Energia
I magneti superconduttori REBCO el MIT rendono realistica la fusione nucleare commerciale entro il 2030
La pubblicazione di un gruppo di studi scentifici sui magneti superconduttori ad alta temperatura REBCO rende realistica la previsione del MIT per l’ottenimento della fusione nucleare commerciale, come dimostratore, per il 2030. I nuovi magneti superconduttori si sono rivelati molto resistenti e con caratteristiche sorprendenti
Un rapporto dettagliato dei ricercatori del PSFC e della società Commonwealth Fusion Systems (CFS), spinout del MIT, è stato pubblicato in una raccolta di sei articoli sottoposti a revisione paritaria in un’edizione speciale del numero di marzo di IEEE Transactions on Applied Superconductivity.
I magneti superconduttori sono un elemento essenziale per la costruzione di un reattore a fusione nucleare, perché permettono di concentrare il plasma d’idrogeno super riscaldato e di comprimerlo sino alla pressione necessaria per ottenere la fusione stessa. Il fatto di poter avere questi magneti in grado di lavorare a temperature più elevate di quelle prossime allo zero assoluto, a cui normalmente lavorano è un fattore di enorme importanza che apre la strada alla fusione nucleare in pratica.
Insieme, i documenti descrivono la progettazione e la fabbricazione del magnete e le apparecchiature diagnostiche necessarie per valutarne le prestazioni, nonché le lezioni apprese dal processo. Nel complesso, il team ha scoperto che le previsioni e la modellazione al computer erano corrette, verificando che gli elementi di design unici del magnete possono servire come base per una centrale a fusione.
Già il 5 settembre 2021, gli ingegneri hanno raggiunto un’importante pietra miliare nei laboratori del Plasma Science and Fusion Center (PSFC) del MIT, quando un nuovo tipo di magnete, realizzato con materiale superconduttore ad alta temperatura, ha raggiunto un’intensità di campo magnetico di 20 tesla, record mondiale per un magnete su larga scala. Si tratta dell’intensità necessaria per costruire una centrale a fusione che dovrebbe produrre un’energia netta e potenzialmente inaugurare un’era di produzione di energia praticamente illimitata.
Il test è stato immediatamente dichiarato un successo, avendo soddisfatto tutti i criteri stabiliti per la progettazione del nuovo dispositivo di fusione, denominato SPARC, per il quale i magneti sono la tecnologia abilitante chiave. I tappi di champagne sono scoppiati mentre l’esausto team di sperimentatori, che aveva lavorato a lungo e duramente per rendere possibile il risultato, festeggiava il suo traguardo.
Ma questa non era certo la fine del processo. Nei mesi successivi, il team ha smontato e ispezionato i componenti del magnete, ha esaminato e analizzato i dati di centinaia di strumenti che hanno registrato i dettagli dei test e ha eseguito altri due test sullo stesso magnete, spingendolo infine al punto di rottura per apprendere i dettagli di ogni possibile modalità di guasto.
Consentire l’energia di fusione pratica
Il successo del test del magnete, ha dichiarato il professore di ingegneria di Hitachi America Dennis Whyte, che ha recentemente lasciato l’incarico di direttore del PSFC, è stata “la cosa più importante, a mio parere, degli ultimi 30 anni di ricerca sulla fusione”.
Prima della dimostrazione del 2021, i migliori magneti superconduttori disponibili erano abbastanza potenti per ottenere potenzialmente l’energia di fusione, ma solo con dimensioni e costi che non avrebbero mai potuto essere pratici o economicamente sostenibili. Poi, quando i test hanno dimostrato la praticabilità di un magnete così forte a dimensioni notevolmente ridotte, il costo della produzione di un watt da fusione nucleare si è ridotto di 40 volte. Quello che economicamente era un incubo è diventato un sogno.
I dati completi e l’analisi del test del magnete del PSFC, come illustrato nei sei nuovi documenti, hanno dimostrato che i piani per una nuova generazione di dispositivi di fusione – quella progettata dal MIT e dal CFS, così come i progetti simili di altre aziende commerciali di fusione – sono costruiti su solide basi scientifiche.
La svolta superconduttiva
La fusione, il processo di combinazione di atomi leggeri per formare atomi più pesanti, alimenta il sole e le stelle, ma imbrigliare questo processo sulla Terra si è rivelato una sfida ardua, con decenni di duro lavoro e molti miliardi di dollari spesi in dispositivi sperimentali. L’obiettivo a lungo cercato, ma mai raggiunto, è quello di costruire una centrale a fusione che produca più energia di quanta ne consumi. Una centrale di questo tipo potrebbe produrre elettricità senza emettere gas serra durante il funzionamento e generando pochissime scorie radioattive. Il combustibile della fusione, una forma di idrogeno che può essere ricavato dall’acqua di mare, è virtualmente illimitato.
