Attualità
Il denaro: più complicazioni = meno Democrazia
di Davide Gionco
Che legame c’è fra il denaro e la Democrazia?
Apparentemente nessuno. E’ convinzione diffusa che il denaro sia una “questione privata”: ho lavorato, ho guadagnato, ho pagato le tasse (a quel ladro di Stato), ora i soldi sono miei e ne faccio quello che voglio. Quando sarà ora di votare potrò esprimere la mia opinione ed eleggere chi voglio io, perché siamo in una democrazia.
Il denaro sembra qualcosa di assolutamente slegato dalla Democrazia.
La realtà dei fatti, però, è molto più complessa.
Innanzitutto vi sono diverse forme di denaro che possiamo utilizzare: monete metalliche, banconote cartacee, depositi bancari (pagamenti con bonifico o bancomat), moneta elettronica (carte di credito).
Ciascuna forma di denaro ha un soggetto che la emette, che ne determina le regole di emissione, la quantità, l’allocazione (a chi viene o non viene destinato il denaro emesso) ed i costi a carico degli utilizzatori.
I costi? Sì. Per poter utilizzare la maggior parte delle forme di denaro ci vengono addebitati dei costi. Non solo i costi relativi alla emissione del denaro, ma anche relativi alle operazioni di controllo (ad esempio sui conti correnti o le carte di credito), più gli utili eventuali di chi ha emesso quel denaro. Cosa evidente, se si tratta di soggetti che hanno fini di lucro.
Quando parliamo di utili non pensiamo solo ad utili “in denaro”, ma soprattutto di utili “in valori reali”. Non dimentichiamo che il denaro non è un “valore reale”, ma è uno strumento che utilizziamo per poter disporre dei beni e servizi che ci servono per vivere, che sono l’unico valore reale.
Per intenderci: quando facciamo un lavoro e veniamo pagati, il pagamento non finisce quando percepiamo il denaro, ma quando convertiamo quel denaro in beni e servizi utili per noi.
Quindi i soggetti che creano denaro, evidentemente, non puntano a realizzare utili in denaro, che essi stessi possono già creare, ma a realizzare utili in termini di maggiore disponibilità di beni e servizi e in termini di potere.
Ad esempio una società finanziaria che abbia il controllo di una banca e dell’azienda “A” potrebbe realizzare maggiori utili se la banca non concede credito all’azienda “B”, sapendo che l’azienda “B” in quel modo andrà incontro al fallimento, dopo del quale l’azienda “A” potrà realizzare un monopolio di mercato, facendo molti più utili oppure potrà acquistare l’azienda “B” a prezzi di saldo, impossessandosi di un valore reale molto più elevato.
Il fatto di avere in circolazione molte forme di denaro, molte delle quali emesse da soggetti privati in conflitto di interessi con attività nell’economia reale, costituisce un effettivo problema per la Democrazia di un paese, in particolare dell’Italia.
La forma di denaro maggiormente utilizzata oggi è la moneta creditizia bancaria, quella dei nostri conti correnti e dei bancomat, per intenderci. Rappresenta da sola circa il 93% del denaro circolante comunemente utilizzato per i pagamenti.
Questa forma di moneta, tecnicamente una moneta complementare (infatti non è moneta a corso legale) viene originata quando le banche emettono un nuovo credito verso cittadini privati o imprese. Il denaro creato viene bonificato dalla banca sul conto corrente del destinatario, il quale, spendendolo, lo mette in circolazione facendolo pervenire su altri conti correnti.
Man mano che il destinatario paghe le proprie rate del mutuo quello stesso denaro viene gradualmente distrutto dalla banca.
La banca, a sua volta, è autorizzata ad emettere quel denaro solo se detiene una quantità sufficiente di riserve e di patrimonio di garanzia. Questi valori negli ultimi anni sono variati molto a seguito di disposizioni della BCE o di accordi bancari internazionali (Basilea 1, 2, 3 ecc.). La partemonetaria di tali riserve deve essere a sua volta costituita da moneta a corso legale, emessa dalla BCE in cambio di nuovi emissioni di titoli di stato ad interesse, non però ceduta direttamente agli stati, ma passando attraverso il “mercato secondario”.
Più si va avanti, più i meccanismi diventano complicati, così come è complicato districarsi fra i vari giochi di interesse che stanno dietro a certe complicate regole di emissione del denaro.
Quasi sempre un normale cittadino, a questo punto, si arrende, dichiarando di non essere un economista, e si limita a sperare che le cosa vadano meglio.
