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I valori dell’occidente – Democrazia e Libertà – Aggiornamenti.

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Per definizione, la democrazia significa “governo del popolo”, ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato come l’insieme dei cittadini che ricorrono in generale a strumenti di consultazione popolare (es. votazione, deliberazioni ecc.).

 

Nel nostro paese, questa definizione è rimarcata dal’Art. 1 della nostra Costituzione che afferma: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”.

Secondo l’ultimo “Democracy Index 2020” pubblicato a febbraio 2022, l’indicatore elaborato dall’Economist Intelligence Unit che misura lo stato della democrazia in circa 167 Paesi, quasi il 70% dei paesi analizzati ha accusato un calo del punteggio complessivo.

Secondo tale indagine, che porta a una media ponderata basata su 60 risposte ad altrettante 60 domande, ognuna delle quali ha due o tre risposte alternative permesse, la Norvegia ottiene il risultato più alto con un punteggio di 9,75 su una scala da 0 a 10, mentre l’Afghanistan ottiene il risultato più basso con un punteggio di 0,32. L’Italia si posiziona 31ª (sedicesima in Europa) con un punteggio di 7,68 in cui risulta come una nazione con una democrazia imperfetta.

Dal 2006, data in cui è apparso per la prima volta questo indice,

lo stato della democrazia del mondo non è migliorato: 108 delle 167 nazioni prese in esame dall’indice hanno peggiorato il proprio punteggio.

Nel 2021, l’indice è calato ulteriormente.

Complici del calo sono state, senza dubbio. le misure straordinarie imposte dalla pandemia, che hanno permesso di accentrare il potere con la scusa dell’emergenza.

E tra i fattori fondamentali vi sono i cambi di regime repentini e colpi di stato, da quello in Myanmar fino al ritorno dei talebani in Afghanistan. Più della metà della popolazione mondiale vive oggi sotto un regime non democratico, con oltre un terzo dei paesi che si trova in veri e propri regimi autoritari.

L’Europa Occidentale è, insieme al Nord America, tra le regioni che hanno subito il calo maggiore, e che partono però da livelli più elevati.

Tutto ciò a cosa è dovuto?

I principi fondamentali dello Stato di democrazia classica sono:

– Il principio di libertà (il principio secondo il quale lo Stato deve astenersi dall’intervenire nella sfera privata dei cittadini).

– Il principio di eguaglianza (il principio secondo il quale lo Stato deve diminuire le differenze economico-sociali esistenti tra i cittadini).

– Il principio dell’autogoverno (il principio secondo il quale i governanti devono coincidere il più possibile con i governati) per il quale le funzioni pubbliche devono essere svolte, se possibile, da tutti i cittadini (democrazia diretta) o, altrimenti, dai cittadini appositamente eletti dal popolo (democrazia rappresentativa), che devono considerare anche le esigenze manifestate dalle più diverse formazioni sociali (democrazia pluralista).

– Il principio del governo della maggioranza nel rispetto dei diritti delle minoranze, sancito in una costituzione scritta e rigida.

Analizzando questi principi, possiamo ancora dichiarare che la “Democrazia” è ancora un valore dell’occidente?

(L’Occidente)

Possiamo tranquillamente affermare che la vita democratica di gran parte del mondo, negli ultimi 30 anni, è stata scandita dai presidenti USA che si sono succeduti alla Casa Bianca e dalle loro guerre:

George H. W. Bush (1989-1993, Repubblicano)

prima guerra del Golfo, dopo l’invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait. Diede anche l’ordine di invadere Panama: nel dicembre del 1989, 24.000 soldati americani sbarcarono nel piccolo, ma importantissimo stato del Centroamerica per abbattere il dittatore Manuel Noriega.

Bill Clinton (1993-2001, Democratico) 

inviò e poi ritirò le truppe americane dalla Somalia. Due anni dopo, ordinò i raid aerei contro i serbi di Bosnia per costringerli a trattare e, dopo gli accordi di Dayton, dispiegò una forza di pace nei Balcani.

Nel 1998, in risposta agli attentati di Al Qaeda, per ritorsione fece bombardare obiettivi in Afghanistan e in Sudan. Un anno dopo, il teatro di guerra tornò ad essere i Balcani: gli Usa furono protagonisti della Guerra del Kosovo e della caduta di Milosevic.

George W. Bush (2001-2009, Repubblicano)

è il presidente delle due ultime guerre americane (a questo punto, “penultime”) in grande stile: Afghanistan e Iraq come risposta all’attacco delle Torri Gemelle.

Barack Obama (2009-2017, Democratico)

è da subito contrario all’invasione dell’Iraq, eletto per far tornare le truppe a casa da Bagdad e Kabul, e vincitore del Nobel per la Pace, oltre ai noti interventi in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan, ha bombardato anche lo Yemen, la Somalia e il Pakistan. Secondo alcuni analisti è stato il presidente americano che ha tenuto in guerra gli Stati Uniti per più tempo.

Donald Trump (2017-2021, Repubblicano)

Nonostante le tensioni latenti con Corea del Nord, Iran e Cina, Donald Trump non ha avviato nessuna guerra, ma truppe americane sono state impegnate in Siria Yemen e Libia.

Joe Biden (2021 ad oggi, Democratico)

Al momento solo sostenitore dell’Ucraina nell’attuale conflitto con la Russia.