Purtroppo per farla funzionare è necessario comprimere il combustibile a temperature e pressioni straordinariamente elevate e, poiché nessun materiale conosciuto può resistere a tali temperature, il combustibile deve essere tenuto in posizione da campi magnetici estremamente potenti. Per produrre campi così forti sono necessari magneti superconduttori, ma tutti i precedenti magneti per la fusione sono stati realizzati con un materiale superconduttore che richiede temperature gelide di circa 4º sopra lo zero assoluto (4 kelvin, o -270º Celsius).
Negli ultimi anni, ai magneti per la fusione è stato aggiunto un materiale più recente, chiamato REBCO (ossido di rame e bario di terre rare), che consente di operare a 20 kelvin, una temperatura che, nonostante sia più calda di soli 16 kelvin, offre notevoli vantaggi in termini di proprietà del materiale e di ingegneria pratica.
Per trarre vantaggio da questo nuovo materiale superconduttore a temperatura più elevata non è bastato sostituirlo ai progetti di magneti esistenti. Al contrario, “è stata una rielaborazione da zero di quasi tutti i principi che si usano per costruire i magneti superconduttori”, ha detto Whyte. Il nuovo materiale REBCO è “straordinariamente diverso dalla precedente generazione di superconduttori. Non si tratta solo di adattare e sostituire, ma di innovare dalle fondamenta”. I nuovi articoli pubblicati su Transactions on Applied Superconductivity descrivono i dettagli di questo processo di riprogettazione, ora che la protezione del brevetto è in vigore.
Un’innovazione chiave: nessun isolamento
Una delle innovazioni principali, che ha reso scettici molti altri operatori del settore sulle sue possibilità di successo, è stata l’eliminazione dell’isolamento intorno ai sottili nastri piatti di nastro superconduttore che formavano il magnete. Come praticamente tutti i cavi elettrici, i magneti superconduttori convenzionali sono completamente protetti da materiale isolante per evitare cortocircuiti tra i fili. Nel nuovo magnete, invece, il nastro è stato lasciato completamente scoperto; gli ingegneri si sono affidati alla maggiore conduttività del REBCO per mantenere il flusso di corrente attraverso il materiale. L’elettricità fluisce attraverso i nastri di REBCO in ragione della minore resistenza incontrata non essendo quindi necessario isolare i nastri di REBCO gli uni dagli altri.
Il fatto di poter evitare gli strati di isolamento fa si che la costruzione ordinaria dei magneti, ottenuta alternando strati di materiale conduttore e isolante, può essere incredibilmente semplificata e alleggerita, ottenendo magneti molto più potenti con pesi molto inferiori. Si tratta però di un prcedimento nuovo e potenzialmente pericoloso, che deve essere testato con attenzzione.
Il gruppo di magneti è una versione in scala leggermente ridotta di quelli che formeranno la camera a forma di ciambella del dispositivo di fusione SPARC, attualmente in costruzione presso la CFS di Devens, Massachusetts. Si compone di 16 piastre, chiamate pancake, ognuna delle quali presenta un avvolgimento a spirale del nastro superconduttore su un lato e canali di raffreddamento per il gas elio sull’altro.
Spingersi al limite… e oltre
Il test iniziale, descritto nei precedenti articoli, ha dimostrato che il progetto e il processo di fabbricazione non solo funzionavano, ma erano anche molto stabili – cosa di cui alcuni ricercatori avevano dubitato. I due test successivi, anch’essi eseguiti alla fine del 2021, hanno spinto il dispositivo al limite creando deliberatamente condizioni di instabilità, tra cui l’interruzione completa dell’alimentazione in entrata che può portare a un surriscaldamento catastrofico. Conosciuto come quenching, questo è considerato lo scenario peggiore per il funzionamento di questi magneti, con il potenziale di distruggere l’apparecchiatura.
Anche durante questo test, che ha comportato la simulazione della fusione di uno dei 16 magneti che costituivano la bobina completa, il magnete è riuscito a continuare a lavorare ugualmente e l’interruzione non ha portato all’implosione dell’intera bobina, mantenendo i danni a un livello coontollato e limitato.
Questo test è stato di estrema importanza perché fornisce la sicurezza che non possano avvenire eventi traumatici anche nel caso di anomalie in uno dei vari nastri REBCO. La realizzazione di questi esperimenti rende realistica la pretesa del MIT di poter avere un impianto sperimentale commerciale per la fusione nucleare entro il 2030.
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