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Energia

Il Giappone vuole in nucleare per chiudere con il carbone

Il Giappone ha migliorato le protezioni contro terremoto e tsunami alla più grande centrale nucleare al mondo, Kashiwazaki-Kariwa. e ora si vuole farla ripartire, anche perché senza nucleare non si potrà abbandonare il carbone

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Scintillando sotto il sole della più grande centrale nucleare del mondo, il Mar del Giappone è ora calmo. Ma mentre l’enorme impianto si prepara a ripartire, Kashiwazaki-Kariwa (KK) ha un nuovo muro anti-tsunami, per ogni evenienza. Una parte delle nuove misure di sicurezza che la TEPCO ha preso per permettere all’impianto di ripartire.

Il Giappone ha staccato la spina al nucleare dopo il disastro di Fukushima del 2011, ma con il mix energetico più sporco del Gruppo dei Sette (G7) sta cercando di ridurre le emissioni e l’energia atomica sta tornando in auge, in parte grazie all’intelligenza artificiale (AI).

Nell’impianto KK, che si estende su 400 ettari e che è stato mostrato all’AFP in un tour esclusivo, il muro di 15 metri è solo una delle misure per evitare un’altra catastrofe e rassicurare l’opinione pubblica e i vicini nervosi del Giappone.
“Crediamo che (un incidente simile a Fukushima) possa essere ampiamente evitato”, ha dichiarato Masaki Daito, vice sovrintendente di KK. Il Giappone ha ora “gli standard (normativi) più severi al mondo”.

L’impianto nel Giappone centrale – come l’intera nazione – non è nuovo ai terremoti, essendo stato chiuso per due anni per “aggiornamenti” dopo una forte scossa nel 2007. A Fukushima, uno tsunami di 15 metri ha tagliato le linee elettriche e allagato i generatori di riserva, mettendo fuori uso le pompe dell’acqua necessarie a mantenere freddo il combustibile nucleare.

Nel peggiore incidente nucleare di questo secolo, tre reattori si sono fusi e le esplosioni di idrogeno hanno fatto saltare i tetti e rilasciato radioattività nell’aria.

Per mantenere l’energia elettrica in caso di terremoto, KK dispone di nuovi veicoli di alimentazione di riserva su un terreno più alto, oltre a pannelli “blow-out” e a un nuovo condotto di ventilazione in grado di filtrare il 99,9% delle particelle radioattive. Tutti impainti messi in atto

Oltre al muro di cinta costruito di recente, è stato ampliato e rinforzato un argine. Nei corridoi all’interno dell’edificio del reattore, adesivi luminosi segnalano tubi e rubinetti. Tutto è pronto per evitare una nuova Fukushima.

Obiettivi climatici

Prima del terremoto e dello tsunami del 2011, che hanno ucciso circa 18.000 persone, l’energia nucleare generava circa un terzo dell’elettricità del Giappone, mentre i combustibili fossili fornivano la maggior parte del resto.
In seguito tutti i 54 reattori giapponesi sono stati spenti, compresi quelli di KK. Per mantenere le luci accese, il Giappone, povero di risorse, ha aumentato le importazioni di gas naturale, carbone e petrolio e ha incrementato l’energia solare.
Ma i combustibili fossili sono costosi: l’anno scorso le importazioni sono costate al Giappone circa 510 milioni di dollari al giorno. E poiInoltre, non aiutano il Giappone a raggiungere i suoi impegni in materia di clima.
Il think-tank E3G colloca il Giappone all’ultimo posto – con una certa distanza – tra i Paesi del G7 per quanto riguarda la decarbonizzazione dei loro sistemi energetici.

La Gran Bretagna ha recentemente chiuso la sua ultima centrale a carbone. Italia, Francia e Germania hanno in programma di seguirne l’esempio. Il Giappone e gli Stati Uniti, invece, non hanno un obiettivo simile.

Il governo punta alla “carbon neutrality” entro il 2050 e a ridurre le emissioni del 46% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2013.  Vuole aumentare la quota di energie rinnovabili al 36-38% dal 20% circa e ridurre i combustibili fossili al 41% dai due terzi circa attuali.

Hanna Hakko, esperta di energia con sede in Giappone presso E3G, ritiene che il Giappone potrebbe puntare più in alto e far sì che le fonti rinnovabili generino il 70-80% della sua energia entro il 2035.
“Questo consentirebbe al Giappone di eliminare gradualmente il carbone, come si è impegnato a fare insieme ai suoi colleghi del G7”, ha dichiarato Hakko.

Rinascita del nucleare

Tuttavia, anche in questo scenario, la parte restante dovrebbe essere coperta da gas ed energia nucleare.
Secondo il suo piano attuale, il Giappone mira a far sì che l’energia nucleare rappresenti il 20-22% dell’elettricità entro il 2030, rispetto all’attuale 10%.

Alla fine del 2022, il Giappone ha deciso di accelerare il riavvio dei reattori e di estendere il tempo di funzionamento dei reattori nucleari a 60 anni, rispetto ai 40 attuali. Attualmente sono in funzione nove dei 33 reattori giapponesi ancora operativi. A KK, l’unità sette è pronta ad unirsi a loro dopo l’approvazione del governatore locale, e le altre seguiranno.

A causa dell’inasprimento delle norme di sicurezza dopo Fukushima, l’approvazione è un processo lento. Un riavvio è stato recentemente bloccato a causa del rischio sismico. I gruppi imprenditoriali continuano a essere preoccupati per la carenza di energia, soprattutto perché il Giappone sta cercando di fare il botto con i centri dati ad alto consumo energetico per l’intelligenza artificiale (IA).

“Il Giappone ha un grande potenziale non sfruttato per lo sviluppo delle energie rinnovabili”, ha dichiarato la scorsa settimana il nuovo primo ministro Shigeru Ishiba ai media locali in vista delle elezioni del 27 ottobre.
Ma ha aggiunto: “Ovviamente l’energia nucleare deve essere utilizzata”.

Mega-terremoto

Resta ancora il problema: cosa fare di quello che è rimasto a Fukushima?  Gli ingegneri non hanno ancora capito cosa fare di 800 tonnellate di combustibile altamente radioattivo e di macerie. Gli esseri umani non possono ancora entrare nell’impianto distrutto.

L’incidente, anche se ormai passato da oltre 10 anni, ha lasciato un segno profondo nella psiche dei giapponesi, e, per molti, non basteranno le rassicurazioni del governo per farli sentire meglio e dare un’immagine positiva al nucleare. Per quello ci vorrà una generazione.


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