentre gli speculatori di borsa (trader inclusi) in Italia “sopportano” il peso (piuma) fiscale del 26%, contro una media del 49% per cittadini e imprese, Draghi ci propone investimenti pubblici per 800 miliardi da mettere di tasca nostra nell’economia reale a sostegno della produzione, dell’innovazione e del lavoro che lui e i “suoi” hanno distrutto per 35 anni di carriera.
Mi chiedo perché non fare pagare il suo piano di salvataggio della UE da sé stessa, a quella ristretta minoranza che ha tratto enormi profitti dagli effetti dell’austerity imposta ai cittadini e dall’applicazione delle sanzioni alla Russia. E soprattutto, mi chiedo quanti si fideranno ancora una volta di qualcuno che solo 13 anni fa innescava la fine di un governo democraticamente eletto per far sì che potessero essere introdotte le ricette lacrime e sangue di Monti, da lì in avanti, fino a culminare nell’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione e invece oggi ci parla di tentativi di salvataggio della democrazia.

 

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