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I primi mugnai erano gli Homo Sapiens e Neanderthal italiani

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Secondo una dichiarazione rilasciata dall’Università di Montreal, l’analisi di utensili rinvenuti in Italia e datati tra 39.000 e 43.000 anni fa suggerisce che gli esseri umani moderni e gli uomini di Neanderthal producevano farina nella regione diverse migliaia di anni prima di quanto si pensasse e che probabilmente i primi mugnai erano dei Sapiens e  Neanderthal italiani.

Il membro del team di ricerca internazionale Julien Riel-Salvatore dell’Università di Montreal ha spiegato che le macine e i pestelli oggetto dello studio sono stati ritrovati negli strati neandertaliani del sito di Riparo Bombrini, nell’Italia settentrionale, e nel sito umano moderno di Grotta di Castelcivita, che si trova a più di 900 km di distanza nell’Italia sud-occidentale. Gli strumenti in entrambe le località mostrano tracce di uso.

“Questo fa retrocedere di diverse migliaia di anni le prime testimonianze della lavorazione delle piante e della produzione di farina”, ha dichiarato il coautore dello studio Julien Riel-Salvatore, professore dell’Université de Montréal che presiede il dipartimento di antropologia.

Un pestello proveniente da Riparo Bombrini, un sito nel nord Italia su cui io e il mio collega dell’Università di Genova Fabio Negrino abbiamo lavorato per oltre 20 anni, mostra che anche i Neanderthal erano impegnati in questo comportamento, che è qualcosa di completamente nuovo, a nostra conoscenza”. “Si tratta quindi di una scoperta importante”.

Il periodo Neanderthal-Homo sapiens è stato caratterizzato dalla coesistenza dei tecno-complessi del Tardo Musteriano (Neanderthal), dell’Uluzziano e del Protoaurignaziano (H. sapiens) nel nord-ovest e nel sud-ovest dell’attuale Italia.

Le macine provengono da due siti paleolitici distanti circa 1.000 km l’uno dall’altro sul versante tirrenico della penisola: Riparo Bombrini, nell’area archeologica dei Balzi Rossi in Liguria, e Grotta di Castelcivita, ai piedi del massiccio degli Alburni, in Campania. questo dimostra che la produzione di farina da cereali selvatici fosse praticata in modo ampio in Italia, sia dai Sapies che dai Neardenthalensis.


Pestelli da Riparo Bombrini. Crediti: Quaternary Science Reviews

Sulla superficie delle macine di entrambi i siti sono stati rinvenuti granuli di amido con morfologie diverse, a testimonianza dell’utilizzo di piante diverse, compresi i cereali selvatici, da parte degli esseri umani che abitavano le aree in quel periodo. Quindi gli italiani paleolitici erano abili raccoglitori che poi macinavano e riducevano in farina i cereali raccolti.  

Una celebrazione della diffusione della conoscenza

L’evidenza di pratiche di macinazione simili in entrambi i contesti sottolinea come alcune conoscenze tecnologiche e abitudini alimentari fossero diffuse in entrambe le popolazioni, forse come eredità già presente all’interno delle due diverse tradizioni culturali o forse come risultato di un effettivo contatto tra i due gruppi.

La macina dei livelli musteriani del Riparo Bombrini costituisce il più antico esempio europeo di lavorazione e trasformazione di prodotti vegetali in Europa e mostra i Neanderthal impegnati in questa pratica. I due pestelli provenienti dai livelli Protoaurignaziani del sito mostrano che anche gli esseri umani moderni, che hanno occupato il sito meno di un millennio dopo, hanno adottato lo stesso comportamento.

Pestelli dalla Grotta di Castelcivita. Crediti: Quaternary Science Reviews

Due macine trovate alla base e alla cima della sequenza protoaurignaziana della Grotta di Castelcivita non solo hanno una morfologia simile, ma presentano anche modifiche intenzionali per renderle più funzionali. Questo mostra come l’uso fosse ormai talmente diffuso che vi fosse un’evoluzione nelle tecniche di lavorazione della pietra.

Coordinato dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nell’ambito del progetto PLUS_P (Plant Use in the Paleolithic), lo studio ha coinvolto ricercatori delle Università di Firenze, Genova, Ravenna e Bologna, oltre che del Cyprus Institute (a Nicosia) e dell’UdeM.

“Trasformare i cereali in farina è un’innovazione importante perché permetteva ai foraggiatori del Paleolitico di immagazzinare e trasportare il cibo più facilmente”, ha detto Riel-Salvatore. “Spingere questo comportamento così indietro nel tempo cambia davvero il modo in cui pensiamo a come vivevano queste persone altamente mobili”.


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