Sono passati più di 20 anni dall’attacco terroristico alle Torri Gemelle, ma già un anno dopo quel fatidico 11 Settembre 2001, l’associazione Reporters sans frontiéres denunciava “i cambiamenti in atto in ambito di sorveglianza e libertà individuali” e descriveva come, con la scusa della guerra al terrorismo, “i controlli su Internet e altri mezzi di comunicazione elettronica fossero aumentati in maniera esponenziale”. Alcune delle democrazie occidentali sono state descritte, dall’associazione, come “predatori di libertà digitali”.

Gli Stati Uniti furono i più rapidi ad adottare i provvedimenti più restrittivi: in meno di un mese dall’attentato, il Congresso approvò, senza alcuna opposizione, il cosiddetto USA Patriot Act, una sommatoria di provvedimenti tesi ad aumentare i poteri di polizia in ogni campo, particolarmente in quello del controllo sulle comunicazioni.

E leggi molto simili al Patriot Act sono state emanate in molte altre nazioni: Australia, Canada, Danimarca, Gran Bretagna, Germania, Singapore, India e Svezia.

In Canada, ad esempio, il Communications Security Estabilishment, una sorta di NSA canadese, ha ottenuto l’autorizzazione ad acquisire tutte le informazioni possibili su gruppi terroristici e presunti tali, usando il metodo del profiling, che delinea, attraverso il controllo incrociato, le origini razziali e nazionali delle persone, nonché le loro transazioni finanziarie.

In Germania e in Gran Bretagna sono stati presi in considerazione nuovi sistemi di identificazione digitale per i cittadini, con lo scopo di rafforzare la sicurezza ed i controlli alle frontiere.

In quasi tutti gli stati delle cosiddette “Democrazie Occidentali”, infine, sono stati introdotti strumenti legislativi e si è rafforzata l’azione amministrativa per imporre la conservazione delle comunicazioni elettroniche e l’analisi del clickstream, limitando così l’uso libero di Internet.

E’ indubbio, dunque, che l’attentato al World Trade Center ha avuto effetti a dir poco catastrofici sulle garanzie di libertà civili in tutte le grandi democrazie occidentali.

La preoccupazione più grave riguarda però il fatto che molti di questi provvedimenti, che sono stati adottati con leggi speciali, d’emergenza, provvisorie, sono diventate la regola.

Da allora assistiamo all’alienazione permanente dei “diritti inalienabili”.

In Italia, dopo l’11 Settembre 2001, non ci sono stati particolari restringimenti nell’ambito delle libertà personali, com’é invece avvenuto in altri paesi dell’Unione europea..

L’Italia sembrava aver fatto tesoro dell’esperienza accumulata negli anni di piombo, in cui la lotta contro il terrorismo era all’ordine del giorno, ed era provvista già da parecchi anni di strumenti efficaci, che non hanno richiesto particolari modifiche.

Per quegli stati, come l’Italia, che sembravano essersi salvati dagli inasprimenti giuridici in materia di libertà individuali, la “pandemia” Covid19 è giunta a rimescolare tutto.

Termini come “lockdown”, coprifuoco, lasciapassare, quarantena, isolamento, distanziamento sociale, sono diventati d’uso comune nelle società occidentali, tanto che molti governi hanno dovuto “forzare” le loro costituzioni e le leggi ordinarie per introdurre misure di confinamento.

Ad esempio, in Italia si è preferito agire attraverso DPCM (decreti del Presidente del Consiglio), che sono atti prevalentemente a carattere amministrativo, svincolati dal controllo del Parlamento, del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale.  Nonostante ciò sono stati utilizzati in maniera copiosa dal Governo per derogare libertà democratiche. Se a questa forzatura aggiungiamo che il Presidente del consiglio, non eletto, è a guida di un governo composto da tutte le forze politiche con l’opposizione è praticamente assente da tre anni, e quindi, con una concentrazione del potere politico nelle mani di una sola persona, apparsa rarissime volte nella storia italiana, si può ben comprendere come numerose voci si levano mettendo in discussione la vita democratica del Paese.

Non certo dai media, che ricevono dal governo stesso lauti finanziamenti (il nostro Paese è al 41° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa redatta da Reporter Senza Frontiere), ma da una sempre più ampia fetta dell’opinione pubblica.

A corollario di tutto ciò, le numerose proteste che sono state, in questi anni,  soppresse con la forza da agenti e militari in tenuta antisommossa, e le numerose discriminazioni messe in atto nei confronti di quei cittadini che, per qualsiasi ragione, si sono sentiti di opporsi alle misure prese dai governanti.

Di tutto questo, e altro ancora, si è occupata anche Amnesty International agli inizi di quest’anno ha promulgato un comunicato sulle violazioni di diritti civili che le misure adottate dal governo per combattere il covid-19 conterrebbero

Sembra proprio che, la pandemia, abbia segnato definitivamente, come scrive sui social un noto giornalista italiano, “la divisione del mondo tra coloro che credono fideisticamente allo Stato e alla narrazione che propone, vi si affidano e delegano ad esso le proprie libertà, e coloro che semplicemente non credono più allo Stato e alle sue narrazioni, perché se ha mentito o sbagliato sulla salute e sulle libertà personali può mentire e sbagliare su tutto”.

E questa frattura nell’opinione pubblica, a mio parere molto pericolosa, si rifletterà anche su altre crisi che si proporranno, non ultima quella attuale sul conflitto russo-ucraino.

In definitiva, sembriamo vivere un clima di rinuncia alla Democrazia e alle Libertà come valori da difendere, in nome di un bene superiore, non meglio identificato.

Mario Minetti.

http://minettippolito.blogspot.com/2022/04/i-valori-delloccidente-democrazia-e.html?view=magazine


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