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Il paradosso del petrolio: mari pieni di greggio, ma la Cina fa scorte record. Chi ha ragione?

Un’apparente abbondanza di greggio sui mari nasconde le mosse strategiche della Cina e le fragilità dell’OPEC+, segnalando che i prezzi bassi del petrolio potrebbero non durare.

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A leggere le principali agenzie di stampa finanziaria, si potrebbe pensare che il mondo stia letteralmente annegando nel petrolio. La notizia della settimana, diffusa da Bloomberg sulla base dei dati di Vortexa, parla chiaro: la quantità di greggio in transito sulle petroliere ha raggiunto il livello più alto dal 2016, toccando quota 1,2 miliardi di barili.

La prima, quasi ovvia, interpretazione è che ci sia troppo petrolio in circolazione e che la domanda non riesca ad assorbirlo. Un quadro che non farebbe certo la gioia dei produttori né di chi scommette su un rialzo dei prezzi (i cosiddetti oil bulls). Se a questo dato si aggiunge anche il greggio in stoccaggio galleggiante (cioè su navi usate come depositi temporanei), la quantità totale di petrolio in mare sale ai massimi dal 2020.

L’immagine che ne deriva è quella di un‘offerta che supera abbondantemente la domanda, con petroliere che vagano per gli oceani più in cerca di un compratore che in viaggio verso una destinazione già pattuita. Eppure, come spesso accade in economia, fermarsi alla prima lettura dei dati rischia di essere fuorviante. E il contrappeso a questa narrazione arriva, come sempre, dalla Cina.

La mossa strategica di Pechino

Mentre il mercato si preoccupa del surplus, Pechino rema in direzione opposta. E lo fa con la tipica programmazione a lungo termine che la contraddistingue. La Cina, infatti, non solo ha assorbito gran parte dell’eccesso di offerta di greggio dall’inizio del 2025, ma si prepara ad accelerare questa tendenza.

Secondo un recente report di Reuters, i colossi energetici statali cinesi stanno costruendo ben 11 nuovi siti di stoccaggio per il greggio, che saranno operativi tra quest’anno e il 2026. Vediamo qualche numero:

  • Nuova capacità di stoccaggio (2025-2026): Circa 169 milioni di barili.
  • Confronto (2020-2024): Nello stesso arco di quattro anni precedenti, la capacità aggiunta era stata di circa 180-190 milioni di barili.

In pratica, la Cina sta per aggiungere in due anni quasi la stessa capacità di stoccaggio costruita nei quattro anni precedenti. Dall’inizio dell’anno, il più grande importatore di petrolio al mondo ha accumulato scorte al ritmo di quasi 1 milione di barili al giorno. La domanda sorge spontanea: perché Pechino sta facendo incetta di petrolio se le previsioni parlano di un’offerta abbondante e di prezzi destinati a rimanere bassi o a scendere ulteriormente?

I dubbi sulla reale abbondanza dell’offerta

La risposta, probabilmente, risiede nel fatto che Pechino non crede fino in fondo alla narrativa del surplus duraturo. Il mondo del petrolio è tutt’altro che prevedibile, e diversi fattori suggeriscono che l’attuale abbondanza potrebbe essere più fragile di quanto sembri.

  1. I limiti dello Shale Oil USA: L’aumento della produzione statunitense è spesso citato come causa principale dei prezzi bassi. Tuttavia, la crescita della produzione di scisto non è infinita e, storicamente, rallenta sempre quando i prezzi scendono, rendendo meno profittevoli le nuove estrazioni.
  2. La “capacità di riserva” dell’OPEC+: Per anni, la capacità produttiva inutilizzata dell’OPEC+ è stata vista come una polizza di assicurazione globale. In caso di shock dell’offerta, si pensava, il cartello avrebbe semplicemente aperto i rubinetti. Ora, dopo quasi tre anni di tagli alla produzione, questo “cuscinetto” si sta riducendo. Reuters ha notato che, in passato, l’OPEC+ ha spesso mancato i suoi stessi obiettivi di aumento della produzione, suggerendo che la capacità di riserva effettiva potrebbe essere inferiore a quella dichiarata. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) definisce questa capacità come quella attivabile entro 90 giorni e sostenibile nel tempo. Se questa si rivelasse meno robusta del previsto, il mercato sarebbe molto più vulnerabile a eventuali picchi di domanda.

In conclusione, mentre i trader si concentrano sulla foto istantanea delle petroliere in mare, la Cina guarda al film intero. La sensibilità del mercato a ogni notizia su nuove sanzioni contro l’energia russa dimostra che la sicurezza dell’approvvigionamento è tutt’altro che scontata. La presunta “inondazione” di petrolio potrebbe essere meno certa di quanto appare, e le mosse di Pechino ne sono la prova più evidente.

Domande e Risposte per il Lettore

1) Perché si dice che c’è troppo petrolio se la Cina ne sta comprando così tanto?

Questa è la contraddizione chiave. Da un lato, l’alto numero di petroliere in transito suggerisce un surplus a breve termine, dove l’offerta supera la domanda immediata e il greggio fatica a trovare una collocazione. Dall’altro, la Cina sta agendo su un orizzonte temporale strategico. Pechino approfitta dei prezzi attualmente bassi per costruire riserve strategiche imponenti. Questa mossa indica la convinzione che l’attuale surplus non durerà e che in futuro la sicurezza degli approvvigionamenti e i prezzi più alti diventeranno un problema. È uno scontro tra la visione a breve termine del mercato e quella a lungo termine della geopolitica.

2) Cosa si intende per “capacità di riserva” (spare capacity) dell’OPEC+ e perché è importante?

La “capacità di riserva” è la quantità di produzione di petrolio che i paesi OPEC+ possono attivare entro 90 giorni e mantenere per un periodo prolungato. Funziona come un ammortizzatore per il mercato globale: se si verifica un’interruzione imprevista dell’offerta (ad esempio, per un conflitto), questa capacità può essere utilizzata per evitare un’impennata dei prezzi. La sua importanza è cruciale per la stabilità. Se questa capacità si riduce, come sembra stia accadendo, il mercato diventa più vulnerabile e volatile, con maggiori rischi di forti aumenti dei prezzi in caso di crisi.

3) Queste dinamiche avranno un impatto sul prezzo della benzina che pago al distributore?

Sì, ma con tempistiche diverse. Nel breve termine, l’eccesso di petrolio in mare tende a mantenere bassi i prezzi del greggio e, di conseguenza, anche quelli di benzina e diesel alla pompa. Tuttavia, le azioni della Cina e la possibile riduzione della capacità di riserva dell’OPEC+ sono fattori rialzisti per il medio-lungo periodo. Se la domanda globale dovesse riprendere con forza o se si verificasse una crisi geopolitica, la minor capacità di risposta dell’offerta potrebbe far schizzare i prezzi del greggio verso l’alto, con un impatto diretto e rapido sui costi al distributore.

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