Attualità
Il doppio senso del ridicolo
Vi siete mai interrogati su quale sia stato il punto più basso toccato dalla Repubblica italiana nei suoi settanta e passa anni di storia? Avete a disposizione diversi “registri” per decidere: quello tragico, quello drammatico, quello economico, quello politico. A parer mio, alla fine, uno si impone su tutti gli altri. Ed è quello ridicolo. Se dovessi scegliere una foto simbolo di quanto siamo caduti giù e di quanto – una volta toccato il fondo – abbiamo alacremente seguitato a scavare, allora non avrei dubbi: l’istantanea dello stato maggiore dei 5 Stelle in festa davanti al palazzo con una gigantesca forbice di cartonato, tra le braccia, e un lungo stendardo raffigurante poltrone strappato proprio a mezzo.
Questa “polaroid” ha vinto il mio personalissimo concorso nonostante ce ne fossero molte altre in lizza. Per esempio, Prodi giulivo sul balcone in faccia a una marea di “patrioti” esultanti per il nostro ingresso nell’euro. Oppure altre immagini di momenti tragici vissuti dal Paese (a voi l’imbarazzo della scelta). Epperò, vincono Di Maio e i suoi fratelli. Gli altri episodi citabili (tra i tanti del nostro inglorioso passato) evocano la commedia oppure la tragedia. E costituiscono altrettante tessere di mosaico del nostro irresistibile declino. E tuttavia, la forza del ridicolo è tale da imporsi sia sul comico che sul tragico. Per la Treccani, il ridicolo consiste in ciò che “fa ridere, degno di riso o di derisione, perché strano o goffo o insulso o scioccamente presuntuoso”.
Insomma, mentre il comico sa di suscitare il riso, e vuole farlo, il ridicolo ignora l’effetto che produce, e lo produce a sua insaputa. Il che rende amaro quel ridere persino per chi assiste, divertito, allo show. Nel caso della foto delle forbici, il ridicolo è un ridicolo al cubo: un ridicolo che monta, strada facendo, come la bolla di un sufflè. Sono ridicoli i politici quando esultano per l’eutanasia della politica, è ridicolo un partito “della gente” che sottrae alla gente la possibilità (già minima) di contare qualcosa, è ridicolo rinunciare a spazi di democrazia per risparmiare pochi spiccioli, è ridicolo anche solo confrontare due beni incommensurabili tra loro come la democrazia e gli spiccioli, è ridicolo che, a distanza di quarant’anni, il piano piduista di instaurazione di un regime oligarchico sia stato unanimemente approvato da liberisti e da ex comunisti, da grillini e da leghisti, da democratici e da popolari.
Ma, sopra ogni cosa, è ridicolo lo sketch inscenato davanti alla Camera. È un occhiolino strizzato alle masse, per così dire, dal significato inconfondibile: le reputano sceme. Non serve neppure il sottotesto per capire. E sceme due volte. In primis perché le castrano della prerogativa più sacra (per una repubblica democratica e sovrana): quella dell’elettorato passivo. In secundis perché glielo spiegano con un fumetto; come si fa coi mocciosi non scolarizzati. Per tutte queste ragioni, quella foto costituisce il punto più basso della nostra vita pubblica. Suggeriremmo al ministro Fioramonti di attaccarla ai muri delle scuole – giusto sotto il crocifisso, se ci farà la grazia di conservarlo al suo posto – per fungere da monito ai nostri studenti, nell’ora di educazione civica: ecco come si mette in croce una democrazia.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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