Attualità
Il Moltiplicatore e il PIL, le inattese logiche della macroeconomia
di Davide Gionco
Molte persone faticano a comprendere le dinamiche della macroeconomia, il fatto che in un sistema macro-economica, quale è ad esempio un paese come l’Italia, il denaro non scompare, ma circola.
Queste persone vedono il bilancio dello Stato come il bilancio di una famiglia o di una azienda, dove il denaro che esce dalle disponibilità, per motivi di spesa o di furto, è denaro che “scompare” dal bilancio e dove per fare entrare del nuovo denaro nel bilancio è necessario “guadagnarlo”, lavorando (o ereditando, o vincendo alla lotteria, o rubando…).
Queste persone non si rendono conto del fatto che il denaro che guadagniamo è lo stesso che noi abbiamo precedentemente speso mettendolo in circolazione. Il denaro speso, quindi, non scompare, ma entra in circolazione e la circolazione garantisce la possibilità che ci ritorni come pagamento del nostro lavoro.
Facciamo un esempio.
Il signor Rossi deve recarsi in città per 4 giorni. Di mattina presto si presenta all’hotel e lascia 50 euro di caparra insieme alla richiesta di prenotazione per le prossime notti. Essendo di fretta annota con una matita il proprio nome sulla banconota che consegna al signor Mario della reception.
Appena uscito il signor Rossi, Mario annota sul registro i dati del cliente, quindi utilizza subito i 50 euro per dare alla cameriera Giovanna l’anticipo richiesto sulla paga.
Giovanna deve organizzare la festa di compleanno del figlio e si reca immediatamente dal pasticcere a comperare il necessario, spendendo tutti i 50 euro.
Poco dopo arriva alla pasticceria la consegna di latte fresco dalla campagna, che viene puntualmente saldata con i 50 euro. Il trasportatore rientra poi in campagna, dove consegna al contadino i proventi della vendita del latte, usando la banconota da 50 euro per il pagamento. Il contadino prende i suoi 50 euro e poi torna rapidamente nella stalla dove c’è una mucca malata, con il veterinario che l’assiste.
Dopo che la mucca è stata curata, paga con i 50 euro il compenso al veterinario e lo congeda.
Il veterinario si reca quindi in città, dove è atteso per un importante convegno presso l’hotel in cui lavora in signor Mario, dove si ferma anche per cena, pagando l’importo con la banconota da 50 euro al signor Mario della reception:
Dopo pochi minuti si presenta alla reception il signor Rossi, di corsa e trafelato, dicendo che deve disdire la prenotazione a causa di un imprevisto e chiedendo la restituzione dei 50 euro di caparra.
Il signor Mario cerca nella cassa una banconota da 50 euro e scopre con sorpresa che si tratta della stessa banconota con annotato sopra il nome del signor Rossi, che la mattina stessa aveva usato per pagare la cameriera Giovanna. Prende la banconota e la restituisce al signor Rossi che, di corsa, lascia l’hotel e si dilegua.
Dopo circa mezz’ora si presenta all’hotel la polizia, dicendo che stanno ricercando un certo signor Rossi che va in giro spacciando banconote false.
Analizziamo ora le vicende dal punto di vista macroeconomico.
Il signor Rossi ha speso 50 euro, facendole “scomparire” dal suo bilancio.
Quella spesa ha consentito di generare un “prodotto interno lordo” (PIL) uguale a (semplificando):
Cameriera Giovanna | 50 € |
Pasticcere | 50 € |
Trasportatore | 50 € |
Contadino | 50 € |
Veterinario | 50 € |
Albergatore (Mario) | 50 € |
Totale | 300 € |
Il bilancio per le tasche del signor Rossi è stato pari a 0: 50 euro usciti e 50 euro rientrati.
E i 50 euro erano falsi, ma nessuno se n’era accorto.
Guardiamo ora una prima variante della storia.
Facciamo un esempio.
Il signor Rossi deve recarsi in città per 4 giorni. Di mattina presto si presenta all’hotel e lascia 50 euro di caparra insieme alla richiesta di prenotazione per le prossime notti. Essendo di fretta annota con una matita il proprio nome sulla banconota che consegna al signor Mario della reception.
Dopo 10 minuti rientra all’hotel, trafelato, chiedendo di disdire la prenotazione.