Eppure la questione è molto più semplice di come si presenta.
Il denaro, pensiamoci bene, è qualcosa che non esiste in natura. E’ una creazione nostra. E’ una creazione giuridica, infatti sono le nostre regole a stabilire che cosa è denaro e che cosa non lo è. Sono le nostre regole a stabilire chi abbia diritto di creare denaro e chi non lo abbia. Era la legge a vietare a Totò e a Peppino di stampare denaro falso nel famoso film.
Il fatto che oggi esistano meccanismi complessi e poco comprensibili riguardo l’emissione e la circolazione del denaro ha delle ragioni storiche che non intendiamo trattare in questa sede, ma è evidente che le complicazioni delle regole impedisce a troppi cittadini di capire che cosa è il denaro, di capire che lo Stato lo potrebbe creare da sè, senza indebitarsi con banche ed istituzioni finanziarie, che non è possibile che lo Stato sia “senza soldi”.
Se il denaro è una creazione giuridica, è necessario che lo strumento sia sottoposto al nostro controllo democratico e, quindi, alla nostra comprensione. Per questo sarebbe necessario riformare le regole e le forme del denaro, in modo da renderle semplici e facilmente comprensibili da parte degli elettori.
Proviamo quindi a fare una proposta in tal senso.
Ogni forma di moneta dovrebbe essere emessa dallo Stato: monete metalliche, banconote cartacee, moneta elettronica, depositi bancari, bancomat, carte di credito. compresa la moneta che viene prestata quando le banche fanno credito. In questo modo sarebbe molto più chiaro che solo lo Stato, che noi controlliamo tramite la Democrazia, è responsabile del fatto che in circolazione ci sia troppo poco denaro o troppo denaro.
Potendo lo Stato crearsi da sè la moneta che gli occorre, non sarebbe più necessario avere un sistema fiscale per finanziare lo Stato. Il fisco avrebbe quindi come sole utilità quella di stabilire la valuta da utilizzare (se le tasse si pagano in talleri, tutti avranno bisogno di usare i talleri nell’economia reale) e quella di indirizzare l’economia tramite una tassazione differenziata di diverse situazioni.
Il bilancio dello Stato diventerebbe molto più semplice di quello attuale. Nella legge finanziaria si scrivono i bisogni, con relativo costo, dopo di che lo Stato crea il denaro necessario a finanziare quelle spese. La spesa sarebbe indipendente dagli incassi fiscali. Il denaro incassato tramite il pagamento delle tasse verrebbe semplicemente eliminato, dopo le necessarie registrazioni contabili per le verifiche fiscali.
In questo modo sarebbe chiaro che se mancano i soldi per opere importanti è per decisione politica, non per vincoli di bilancio.
Così come sarebbe chiaro, in caso di spesa eccessiva rispetto alla capacità produttiva del paese, chi sia il risponsabile dell’inflazione generata (mentre oggi le banche private creano le bolle speculative, quindi inflazione, quando fanno troppo credito e lo fanno al di fuori del controllo pubblico).
Il debito pubblico non avrebbe più ragione di esistete come debito. La moneta potrebbe essere creata, per diritto, come “moneta positiva”, come lo erano le famose 500 lire di Aldo Moro. In questo modo sarebbe evidente che non esiste alcuna limitazione “per debito” alle emissioni di denaro.
Gli attuali titoli di stato potrebbero essere convertiti in certificati di deposito presso la nuova Banca Pubblica di Risparmio, alle stesse condizioni di capitale, scadenza e interesse.
L’ex-debito pubblico verrebbe quindi trasformato in un servizio pubblico di risparmio, che nessuno si sognerà più di “dovere ridurre”. Tutto molto più chiaro e molto più semplice.
Non è certo un semplice articolo a dover descrivere tutti i cambiamenti semplificativi che si potrebbero portare all’attuale sistema di regole riguardanti il denaro, le tasse, la finanza pubblica, il sistema del credito, ecc.
Ci interessa per il momento ribadire il concetto che se le regole sono più semplice, la gente le comprende ed è in grado di esercitare il proprio controllo democratico sulle decisioni di chi ci governa. Oggi, invece, con regole complesse e responsabilità non chiare, i cittadini non sono in grado di controllare le decisioni che vengono prese in materia e di sapere chi le ha prese, condizione ideale per ingannare i cittadini, che, infatti, si ritrovano sempre più poveri, senza capire il perché e a chi chiederne conto.
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