La cameriera Giovanna va da Mario a chiedere un anticipo della paga di fine mese, ma Mario risponde che la cassa è vuota e, quindi, non è possibile.
Giovanna deve organizzare la festa di compleanno del figlio, ma si riduce a preparare una torta fatta in casa, non potendo fare acquisti dal pasticcere.
Poco dopo arriva alla pasticceria la consegna di latte fresco dalla campagna. Il trasportatore riferisce al pasticcere che il contadino non è più disposto a fare ulteriore credito per la vendita del latte e che la consegna avverrà solo tramite pagamento in contanti della merce.
Il pasticcere ha la cassa vuota, per cui il traportatore riparte senza consegnare il latte.
Quando torna dal contadino il trasportatore chiede il compenso per il suo viaggio, ma restituisce il latte al contadino, che lo butta via, non sapendo come utilizzarlo. Il contadino torna quindi rapidamente nella stalla dove c’è una mucca malata, con il veterinario che l’assiste.
Dopo che la mucca è stata curata, però, non ha il denaro per pagare il veterinario, il quale aggiunge l’importo al credito aperto verso l contadino.
Il veterinario doveva recarsi in città per il convegno, ma deve rinunciare, in quanto da troppo tempo non viene pagato dai propri clienti.
Analizziamo ora le vicende dal punto di vista macroeconomico.
cameriera Giovanna | 0 € |
pasticcere | 0 € |
trasportatore | 50 € |
contadino | 0 € |
veterinario | 0 € |
albergatore (Mario) | 0 € |
Totale | 50 € |
Soltanto il trasportatore è stato pagato, mentre il veterinario ha maturato un credito di 50 euro nei confronti del contadino.
Questi 50 euro, però, non rientrano nel calcolo del PIL, in quanto il PIL misura il “fatturato”, i pagamenti avvenuti, non la produzione.
In realtà il controvalore dei beni/servizi prodotti, quindi, è di 100 euro (trasportatore + veterinario). Anzi, anche la cameriera aveva già fatto il proprio lavoro, ma il computo del PIL, per lei, è da fare solo quando percepisce pa paga a fine mese. Chi lavora come imprenditore conosce bene, a differenza dei lavoratori dipendenti (magari pubblici) la differenza fra produrre un valore reale e riuscire a convertirlo effettivamente in denaro, tramite il pagamento dei clienti.
La mancata messa in circolazione dei 50 euro del signor Rossi ha creato un effetto negativo a catena, mentre nel primo caso la messa in circolazione di 50 euro, anche se falsi (ma nessuno lo sapeva), ha consentito la generazione di un PIL di 300 euro.
E’ quello che si chiama moltiplicatore keynesiano o moltiplicatore fiscale.
Al di là di complicate formule e diagrammi difficili da comprendere, la sostanza del concetto è che il denaro che noi possediamo lo possiamo spendere o lo possiamo risparmiare.
Il denaro risparmiato non consente di attivare, a catena, la produzione di beni e servizi da parte di altri. Il denaro speso, invece, lo consente.
E’ quello che Keynes chiamava “il paradosso del risparmio”.
Il signor Rossi che ha deciso di “risparmiare” e di non versare la caparra all’hotel ha impedito la circolazione di quel denaro, causando effetti negativi a catena su altri soggetti economici, impedendo loro di produrre beni o servizi che sarebbero stati utili.
Questo concetto è fondamentale per comprendere le dinamiche dell’attuale crisi economica in Italia, che dura da oltre 10 anni.
Chi ha denaro ha paura di investirlo, in quanto teme che non venga restituito. La mancata circolazione di denaro causa una riduzione della domanda interna di beni e servizi, da cui derivano un aumento della disoccupazione e il fallimento o il ridimensionamento di molte aziende. Le imprese non chiedono credito per investire. E se lo chiedono, le banche difficilmente lo concedono, in quanto la crisi non offre garanzie di restituzione del prestito.
Di conseguenza non può essere in alcun modo il settore privato a far ripartire l’economia, iniziando a spendere.
Se, invece, fosse lo Stato a ricominciare a spendere, che cosa succederebbe?
Ecco una seconda variante della storia iniziale.
Lo Stato stanzia dei fondi destinati ai comuni, destinati alla ristrutturazione delle scuole. Il comune di Roccacannuccia fa una gara d’appalto per la tinteggiatura della scuola, a cui partecipa la ditta Verdi, di proprietà del cugino del signor Rossi. La ditta Verdi vince l’appalto ed assume il signor Rossi per farlo lavorare alla tinteggiatura della scuola.
Il signor Rossi viene retribuito e si reca in città per 4 giorni di meritata vacanza, consegnando al signor Mario della reception 50 euro di caparra. Questa volta veri!
Dopo di che la storia si svolge come nella versione originale, generando un PIL di 300 euro a partire dalla disponibilità iniziale di 50 euro.
Su questo PIL lo Stato percepisce (semplifichiamo) il 50% di tasse, pari a 150 euro.
Dal punto di vista fiscale il calcolo è corretto, ma come fanno i vari soggetti, che si passano di mano la sola banconota da 50 euro, a pagare tasse per 150 euro? Questo è possibile solo se lo Stato, man mano che incassa le tasse, ri-spende quei 150 euro, facendoli di nuovo circolare nella comunità economica descritta nel racconto.
Se lo Stato ha paura di spendere, “per evitare di aumentare il debito”, le conseguenze sono il blocco dell’economia. Se dopo avere immesso i 50 euro iniziali lo Stato esige il pagamento dei 150 euro di tasse sui 300 euro di PIL prodotti, l’effetto sarà l’impossibilità di pagare quelle tasse. I vari soggetti saranno obbligati a decidere se dichiarare fallimento o se diventare evasori fiscali.
E non solo. Vi sarà anche un effetto negativo a catena, con licenziamenti, persone che cesseranno di produrre beni e servizi che sarebbero utili per il nostro benessere. La mancanta circolazione di denaro causa povertà!
Se, invece, lo Stato spende e ri-spende con facilità (e rapidità!) il denaro, allora con soli 50 euro iniziali di maggiore spesa si arriva a generare un PIL molto superiore a 50 euro, dando lavoro a molte persone e consentendo la produzione di beni e servizi che costituiscono una ricchezza reale per il nostro benessere.
Se lo Stato ad esempio “investe”, facendo maggior deficit di bilancio, un importo di 100 miliardi di euro e se lo fa in modo che quel denaro, come i 50 euro del nostro racconto, entri in circolo nell’economia reale consentendo la produzione di un prodotto interno lordo di 6 volte tanto (300 euro prodotti da un investimento di 50 euro), allora si potrebbe ottenere una crescita del PIL di 600 miliardi di euro. Se oggi il rapporto “debito/PIL” (parametro di riferimento per la UE e per tutti i nostri giornali allineati al pensiero unico neoliberista) vale 2’350/1750=134%, aumentando di 100 miliardi il debito (spesa a maggior deficit) e di 600 miliardi il PIL, il rapporto diventerebbe 2’450/2’350=104%. E l’anno dopo diventerebbe 2’550/2’950=86%. E così via. Nel giro di pochi anni il rapporto debito/PIL tenderebbe a diminuire in modo impressionante. Il tutto non “tagliando la spesa pubblica”, ma il tutto “aumentando la spesa pubblica”, a deficit.
Naturalmente abbiamo fatto un esempio estremo e del tutto teorico.
Quello che succede nella realtà è che il denaro che circola in parte viene speso, ma in parte viene anche risparmiato. Il denaro risparmiato, messo da parte o investito nel settore finanziario, non genera crescita del PIL.
La quantità di denaro ri-speso dipende dalla “propensione alla spesa” dei soggetti coinvolti ovvero dalla loro necessità/interesse a spendere quel denaro, anziché risparmiarlo.
Una persona che oggi sia disoccupata, che mangia facendo la coda alla Caritas, che indossa solo un paio di scarpe rotte, che non ha i soldi per curarsi il mal di denti, certamente non appena avesse un’entrata di denaro da spendere, non lo risparmierebbe, ma lo spenderebbe per comprarsi da mangiare, per comperarsi delle scarpe nuove e per curarsi il mal di denti. E questo metterebbe in modo l’economia reale, facendo crescere il PIL.
Ad esempio se quest’anno un disoccupato, povero, ricevere per 12 mesi 600 euro al mese di reddito di cittadinanza e li spende tutti per vivere, che cosa succede?
Il disoccupato spenderà la totalità dei suoi 12×600=7’200 euro l’anno in spese necessarie per vivere, generando 7’200 euro di PIL.
I destinatari della sua spesa (venditori di alimenti, di scarpe, il dentista, ecc.), a loro volta, pagano il 50% di tasse (-3’600 euro) e spendono l’80% di quanto resta per le loro necessità, generando una ulteriore crescita del PIL pari a 0,8×3’600=2’880 euro.
Lo Stato, a sua volta, ri-spenderà totalmente i 3’600 euro di tasse incassati per pagare il reddito di cittadinanza dell’anno successivo, generando ancora 3’600+0,8×1’800=5’040 euro di PIL.
Naturalmente la “catena della spesa” potrebbe andare avanti, ma fermiamoci qui.
La spesa iniziale, a debito, di 7’200 euro l’anno ha generato in totale 7’200+2’880+5’040=15’120 euro di PIL, con un “moltiplicatore” pari a 15’120/7’200=2,1.
Questo anche se il disoccupato non è riuscito a trovare lavoro e a produrre valore reale. Il fatto che l’effetto indotto del pagamento del reddito di cittadinanza abbia generato una crescita del PIL, significa che, da qualche parte, qualcuno ha lavorato di più di quanto lavorava prima. Quindi sono anche aumentate le possibilità che quel disoccupato trovi un posto di lavoro reale.
Ovviamente tutti questi calcoli sono semplificati. Calcoli rigorosi richiedono di tenere conto degli intervalli temporali, dei tempi di pagamento, ecc. Non è questa la sede per sviluppare un corso di contabilità macroeconomica. Quello che è importante è comprendere il concetto della circolazione del denaro, che genera una crescita del PIL.
Se, invece, lo Stato aumenta la spesa solo per pagare gli interessi sul debito pubblico, la crescita del PIL generata è evidentemente pari a ZERO.
Infatti chi incassa le rendite dei titoli di stato è un soggetto che è in grado di provvedere ai propri bisogni di sopravvivenza e che può mettersi di investire una parte dei propri risparmi. Investire in titoli di stato, o nelle borse estere, per lucrare sugli interessi non genera crescita dell’economia reale (il PIL), ma solo crescita dei mercati finanziari, che non rientrano nel computo del PIL.
Se il governo introduce la flat tax, riducendo l’aliquota massima dal 41% al 25% sul reddito di Berlusconi, che supponiamo essere di 50 milioni di euro l’anno, Berlusconi avrà una maggiore disponibilità di reddito di 8 milioni di euro. Personalmente ho motivi per pensare che quegli 8 milioni non andranno ad aumentare la spesa di Berlusconi in beni e servizi dell’economia reale (olgettine comprese), che genererebbero una crescita del PIL, ma andrebbero a finire in investimenti finanziari, senza generare alcuna crescit del PIL. L’effetto moltiplicatore sarebbe quindi pari a zero, nel caso di Berlusconi. Diverso il discorso, invece, è se la riduzione delle imposte riguarda i bassi redditi. In tal caso aumenterebbe la loro disponibilità di denaro da spendere, il che potrebbe avere indubbi benefici sulla crescita del PIL ed un effetto moltiplicatore maggiore di uno.
E, ricordiamoci, stiamo parlando di bilanci in moneta, non di bilanci in disponibilità reale di beni e servizi.
Il PIL non misura la produzione reale di beni e servizi, ma solo il “fatturato” prodotto in un anno dagli italiani (comprese le attività criminali, come prevede l’ISTAT). Quindi se un dipendente pubblico percepisce lo stipendio senza fare nulla di quanto gli è richiesto, il PIL aumenterà comunque di un importo pari al suo stipendio. Lo stesso succede se un avvocato fattura 50 mila euro di parcella per un lavoro che ne vale 10 mila: il PIL aumenterà di 50 mila euro, anche se il valore reale prodotto è di 10 mila euro.
Ma se un ingegnere fa un progetto dal valore di 100 mila euro, ma non lo fattura perché il suo cliente è fallito, il PIL non aumenterà di 100 mila euro, pur essendo il valore reale prodotto di 100 mila euro. Il PIL è solo un indicatore statistico, non serve a misurare la ricchezza reale prodotta, ma solo la quantità di transazioni monetarie legate all’economia reale, senza tenere conto dell’economia finanziaria.
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